In quel momento gli intellettuali del PDRC annunciavano che Niwatthamrong non poteva assumere la posizione di primo ministro facente funzione, ma solo un vice primo ministro agente da primo ministro facente funzione. Questo argomento tendenzioso voleva dimostrare l’esistenza di un vuoto politico che permetteva la creazione di un governo ad interim e di un cosiddetto Consiglio del Popolo. Il campo antiThaksin di certo cantava il famoso ritornello dei Queen “Hey verrò ap rendere pure te. Un altro a mangiare la polvere”.
Non c’è cospirazione in questi giudizi; sono fedeli alla costituzione del 2007 che mirava di tenere alla larga il clan Shinawatra. Rinforzava un’alleanza reattiva tra il potere ravvivato burocratico militare e la classe politica attorno al partito democratico, un ibrido liberale conservatore, contro Thaksin. Non ha funzionato. Con la costituzione del 2007 due partiti di Thaksin hanno vinto le elezioni per essere defraudati solo per essere derubati delle elezioni del febbraio 2014 attraverso l’annullamento da parte della corte costituzionale. Quest’annullamento aveva senso di fronte al blocco vandalico dei seggi elettorali.
Non c’è cospirazione poiché le agenzie indipendenti, come la Corte Costituzionale, la Commissione Elettorale e le altre funzionano secondo il progetto della costituzione del 2007 che prevedeva il rafforzamento delle mani del sistema giudiziario e della burocrazia nel funzionamento delle agenzie indipendenti e del senato, popolandole con forze anti Thaksin. Con tali strumenti la speranza era che le richieste della classe politica allineata a Thaksin e la sua base potessero essere controllate. Nessuna cospirazione nel senso reale del termine è richiesta perché queste agenzie funzionano secondo dei programmi.
Non significa che i loro giudizi sono legittimi. La costituzione del 2007 vinse una quasi legittimità attraverso una nuda maggioranza in un referendum nazionale in condizioni restrittive di una giunta militare. La sua data di nascita reale sta nella presa del potere illegale del golpe del 2006: un atto vietato nel codice penale ma che è stato assolto, secondo un calendario preciso, dalla giunta militare nella sua costituzione ad interim dopo il golpe. Considerata la dipendenza da golpe, il discorso del governo della legge in Thailandia richiesto dalle elite antigovernative come una parte di una motivazione primaria contro il governo provvisorio ha un che di ipocrisia.
Ha anche un’aria di disperazione. Negli anni 90 quando si formò un patto conservatore liberale che si espresse nella costituzione del 1997, il partito democratico e la società civile in generale fecero poco per dare alla nazione nuove norme di ordine politico che li avrebbero protetti contro l’autoritarismo elettorale di Thaksin durante la prima parte degli anni 2000, Thaksin vinse l’argomento elettorale mediante l’azione e la politica efficace e la macchina di partito, e alcuni lubrificanti monetari. Ma dopo i sotterfugi dittatoriali e le manipolazioni di chi si oppone a lui, ora emerge agli occhi di molti come almeno un “elettocrate” se non un democratico.
C’era la speranza che con un lavoro di base appropriato Thaksin sarebbe potuto ritornare dall’esilio. E in modo così deliberato, quando il governo di Yingluck provò la riforma costituzionale lo scorso anno, accoppiò in modo preciso quello scopo più alto di riforma con un’amnistia generale che avrebbe permesso il ritorno di Thaksin. E questo portò fuori i fantasmi ed i due primi anni di pace politica del suo mandato andarono in frantumi.
L’ex segretario generale del partito democratico, Suthep Thaugsuban ed altri democratici di alto profilo abbandonarono il partito per lottar per strada e furono seguiti dai parlamentari che a dicembre si dimisero in massa. Il dado era tratto. Il più vecchio partito del paese con una storia talvolta onorevole di lotta alla dittatura e di promozione della democrazia liberale, si trasformò in una organizzazione di lotta di strada derubando il paese di un compromesso politico poiché scelse di non essere un’opposizione parlamentare forte. E quindi il progetto politico trasparente, non una cospirazione, va avanti.
Se non c’è cospirazione certamente ci sono i doppi standard nelle vicende giudiziarie perseguite e in quello che si è ricavato. Comunque l’accusa di doppi standard percorre tutto lo schieramento politico perché è una tendenza dei due campi, messi in luce dal modo dagli strumenti sotto la loro rispettiva funzione di controllo.
I doppi standard, in vigore indipendentemente da chi comanda, rilette una chiara intrattabilità a due livelli: prima tra le elite rivali che vogliono detenere il potere, e secondo le visioni politiche che sposano, e su cui hanno attratto una base di massa. L’intrattabilità, per quanto cattiva, è anche intrecciata nelle ansie che circondano la questione della successione reale.
Questo fine settimana per le strade ci sono tanti manifestanti di entrambe le fazioni. Il PDRC è alla ricerca della defezione da parte dei rappresentanti dello stato a proprio favore e un governo ad interim. La sua occupazione delle televisioni cerca di trasmettere i suoi intenti. L’UDD, le magliette rosse, spingeranno per le elezioni a luglio e perché resti al potere il governo facente funzione. Non c’è possibilità per i primi, qualcuna per i secondi.
L’UDD dirà che la corte costituzionale stessa è incostituzionale sostenendo che funziona senza una legge organica. La costituzione dle 2007 richiedeva che fosse promulgata una legge organica nel primo anno della sua promulgazione. Non esiste alcuna legge organica e la corte funziona sotto degli articoli transitori che fanno riferimento per la sua legittimità alla costituzione del golpe del 2006. Un problema che si trova l’UDD: non esiste appello contro la corte costituzionale. Quindi si muove nelle strade per difendere il suo governo.
Dal golpe del 2006 la Thailandia manca di un accordo politico fattibile e mentre ogni parte ha manovrato a proprio vantaggio la violenza e l’odio sono cresciuti. Parlare di guerra civile era una forma retorica, ma ora è una possibilità. Le braccia strategiche dei rispettivi arsenali si accorciano fino al rischio di fallire, chiamando un intervento militare.
Comunque le proposte da entrambe le parti non affrontano la natura intrattabile del conflitto. Un’elezione ora sembra un invito per l’inferno. Un’elezione non è un forum dove si decidono gli antagonismi fondamentali sulla natura del potere. Non serve a nulla al Puea Thai cercare un altro mandato democratico. Vincere le elezioni sembra essere un caso con minore ritorno.
La opzione migliore è iniziare un processo di riforma politica nazionale che può iniziare solo sulla base di rispettare la volontà democratica storica dell’attuale elettorato del governo facente funzione nelle varie elezioni. Anche ignorare questo è un invito per l’inferno. I processi di riforma non possono deludere la maggioranza. Ma non si tratta di proporzionalità.
Una genuina assemblea costituente, perché è quello di cui si ha bisogno, deve formare una volontà democratica, non una partigiana. La cosa richiede l’allontanamento degli elementi estremisti del PDRC e l’attaccamento al potere della vecchia elite deve dare strada alle aspirazioni che erano nella costituzione del 1997. Ma richiede anche nel campo di Thaksin una scelta reale, abbracciare la riforma democratica attraverso un processo in cui ha delle radici reali e impegnarsi in nuovi modelli di politica e di responsabilità a cui tutti devono essere soggetti. Non può pretendere di presentarsi come una forza democratica senza riconoscere la tendenza autoritaria delle amministrazioni precedenti al golpe di Thaksin.
Michael Connors, Università di Notthingam, Malesia; BangkokPost