Composta da oltre 17.000 isole altamente sensibili all’innalzamento dei mari, l’Indonesia fa il punto sui rischi del cambiamento climatico da paese terzo emettitore mondiale di gas serra dopo Stati Uniti e Cina.
Il governo indonesiano dovrà andare al prossimo Summit del Globo dei legislatori mondiali, previsto il mese prossimo a Messico City, per testare l’accordo internazionale del cambiamento climatico centrato sulla legislazione nazionale, ed attualmente sta correndo per valutare le proprie politiche del cambiamento climatico e portarle in linea con la promessa del presidente Yudhoyono di tagliare le emissioni di carbonio del 26% per il 2020.
La comunità internazionale ha un accordo largo sul fatto che i prossimi due anni saranno fondamentali nel determinare il futuro del pianeta contro il riscaldamento globale. Alla fine del 2015, Parigi ospiterà la XXI sessione della Conferenza delle Parti (COP) presso la Convenzione Quadro dell’ONU sul cambiamento climatico (UNFCCC), un evento che gli scienziati definiscono l’ultima possibilità che i capi mondiali hanno per accordarsi su un picco di emissioni globali.
L’Indonesia è destinata a giocare un ruolo significativo nei negoziati con iniziative quali Green Economy Caucus (GEC), un modello di sviluppo sostenibile lanciato lo scorso anno, che offre lezioni importanti per la comunità internazionale.
Ma secondo gli esperti se non si faranno passi veloci per rafforzare il dialogo tra legislatori e burocrazia governativa, il paese non avanzerà lungo il suo percorso verso la sostenibilità.
Farhan Helmy di Indonesia Climate Change Centre (ICCC) spera che il Summit darà le basi proprio per questo tipo di conversazione.
“I discorsi finora non sono stati troppo bene connessi anche a Varsavia lo scorso anno” dice Helmy che era il capo negoziatore della delegazione indonesiana sul cambiamento climatico. “Non credo che si debba reinventare la ruota visto che mancano due anni… Quello di cui abbiamo bisogno è di incoraggiare un dialogo franco ed aperto tra legislatori e governo”.
Helmy sostiene con forza piattaforme come GEC, comprese di un gruppo di legislatori che disegnano la transizione del paese verso una green economy, che includono l’identificazione di metodi vicini all’ambiente di sfruttamento di risorse naturali.
Secondo Satya Yudha, presidente del GEC e parlamentare indonesiano che è stato recentemente rieletto per altri cinque anni, la discussione si focalizza sul trovare leggi ambientali, creare una strategia di energia rinnovabile ed implementare l’iniziativa dell’ONU, REDD+.
L’ultima secondo Yudha è essenziale per la gestione dell’uso della terra e per monitorare la conservazione delle foreste e delle aree protette. “Il 70% delle emissioni di carbonio indonesiano viene dall’uso della terra e il 30% dal settore energetico” dice aggiungendo che il legislatore deve spingere il parlamentare a rendere prioritarie le politica ambientali quando si parla del bilancio annuale.
Setyo Budiantoro della ONG Prakarsa che ha aiutato a fissare il GEC dice che uno degli ostacoli maggiori fu la sfiducia dei parlamentari nella nozione base di cambiamento climatico. “Questa è la ragione che non si vede l’urgenza per i parlamentari di agire sulla legge del cambiamento climatico. Quindi quello è uno degli obiettivi fondamentali del GEC, creare più coscienza”.
I tentativi del paese di tagliare le emissioni causate dalla deforestazione servono anche come caso eccellente di collaborazione tra legislatori e vari settori governativi.
La deforestazione è stata rampante negli ultimi anni essenzialmente per la fame di olio di palma, polpa e carta. Secondo uno studio del 2013 il tasso di deforestazione del paese tra 2000 e 2003 è giunto quasi ad 1 milione di ettari all’anno ed è raddoppiato tra il 2011 e il 2012. Questa distruzione h condotto a inondazioni velocissime mortali, frane e perdita dell’Habitat per specie protette come orangutan e rinoceronti.
Lo scorso anno Yudhoyono estese la moratoria del 2011 che vietava nuove piantagioni di taglio e piantagioni di olio di palma secondo un accordo da 1 miliardo di dollari con la Norvegia. L’estensione del divieto importante sul taglio delle foreste vergini primarie e sui suoli torbosi preserverà 64 milioni di ettari fino al 2015. Comunque gli ambientalisti sono stati scettici e credono che alcune aree protette continueranno ad essere sfruttate a causa della corruzione, degli incendi illegali e del diboscamento.
Un recente rapporto di HRW affermava che il ministero delle foreste non era riuscito “a mappare accuratamente le foreste, l’uso della terra e i confini delle concessioni e non aveva distribuito egualmente di diritti di uso”. Citando inoltre un’indagine della Commissione di eradicazione delka corruzione, KPK, scopriva che “queste debolezze erano le cause fondamentali della persistente corruzione delle entrate governative perse, come pure dell’alto livello di deforestazione”.
Muhammad Farid che lavora nel REDD+ crede che l’Indonesia “abbia bisogno di applicare le politiche dall’alto per monitorare tutti i settori del suolo per deforestazione non pianificata, diboscamento illegale, appropriazione illecita e incendi delle foreste”
Dice: “REDD+ non può mettere tutto a posto. Abbiamo bisogno di sostegno dagli altri ministeri per poter avere davvero un impatto. Industria mineraria, agricoltura, affari interni, devono tutti coordinarsi col governo. Non è una cosa facile ma alla fine sarà fatto”.
Localmente si sta ancora valutando la promessa volontaria di Yudhoyono di tagliare drasticamente le emissioni di carbonio per la fine del decennio. Alcuni esperti come Yudha ammettono che il presidente stia sul percorso giusto ma sono preoccupati del bilancio tra un obiettivo ambizioso e politiche economiche sagge. Altri come Farid sono più ottimisti e credono che politiche giuste ed incentivi potrebbero mettere il paese in condizione di raggiungere l’obiettivo nei sei anni.
“Se riduciamo sensibilmente l’accaparramento e miglioriamo lo stato delle nostre foreste e riduciamo la deforestazione non prevista e il diboscamento illegale, credo che si ossa raggiungere l’obiettivo.”
Resta da vedere se il nuovo governo vorrà seguire i passi di Yudhoyono. “Spero che chiunque guidi il paese comprenda che non siamo soli in questi sforzi” asseriva Helmy aggiungendo che l’Indonesia è una dei tanti paesi che partecipa attivamente ai negoziati globali sul cambiamento climatico. “Credo che la nostra posta è alta. Abbiamo piccole isole e livelli del mare che crescono.”
Con questa realtà se l’Indonesia non riesce a fare dei passi concreti per rafforzare la propria legislazione nazionale smetterà di esser parte della soluzione ed si unirà al “rango di chi crea guai nella società globale”
IPS, SANDRA SIAGIAN