Il coprifuoco è stato tolto da tutta la Thailandia per il piacere dei turisti, dei gestori dei bar, dei negozi, per tutti. Quindi se ne deduce che per i militari possibilità immediate di risposte di massa al golpe probabilmente non ce ne saranno. La temuta ondata delle magliette rosse che avrebbero potuto lanciare la guerra civile non si è materializzata. Per il momento la paura che la giunta militare ha infuso in modo sottile in tutta la società ha congelato tutto.
Mentre a Bangkok le convocazioni dei militari apparivano in TV ad un’ora predeterminata, nelle province la situazione è ben diversa. Corrono nelle menti di tutti i ricordi del golpe del 1976, delle persone scomparse, delle morti. Per questo nessuno lo dice: nessuno crede alla gentilezza dei militari, al messaggio di felicità che infondono a Bangkok ma che nell’Isan non è proprio necessario.
A Bangkok il Prachatai ha denunciato l’arresto di Worachet Pakeerut del gruppo degli studiosi di legge Nitirat, molto attivi sulla modifica della legge di lesa maestà, articolo 112. Worachet era stato convocato dalla giunta ma non si è presentato perché malato.
Nella provincia dell’Isan nessuna convocazione: militari direttamente dietro la porta, Aljazeera.
Mentre la giunta militare thailandese lancia a Bangkok i progetti della “felicità”, completi di danze coreografate fatte dai soldati e postazioni per le fotografie, i cittadini di Khon Kaen, nel nordest della Thailandia o Isaan, parlano di altri tipi di progetti.
Sussurrano di soldati armati che entrano nei villaggi senza avviso, convocando i dissidenti bussando direttamente alle loro porte e facendo incursioni nelle stazioni radio e nelle case delle magliette rosse.
L’Isaan è il luogo dove si concentrano molti dei poveri della nazione e dei contadini della classe media in ascesa, manovali e lavoratori dei servizi, ed è anche la roccaforte delle Magliette Rosse. Questi elettori sono per lo più sostenitori dell’ex premier deposto Thaksin Shinawatra che li convinse con le sue politiche populiste che servirono a migliorare le condizioni di vita e ridurre drasticamente la povertà.
Il movimento delle magliette rosse si è sviluppato nelle province a nord di Bangkok ed un circolo vizioso ne è conseguito: le magliette rosse comandano nelle votazioni ed eleggono governi populisti e lavorano contro le istituzioni allineate con l’elite di Bangkok che provano a riprenderne il controllo.
Dal golpe del 22 maggio la giunta militare ha pubblicamente convocato e detenuto centinaia di politici di alto livello, militanti, studiosi e giornalisti, molti dei quali hanno una simpatia per le magliette rosse, con un messaggio chiaro: state fuori della politica e fate fare ai militari.
Nel nordest rurale la repressione è tutt’altro che trasparente. Le case che un tempo avevano i poster e le bandiere rosse allineate hanno perso il loro colore, e le magliette tshirt rosse che rendevano tipica la regione qualche settimana fa sono state probabilmente nascoste piuttosto che indossate con orgoglio.
A Kranuan un ambulante di dolci di 67 anni, che si fa identificare come Muan, ha radunato tutte le bandiere rosse, le magliette rosse e i poster, li ha riposti in una scatola e li ha seppelliti nel suo giardino. Non è una dissidente conosciuta ma lei dice di aver visto i soldati indicare i suoi vicini con perquisizioni e interrogatori, e teme di essere la prossima.
Ho visto passare un camion pieno di soldati davanti a casa mia per fermarsi più in là. Ho paura che non possiamo essere onesti nell’essere stati coinvolti con le magliette rosse” dice Muan. A Kranuan a 515 chilometri da Bangkok i soldati hanno perquisito la casa di almeno un militante democratico il 30 maggio e lo hanno portato al campo militare secondo iLaw che segue la questione. L’attivista Pichit Pitak è ritornato nello stesso giorno a casa per essere richiamato qualche giorno dopo. Parlando con altri abitanti e vicini al movimento si è saputo che un altro cittadino di Kranuan, ex parlamentare allineato alle magliette rosse è stato portato via da decine di militari che sono arrivati inaspettatamente alla casa il 22 maggio.Bunyong Kaewfainok un avvocato di 75 anni che aveva lavorato con le magliette rosse è preoccupato delle azioni non giuste dei militari. “Trattano la gente del posto molto differentemente dal momento che non sono come le persone di Bangkok. C’è una grave disparità”.
David Streckfuss, uno studioso indipendente che ha radici profonde a Khon Kaen descrive una simile situazione. “La gran parte delle persone convocate ed arrestate di quelli che il regime sente come una minaccia nel nordest non sono state pubblicate, rendendo difficile per una fonte esterna dire con esattezza quanti studiosi, militanti ed altri gruppi democratici sono stati chiamati” dice. “Questa mancanza di dati accresce la paura in modo considerevole tra chi è stato attivo politicamente”.
Dicerie di incursioni arbitrarie tra le case hanno fatto crescere la paura. Gli abitanti dei villaggi fuori da Khon Kaen dicono che in alcuni casi i soldati entrano senza mandati di cattura e confiscano tutto quello che può essere usato come un’arma, come taglia erbe, coltelli, gasolio.
Mentre in molti preferiscono non palar di queste incursioni, altri hanno tentato di portare l’attenzione dei media sulle operazioni provinciali dei militari. Una DJ famosa delle magliette rosse a Khon Kaen, Patcharaporn Puthaposee, ha ricevuto molte chiamate di abitanti che le chiedevano di parlare su questa cosa ma la giunta ha chiuso la stazione radio dove lavora.
Nella città la gente può denunciar tutto sui media sociali. Ma nei villaggi non è una buona maniera per ottenere questa informazione poiché tutte le radio sono state chiuse.” dice Patcharaporn Puthaposee
La portavoce dei militari Weerachon Sukhondhapatipak nega che si stiano verificando visite e incursioni presso le case. “Non esiste questa politica. E a Khon Kaen non esiste questo problema” ha dichiarato.
Soldati e mezzi che per un po’ erano per le strade di Khon Kaen dopo il golpe sono scomparsi dopo qualche giorno sebbene qui e là rimangano alcuni punti di controllo.
Alcune decine di studenti hanno organizzato delle proteste volanti contro il golpe e hanno ricevuto un avviso a giugno mediante un atteso canale. Su una pagina di Facebook un soldato, che poi si è identificato come il colonnello Pitakphon Choosri, ha chiesto educatamente al gruppo di smettere tutte le loro attività.
Il giorno dopo il suo otno cambiò. Dopo alcuni graffiti “No al Golpe” apparsi per la città, mise sulla pagina foto ravvicinate dei membri del gruppo che si allontanavano dalla scena del crimine seguiti da una minaccia da brivido.
Questa è una battaglia, piccoli amici. Avete due vie da poter prendere. La prima: lottare e sarete fatti a pezzettini e distrutti. La seconda: dal momento che sapete che possiamo prendere un vostro caro amico come ostaggio, se fossi in voi, fermerei le attività politiche e negozierei”.Il gruppo di studenti si arrese, si presentò dai militari senza alcuna convocazione e firmò una lettera in cui dichiaravano che si sarebbero astenuti dall’attività politica. Da allora le proteste sono cessate.
Queste tattiche da paura hanno una lunga storia in Thailandia particolarmente nel nordest dove spesso non sono neanche denunciate. “Questo golpe ha tante caratteristiche del golpe del 76: detenzioni arbitrarie, perquisizioni delle case, la diffusione della paura nella società, e si focalizza sulla guerra psicologica” dice Streckfuss.
E le campagne di stato contro il dissenso hanno spesso individuato la provincia. “E’ nella periferia rurale del paese che lo stato sente davvero il pericolo. Le insurrezioni sono sempre cominciate nelle aree rurali” dice Paul Chambers direttore di Research Institute of Southeast Asian Affairs a Chiang Mai.
Negli ultimi anni molti elettori della provincia hanno iniziato a chiedere maggiore partecipazione politica. Mentre loro chiedono una distribuzione più giusta del potere politico e della ricchezza, pongono una minaccia sempre più forte all’oligarchia sempre più trincerata a Bangkok.
I militari thailandesi hanno annunciato venerdì che sarà nominato un governo ad interim per settembre, ma che ci vorrà più di un anno prima che il paese sia abbastanza stabile per le elezioni.
Lizzie Presser e Fabian Drahmoune, Aljazeera