Perché ringrazio il golpe di settembre 2006 ma non mi illudo dei metodi antidemocratici per risolvere le discriminazioni di genere
L’articolo 30 della costituzione thailandese del 2007 proibisce la discriminazione in base al sesso. L’interpretazione ufficiale chiarifica che questo include la discriminazione di genere, identità di genere e orientamento sessuale. E’ stata la prima volta che nel paese i diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transgender, LGBT, sono stati posti nella legge della nazione, per non dire nella legge suprema della nazione.
Questo riconoscimento dei diritti umani sulla base dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere è stato il risultato dell’impegno di molti attivisti LGBT con l’Assemblea di Stesura della Costituzione, CDA. Per ottenere la legittimazione del processo il CDA comprendeva rappresentanti di un vasto settore della popolazione. Furono ascoltati gruppi di minoranza per avere delle idee. Comunque, dal momento che era un corpo disegnato dai militari al posto di un parlamento eletto, la legittimazione del CDA non era affatto universalmente accettata.
Avendo accettato il prodotto del CDA e lodando l’articolo 30 che sosteneva i diritti dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale, gli attivisti del LGBT furono segnati inevitabilmente con l’accusa di giustificare il golpe e di raccoglierne i benefici.
Comunque in molti di questi attivisti della LGBT non intravidero il dilemma affermando che i governi democratici passati non si sono mai sognati di approvare leggi amiche della comunità LGBT e che persino chi si definiva progressista come le magliette rosse erano spesso ostili ai diritti della comunità LGBT.
La repressione violenta del Gay Pride di Chiang Mai da parte dei manifestanti delle magliette rosse è un esempio ovvio.
Dal 22 maggio quel risultato di un golpe fu reso inutile da un altro golpe e abbiamo bisogno di ringraziare la giunta per averci tirato fuori da questa posizione scomoda.
Se non fosse stata stracciata la costituzione del 2007, vivremmo sotto l’illusione che i metodi antidemocratici possono far crescere i diritti umani.
Da qualche tempo si sente che il Vietnam sia sul punto di diventare il primo paese asiatico a legalizzare le relazioni dello stesso sesso. Il governo vietnamita ha persino sostenuto molte attività della comunità LGBT. Sembra che il partito comunista voglia accomodare nuovi cambiamenti sociali per pacificare la propri popolazione fintanto che non si sente la parola D.
Molti Thailandesi LGBT hanno provato invidia dei loro fratelli e sorelle vietnamiti. Forse desiderano che la giunta, nei suoi piani di emendare centinaia di leggi, si spinga a legalizzare le relazioni dello stesso sesso qui prima del Vietnam.
Infatti questo sviluppo sarebbe accettato da tanti attivisti come un processo meno frustrante rispetto a quello democratico. Il processo iniziò nel 2012 quando alcuni parlamentari presero l’iniziativa di stendere una legislazione simile. Comunque con una mancanza di comprensione dei principi di diritti umani, sono andati a finire con una bozza errata non amata dalla comunità i cui diritti doveva difendere. Tra i suoi difetti c’è un’età superiore per il consenso e la mancanza di leggi sui figli.
Una legge perfetta emanata da un regime dittatoriale è migliore di una errata approvata democraticamente? Ci sono almeno tre obiezioni a questa conclusione.
Per prima, l’attitudine autoritaria che il padre sa bene nega alla società la libertà di espressione, di dissenso e il diritto di autodeterminazione. E’ davvero ironico quando si considerano i diritti LGBT che riguardano proprio la autoespressione non conformista. E’ triste che ci siano molti attivisti della comunità LGBT che non hanno fiducia nel processo democratico e non riconoscono spesso i diritti umani degli altri mentre domandano quelli per sé.
Senza libertà di espressione e il diritto di autodeterminazione la società è privata dell’opportunità di trovare una soluzione sul problema attraverso il dibattito e il negoziato. E prima di raggiungere quello stadio mancherebbe di radici sociali a sostenerla.
Il destino dell’articolo 30 mostra quanto sia facile si possa sradicare una legge concepita in un ambiente non democratico alla mercé del prossimo potere. Una volta distrutta tale legge svanisce come se non fosse mai esistita. E siamo di nuovo all’inizio. Quanto è utile una legge emessa arbitrariamente? Quello è il secondo punto
Terzo ma non per importanza, una simile legge si basa su una relazione di potere sbilanciata. Questo ha a che fare con l’attitudine culturale thai e può anche aversi sotto un governo democratico. Per esempio, quando gli attivisti LGBT criticavano le debolezze della legge, erano visti come azzannare la mano che li nutriva. Come la maggior parte dei thailandesi in posizioni elevate, i parlamentari erano tormentati dal complesso di superiorità di stare facendo un favore piuttosto che un servizio alla gente. Per loro gli LGBT appartengono ad un gruppo da aiutare con pietà, insieme ai poveri, ai disabili, alle minoranze etniche e a tutte “le sottoclassi”.
E’ tipico delle relazioni gerarchiche della cultura thai dove “la mano che dà è superiore alla mano che riceve”. E’ uno dei grandi blocchi per l’evoluzione della democrazia con il suo credo essenziale nell’uguaglianza sociale e politica e che nessun voto è superiore ad un altro. Invece di considerare le minoranze come quelle che hanno bisogno di le ossa dei favori lanciati verso di loro, una democrazia vede le misure per promuovere gli eguali diritti come una garanzia di una società giusta.
Piuttosto che una gerarchia di mani, la democrazia è un gruppo di mani che si stringono e si sciolgono, tutti allo stesso livello. Una legge promulgata democraticamente è un contratto sociale negoziato con tutte le parti. Nel processo del dibattito, negoziato e compromesso c’è anche il processo di apprendere e comprendere che fa crescere la coscienza complessiva ella società. Perciò la legislazione risultante non sarebbe una legislazione che sta da sé ma sostenuta dal consenso sociale.
Invece del Vietnam, volgo lo sguardo ad esempi della società civile nelle Filippine dove i gruppi di base LGBT in tutte le forme per il paese continuano a lavorare ad ogni livello con i governi locali e nazionali. Piuttosto che sperare di una legge per la comunità LGBT emanata dall’alto da un governo militare, preferisco attendere il ritorno della democrazia pe intraprendere il compito di costruire l’accettazione della comunità LGBT dal basso verso l’alto, finché i diritti siano accettati dalla maggioranza ella società, come un contratto sociale, come elegge emanata dalla volontà della popolazione. Un processo lentissimo ma non esiste la scorciatoia verso la democrazia.
Se non lavoriamo a che i diritti della minoranza non siano un problema di favore ma di uguaglianza, se non passiamo dall’elemosinare il favore al lottare per i diritti con dignità ed orgoglio, la comunità LGBT sarà sempre vista come una sottoclasse che fa pena piuttosto che esseri ugualmente umani.
Questo deve essere fatto in una atmosfera dove persino le voci che dissentono della persona più omofoba non sarà messa in silenzio. Questo comunque non è proprio il caso oggi.
Paisarn Likhitpreechakul, Prachatai