Da un lato le sfide che pone l’economia indonesiana che è al sedicesimo posto nel mondo, dall’altro il problema della ineguaglianza sociale crescente.
I venti contrari di Jokowi, AsiaSentinel
Un mese e mezzo prima che il presidente eletto indonesiano Joko Widodo “Jokowi” assuma l’incarico, si trova già ad affrontare dei considerevoli venti contrari e la scarsa cooperazione dal presidente uscente Yudhoyono che lascia l’incarico il 20 di ottobre.
La scorsa settimana Yudhoyono si è rifiutato di tagliare il sussidio al prezzo del carburante, un aiuto politico che Jokowi aveva chiesto. Jokowi aveva proposto una divisione al 50% tra il presidente uscente e lui che comporta un incremento del prezzo del carburante di 1000 rupie ora e 1000 rupie a novembre dopo la sua presa dell’incarico, che avrebbero fatto salire il prezzo del carburante a circa 60 centesimi di euro, ad un valore ancora minore del prezzo globale.
Il presidente gli ha risposto di lasciare perdere perché il prezzo sul consumatore sarebbe troppo alto. Jokowi aveva sperato in un aiuto del presidente per allentare la pressione su di lui prima dell’assunzione dell’incarico. I suoi alleati sono furiosi contro Yudhoyono.
Inoltre Jokowi si trova di fronte ad una reazione negativa da parte di degli investitori su varie misure economiche nazionaliste tra le quali vi è il divieto di esportazione di minerali ed altri prodotti grezzi.
Un’altra legge, che attualmente si trova in fase di bozza la cui approvazione però avverrà probabilmente prima della fine della sessione legislativa attuale ad ottobre, costringerà le compagnie straniere a disinvestire dalle loro posizioni nelle piantagioni fino ad un massimo del 30% verso proprietari indonesiani, quando attualmente possono detenere fino al 90%.
La misura è un altro fattore che fa prevedere ulteriori preoccupazioni che portano ad una delusione degli investitori internazionali nei confronti di quella che era una delle più attraenti destinazioni di investimento. Ci si attende che saranno ristretti sia la proprietà straniera delle banche che l’accesso ai depositi indonesiani man mano che si sentirà un rafforzamento del nazionalismo. Nel frattempo dicono gli analisti che c’è da attendersi una bolla speculativa sulla proprietà, mentre le tariffe elettriche sono in ascesa.
“Tutto ciò che ha a che fare con la proprietà, terra, miniere e banche, è sotto pressione. E’ un fatto della vita che non cambierà sotto la presidenza Jokowi” dice un vecchio analista di Giacarta.
Ma la questione più immediata è il sostegno al prezzo del carburante che pone Jokowi nella stessa trappola che ha posto Yudhoyono per un decennio. Jokowi vuole un taglio nei sussidi per permettere al governo di orientare le entrate maggiori in vari programmi sociali. Ora ha detto che il prezzo del carburante salirà dopo che assumerà l’incarico.
In una ultima indagine statistica il 73% degli indonesiani si oppone ai tagli ai sussidi che sono una questione emotiva perenne. Yudhoyono innalzò il prezzo del carburante nel 2005 nella sua presidenza. Nel 2012 si tirò indietro dai tagli pianificati di fronte alla pressione politica attendendo fino al 2013 per fare una modesta riduzione sui sussidi. Mentre la produzione nazionale di petrolio si riduce costantemente, il sussidio tendono a crescere con l’aumento delle importazioni di petrolio. Ulteriore pressione viene dal contrabbando diffuso di carburante poco costoso soggetto ad aiuto da parte di una mafia del petrolio che ha molte connessioni. I consiglieri di Jokowi dicono che deve affrontare il contrabbando di carburante come parte della sua battaglia contro la corruzione radicata.
Secondo il budget dell’anno fiscale 2015 i sussidi costeranno all’erario 20 miliardi di euro, il 14% del budget, una cifra che un governo che ha problemi di entrate non può permettersi più. Con l’indebolimento delle entrate fiscali e il sostegno energetico in piedi, la spesa allo sviluppo sarà probabilmente strozzata in alcune aree critiche, come le tanto necessarie infrastrutture, la spesa per la salute e la protezione sociale.
Altri problemi includono il tasso di crescita delle esportazioni reali di beni e servizi che è calato marcatamente nel primo trimestre del 2014 con una contrazione del 0,8% annuo comparato con la crescita del 7,4% del quarto trimestre del 2013, secondo la Banca Mondiale. Tutto questo pone pressione sulla rupia che è passata da 12100 contro il dollaro di fine giugno ad 11500 del 22 luglio al 11700 attuali. Si teme di una caduta libera della moneta se dovesse perdurare la stessa atmosfera economica.
La Banca Mondiale nel suo rapporto di prima metà anno sull’economia indonesiana, intitolata Scelte dure, avvisò che l’economia indonesiana, che si trovava al 16° posto nel mondo, rallenterà la sua crescita dal 5,4% al 5,2%.
“Consumo governativo minore di quanto atteso, crescita rallentata del credito e debolezza continuata nella crescita delle entrate legate al consumo probabilmente rallenteranno la crescita del PIL nella seconda metà del 2014” notava la Banca Mondiale. Le pressioni esterne potrebbero tuttavia riemergere in assenza di una migliorata performance delle esportazioni mentre i prezzi delle merci continuano ad essere moderate e le politiche del governo che restringono l’esportazione dei minerali restano in funzione.
Le imprese minerarie locali ora fanno pressione aperta su Jokowi per allentare il divieto di esportazione dei materiali minerari non lavorati, tenendo conto che il divieto di sette mesi costa 400 milioni di dollari al mese in esportazioni perse. La scorsa settimana una delle compagnie multinazionali minerarie Newmont Mining, si è ritirata da un caso di arbitrato internazionale contro il divieto dicendo che avrebbe lavorato con il governo sulla questione delle esportazioni di concentrato di rame e sulle operazioni in loco di affinamento. In precedenza il gigante americano Freeport McMoran ha firmato un accordo col governo per sviluppare un processo di fonderie locali e fare vari cambiamenti nel contratto.
Questi accordi con Freeport e Newmont sono stati visti all’interno del governo come un grossa vittoria sugli stranieri recalcitranti.
Le imprese minerarie di Nichel e bauxite nazionali stanno cercando di persuadere il governo a togliere il divieto di esportazione affermando che causa una maggiore disoccupazione. I consiglieri di Jokowi affermano che lui non cambierà probabilmente il divieto poiché crede nella meta di creare industrie di trattamento dei derivati minerari a valle.
Il governo prova a costringere l’impresa mineraria a trattare i materiali grezzi in Indonesia ed esportare prodotti finiti. Ma il divieto ha creato un grosso problema nell’andamento delle esportazioni. Il governo dice che può cambiare la tassa di esportazione crescente che ha imposto lo scorso anno, ma che non può cambiare il divieto delle esportazioni è diventato legge.
Il governo lo scorso mese ha allentato le dure tasse di esportazione come parte dell’accordo per permettere alla Freeport ed altre imprese minerarie che costruiscono fonderie di riprendere gli invii di materiali grezzi. Ora chi estrae bauxite e nichel sperano che Jokowi farà lo stesso per loro e togliere il divieto sui prodotti minerari dopo che assume la presidenza il 20 ottobre.
Ugualmente preoccupante è il divieto di proprietà delle piantagioni. I legislatori vogliono tagliare la proprietà estera, la cui maggioranza è o malese o singaporeana nella industria di palma da olio nazionale che è la maggiore al mondo. La legge vuole aprire il mercato alle piccole imprese locali, ma la cosa va contro l’obiettivo del governo di accrescere la produzione di olio di palma di un terzo fino a 40 milioni di tonnellate annue per il 2020.
“E’ una bomba e si è infilata di soppiatto, e per quanto ne sappia senza consultazione con il mondo dell’industria” dice un consigliere finanziario di Giacarta. “Ci sarà chiaramente un declino nei nuovi investimenti esteri … penso che ci sarà un declino nel valore del capitale delle piantagioni”.
I prossimi test per Jokowi? Affrontare le diseguaglianze, WSJ
In un’indagine statistica in Indonesia sull’ineguaglianza della ricchezza a livello nazionale, condotta ad un mese dalle votazioni presidenziali, il 52% dei 3 mila intervistati rispondeva di considerare la distribuzione delle entrate correnti “inique” ed il 42% assolutamente diseguali.
Le diseguaglianze sono state un argomento caldo della discussione della campagna presidenziale mentre i due candidati, Jokowi e Prabowo, stendevano piani su come affrontare la questione alla fine della campagna presidenziale.
L’ineguaglianza misurata col più comune dei modi il coefficiente di Gini, secondo la Banca Mondiale, è aumentato del 11% tra il 2000 e il 2013 con un tasso di crescita tra i più alti in Asia solo dopo la Cina.
Secondo la maggior parte degli intervistati, Jokowi, per ridurre l’ineguaglianza, potrebbe migliorare le protezioni di sicurezza sociale per i poveri (31%), dare lavoro (17%), eliminare la corruzione (14%), estendere l’istruzione libera a tutti indipendentemente dal livello di entrate (8,5%) e dare assistenza alle piccole imprese (7,4%).
Secondo la Banca Mondiale gran parte dell’attuale ineguaglianza nasce dall’accesso ineguale alle opportunità di lavoro e le condizioni di vita in cui le persone sono nate.
La risposta dal gruppo di Widodo è stata indiretta mostrando di comprendere però le dimensioni del problema. Widodo ha risposto dicendo che nel suo periodo vorrà lo sviluppo delle imprese e delle infrastrutture che insieme possono creare lavoro.