La settimana scorsa c’è stata una manifestazione indetta dagli avvocati malesi proprio contro questa legge arcaica coloniale della sedizione. Il presidente degli avvocati malesi Chris Leong ha detto: “La legge di sedizione è ripugnante perché cerca di comprimere e restringere gli spazi democratici. Punisce i discorsi, la libertà di pensiero dei malesi che pensano.”
Si comprende l’importanza di questa manifestazione se si considera che è la prima in 60 anni di storia e si è resa necessaria perché si vuole che Najib faccia quello che ha promesso due anni prima quando disse che avrebbe cancellato la legge che fu emanata dai colonialisti britannici negli anni 40. Sono una trentina le persone accusate di sedizione, cioè di sovvertire il governo, ed uno studente Adam Adli è stato già condannato ad un anno di carcere per dei commenti che fece all’indomani del risultato elettorale.
Aidila Razan Giornalista dice: “la mia collega Susan Loone del Malaysiakini è stata arrestata per aver fatto essenzialmente il suo lavoro, e credo che sia davvero rivoltante. Non ha nulla a che fare con la sedizione, stava riportando quello che tutte le altre persone dicevano”.
I manifestanti poi sono stati ricevuti dal ministro dell’ufficio del primo ministro con il quale “abbiamo avuto una discussione fruttuosa e ci ha assicurato che tutte le considerazioni degli avvocati contenute in un memorandum saranno consegnate al Primo Ministro”.
In passato si era parlato di sostituire questa legge con un’altra meglio definita, ma la contrapposizione all’interno dello stesso partito di maggioranza rendono impossibile delineare i tempi di questa legge. La legge di sedizione deve essere compresa all’interno delle divisioni etniche che il governo Najib in realtà promuove col sostegno aperto all’estremismo religioso musulmano e con la supremazia della etnia malay. Rimuovere la legge per molti significa non poter difendere più con i denti i privilegi e il malgoverno. Il consiglio degli avvocati sembra però risoluto nel voler abolire questa legge arcaica della sedizione.
Profondamente deteriorato il clima di libertà in Malesia, Joshua Kurlantzick, Thediplomat
Mentre emergono da tutte le parti le notizie sull’insediamento del presidente indonesiano Joko Widodo, il primo presidente dell’era democratica che non proviene dall’elite indonesiana, c’è un significativo vuoto di interesse internazionale nella confinante Malesia, dove in quest’ultimo anno si è profondamente deteriorato il clima di libertà di espressione e di assemblea.
Dopo le promesse della sua precedente amministrazione di miglioramento del clima di libertà civili e di abolire le odiatissime leggi che permettono la detenzione senza processo, il governo del primo ministro Najib Tun Razak ha cambiato direzione. Il governo ha perseguito un caso di sodomia contro il capo dell’opposizione Anwar Ibrahim che, la prossima settimana, quasi sicuramente finirà con Anwar condannato alla prigione, sebbene il caso sia stato una commedia di prove ridicole e testimoni addestrati.
Ad essere chiari, non crediamo che la sodomia debba essere affatto un crimine, ma siamo in Malesia; anche in questo caso non c’era alcuna prova verificabile che Anwar abbia commesso questo reato.
In aggiunta nello scorso anno il governo malese ha messo sotto inchiesta o accusato almeno una trentina di persone per sedizione, usando una legge arcaica che aveva promesso di eliminare secondo il Collegio Malese degli Avvocati. La maggioranza delle persone sotto indagine sono giornalisti, politici di opposizione e importanti attivisti della società civile. La situazione è diventata così pericolosa per la società civile malese che la scorsa settimana centinaia di avvocati malesi, che di solito sono relativamente calmi nell’arena politica, hanno marciato nella capitale per protestare contro l’uso del governo della legge della sedizione per colpire il dissenso.
Perché si è avuto questa repressione? Najb ha dovuto dare soddisfazione ai duri dentro la sua coalizione e parare la critica pubblica dell’ex primo ministro Mahatir. Proprio per parare queste critiche provenienti dall’interno del suo partito chiaramente ha acconsentito a questa politica dura contro la società civile e i politici di opposizione, che accetti o meno questa repressione lui stesso. In molti modi Najib sembra del tutto separato dalla gestione del governo facendo lunghi viaggi all’estero mentre il paese stagna economicamente, la compagnia aerea di bandiera si trova in guai molto seri e l’ambiente politico diventa sempre più pericoloso e diviso.
Sebbene Obama abbia fatto del miglioramento delle relazioni con la Malesia una priorità politica, ha per lo più ignorato il clima peggiore per la democrazia e i diritti umani nel paese. Quando Obama visitò il paese all’inizio dell’anno, si rifiutò di incontrare i capi dell’opposizione tenendo un veloce incontro con pochi malesi della società civile. Inoltre Obama passò gran parte del tempo osannando il governo Najib. La Casa Bianca ha solo rilasciato un frettoloso messaggio sul processo di Ibrahim e la probabile sentenza della prossima settimana.
Ignorare la repressione in Malesia comporterà delle ripercussioni di lungo termine per gli USA. La gioventù malese sopporta in maniera totale la coalizione di opposizione di Anwar, il PKR, che ha vinto il voto popolare nelle elezioni al parlamento del 2013 senza però prendere il controllo del parlamento a causa di frodi ed un massiccia ridefinizione delle circoscrizioni elettorali. Essa tende anche a dare voce ai militanti dei diritti civili ed ai giornalisti che di recente sono diventati obiettivo da parete del governo di Kuala Lumpur.
Molti giovani malesi che vogliono la riforma sono stati delusi quando gli USA, che un decennio fa sono stati così chiari sulla democrazia nel sudestasiatico e che ha ancora un’influenza forte nella regione, non hano detto quasi nulla sulla repressione della libertà in Malesia. Nelle ere precedenti il sostegno retorico americano alla democrazia, la pressione contro i capi autoritari e i legami americani di aiuto e di investimento legati al cambiamento politico avevano giocato un ruolo critico nel rafforzare la democratizzazione nell’Asia Orientale. Negli anni 80 la pressione concertata sul governo delle Filippine e della Corea del Sud, dopo anni di tolleranza americana di Marcos e dei dittatori coreani, fu una grande ragione per il prevalere della democrazia a Manila e Seul. Un decennio dopo che Marcos lasciò il posto all’originale movimento del Potere Popolare filippino, la pressione sostenuta estera sui governi cambogiano, indonesiano e thailandese, in aggiunta alle dinamiche interne di questi paesi, aiutò a precipitare la riforma politica in queste nazioni.
Sfortunatamente quel tipo di pressione oggi è del tutto assente.
Joshua Kurlantzick