L’Indonesia abbia bisogno di disseminare le sue caratteristiche ideologiche globalmente come ambasciatrice dell’Islam moderato e della moderazione religiosa
Una tra le tante imprese che l’attuale governo deve fronteggiare è quella di ristabilire le identità uniche, ideologiche, geografiche e culturali dell’Indonesia.
Al momento c’è uno sforzo governativo concertato per accrescere il poter del paese introducendo la sua politica estera dell’Asse Marittimo per trarre vantaggio completo della sua posizione strategica.
Ma oltre a questa enfasi marittima, credo che l’Indonesia abbia bisogno di disseminare le sue caratteristiche ideologiche globalmente come ambasciatrice dell’Islam moderato e della moderazione religiosa. I membri della comunità internazionale spesso si domandano del silenzio esibito dalla maggioranza dei paesi musulmani moderati. Questo dà all’Indonesia l’opportunità di fare un passo e diventare il capo di questo gruppo tranquillo.
Se gli USA sono conosciuti come un crogiolo etnico l’Indonesia dovrebbe lottar per essere conosciuto come un crogiolo religioso, dove i membri di tutte le fedi vivono in armonia tranquilla. Di recente l’ex ministro degli esteri tunisino, Mouldi Kefi, fece gli elogi dell’Indonesia come il solo paese al mondo che celebra ufficialmente le festività dei musulmani, dei cristiani, buddisti ed induisti. L’Indonesia è considerata largamente come la nazione a maggioranza musulmana più vasta al mondo ma questo avrebbe un significato maggiore se fosse anche rinomata come il centro di accettazione spirituale.
E’ interessante che l’encomio sia venuto da un tunisino, il cui paese tenta anche du istituire una forma di Islam più accettante. Secondo una ricerca di Pew Global Research, le preoccupazioni che riguardano l’estremismo religioso tra i tunisini sono cresciute nettamente nel 2014 al 78% dal 52% del 2012. Queste trepidazioni sono state in qualche modo risolutive nelle ultime elezioni dove il partito laico Nidaa Tounes è riuscito ad assicurarsi una vittoria contro il partito Ennahda che ha ammesso di non essere riuscito a monitorare e sopprimere il radicalismo.
In modo simile il presidente Abdelfattah el-Sisi è stato un attivo combattente contro l’estremismo religioso in Egitto che era prevalente dopo la caduta di Hosni Mubarak nel 2011. Dalla sua elezione ha disattivato l’ala politica dei fratelli musulmani etichettandola come organizzazione terroristica. La posizione di Sisi sulla deradicalizzazione resta un punto focale della sua amministrazione ed è sostenuta dalla maggioranza degli egiziani che sentono che le sue azioni decise hanno impedito all’Egitto di cadere nella stessa trappola vissuta dall’Iraq e dalla Siria.
In un discorso di Sisi all’ONU egli sottolineò che “il mondo ha cominciato a comprendere la realtà del perché gli egiziani si sono rivoltati contro l’estremismo che voleva rompere l’unità della nazione”.
Un problema simile lo si trova in Indonesia dove molti sentono che le ultime espressioni di intolleranza religiosa compromettono il fondamento filosofico nazionale della Pancasila che proclama la coesistenza pacifica.
A livello nazionale la più vasta organizzazione musulmana al mondo Nahdlatul Ulama (NU) è stata molto attiva nel proporre l’accettazione religiosa. L’ala giovanile della NU, GP Ansor, per esempio vigila sulle chiese cristiane nel giorno della Vigilia di Natale per impedire ogni minaccia terroristica. Questo tipo di attività non deve essere messa in dubbio ma anzi promossa in modo globale.
La scorsa settimana Hasyim Muzadi, un membro anziano del NU, insieme alla Conferenza Internazionale degli Studiosi Islamici, all’Agenzia Nazionale Antitettorismo e al Ministero degli Etseri, ha tenuto un seminario “Conflitti e democratizzazione nel Medio Oriente”.
Il raduno intellettuale ha aperto i dialoghi tra le figure religiose di guida compreso il ministero degli affari religiosi Lukman Hakim Saifuddin e la comunità diplomatica. Al Seminario hanno partecipato l’attuale ministro Retno Marsudi ed i suoi predecessori Hassan Wirajuda e Alwi Shihab, ambasciatori presso paesi del Medio Oriente.
Nel considerare l’esperienza egiziana e tunisina nel trattare con l’estremismo religioso, sarebbe di vantaggio se il ministero degli esteri dell’Indonesia collaborasse formalmente con le nazioni del Nordafrica per acquisire più conoscenza e tecniche per contenere l’estremismo. Affrontando con efficacia la questione del radicalismo l’ Indonesia potrà realizzare interamente il suo carattere ideologico e continuare a riempire il vuoto di una voce significativa dell’Islam moderato.
Gli stati membri dell’Unione Europea presentano grossi problemi rispetto a questa questione inquietante. Germania, Francia e Gran Bretagna sembrano tutte colpite dall’estremismo religioso che crea una immagine inaccurata e cattiva dell’Islam per moti degli abitanti di questi paesi.
L’ambasciatore italiano in Indonesia, Federico Failla, ha espresso il suo interesse per voler portare in visita in Italia studiosi islamici famosi indonesiani e dare lezioni e seminari per contrastare alcune delle percezioni errate dell’Islam in quel paese. E’ questa percezione negativa che ha spinto Bill Maher, membro conosciuto dei media occidentali, ad apostrofare l’Islam come “religione della Mafia”.
Ristabilendo la qualità dell’accettazione religiosa l’Indonesia ne trarrà beneficio su vari fronti compreso il turismo, la diplomazia e l’investimento estero.
La posizione internazionale dell’Islam sarà deciso per lo più dall’Indonesia o per la sua apatia o per l’impegno attivo. I capi indonesiani devono scegliere l’ultima opzione.
Rizvi Shihab, Bina Bangsa Foundation. JakartaGlobe.com