C’è una crisi di sicurezza che alimenta la lotta silenziosa ma sempre più mortale sta avendo luogo nel meridione profondo della Thailandia.
Ma perché questa crisi di sicurezza delle tre province più meridionali colpite dall’insorgenza di Yala, Narathiwat e Pattani si è dimostrata così ingestibile e prolungata? E perché le autorità thailandesi fanno fatica a trovare una soluzione possibile al problema? Cosa rende la situazione lì così difficile da capire e duratura? La risposta è una confluenza di fattori.
La Thailandia ha trattato le insorgenze negli anni alle sue periferie. I thai delle pianure centrali che dominano il governo centrale di Bangkok sono stati riluttanti a vedere il potere unitario dello stato diffondersi in qualche modello federale simile a quello trovato nella vicina Malesia.
Per gran parte della Thailandia l’approccio unitario si è dimostrato fattibile. Ma nel meridione thailandese è fallito di avere una risonanza con la minoranza etnica e religiosa che ha poco in comune con la loro controparte thai buddista.
La Thailandia è un paese a stragrande maggioranza buddista theravada. Il proprio karma personale interessa moltissimo e delinea il merito intrinseco di ognuno e il posto nell’ordine sociale. La popolazione in predominanza di etnia malay, musulmana e di lingua Yawi del profondo meridione non si adatta prontamente in questo modello se con come un gruppo considerato se non con pietà con sdegno dall’elite di Bangkok.
La popolazione del profondo meridione è da tempo in frizione con Bangkok. Il Fronte rivoluzionario nazionale, BRN, che si formò nel 1960 originariamente si formò da una sollevazione violenta guidata da un capo locale di Patani della fine degli anni 40. Emerse una generazione di militanti separatisti sotto differenti bandiere tra le quali il PULO nel 1968. Gli anni 70 e 80 videro anche la Thailandia sprofondare nell’insorgenza legata al partito comunista che aveva legami con la Cina e la controparte malese e che fiorì ne l profondo meridione fino al 1976 quando l’implementazione efficace dei metodi della controinsorgenza thailandese soppressero la maggioranza dello scontento. Il PULO riuscì ancora a portare avanti una serie di azioni che videro tanti uccisi dalle loro mani negli anni 80 e 90. Da quando ci fu l’implementazione della costituzione del popolo del 1997 il profondo meridione fu considerato pacificato.
Ma in realtà mentre sembrava che l’insorgenza fosse stata soppressa, impararono una lezione importante: per aver successo avevano bisogno di di evitare di dare obiettivi ovviamente identificabili alle forze di sicurezza, come facevano BRN e PULO. I separatisti non avrebbero più fornito strutture di comando convenienti e facili da identificare per le forze di sicurezza su cui attenersi e eliminare. Invece la rete degli insorti sarebbe stata diffusa ovviando al bisogno di una gerarchia o ad una infrastruttura significativa.
L’elezione di Thaksin Shinawatra e l’aprirsi della cosiddetta guerra globale al terrore nel 2001 cambiò gli equilibri. Crebbe la ricerca di legami terroristici internazionali. Ma le dinamiche locali non si adattavano prontamente all’estremismo di Al Qaeda di tipo salafista sunnita. Invece il senso di identità e di dolore nel profondo meridione ha avuto le sue uniche caratteristiche.
Nelle elezioni il partito di Thaksin non riuscì a prendere seggi al parlamento nel profondo meridione. Non essendo in debito rispetto ai potenti, Thaksin decise nel 2002 di far gestire la sicurezza alla polizia locale, una decisione che vide l’abbandono e la seguente distruzione del circolo di informatori dell’esercito. Era una rete che aveva permesso alle autorità centrali di restare a contatto con le questioni prima che sfuggissero di mano. Finito questa rete le autorità divennero effettivamente cieche.
Un furto presso un’unità dell’esercito nel 2004 fu il punto fondamentale di svolta. Con il furto di 400 armi e relative munizioni, l’insorgenza fece accrescere il conflitto latente in modo drammatico.
Ma la conseguenza mancanza di controllo delle forze di sicurezza del governo che vide dei manifestanti picchiati, incarcerati e persino uccisi fu impressionante. C’erano inoltre poche prospettive di punire le persone responsabili a causa del sentimento di protezione verso l’indagine esterna della magistratura che i comandanti sentivano per i propri subordinati. E il senso di ingiustizia crebbe ulteriormente.
Il decennio ha visto il crimine organizzato proliferare nell’area. C’è anche la rivalità tra la polizia e i militari e i loro derivati paramilitari, ognuno con una propria reputazione da mantenere. Ma far credere che il conflitto sia essenzialmente sul crimine organizzato o la rivalità tra agenzie dello stato significa leggere malissimo una storia più complicata.
L’insorgenza ha imparato a gestire benissimo l’arte degli esplosivi improvvisati con miglioramenti e adattamenti. Evitando dei modelli facilmente leggibili l’insorgenza ha alternato le loro tecniche ed obiettivi preferiti.
Tanti musulmani sono stati uccisi per vendetta ma l’intimidazione dei buddisti sembra essere la spinta principale degli insorti. Le vendette hanno perpetuato il risentimento e la violenza.
I buddisti sono virtualmente posti in villaggi armati e controllati e grandi città. Nonostante gli sforzi del governo di incoraggiare i buddisti thai a vivere lì, sono pian piano espulsi da molte parti del meridione.
Mentre le precedenti generazioni di insorgenti hanno strappato domande sostanziali, l’attuale generazione ha evitato di proposito di dichiarare un manifesto. Con una agenda politica misera su cui negoziare e in assenza di un comando genuino e prontamente identificabile con cui entrare in contatto o da mirare, gli sforzi del governo sono stati continuamente frustrati.
Nel maggio del 2014 il colpo di stato militare avrebbe potuto portare ad ad una rinnovata e forse più efficiente ed efficace controinsorgenza. Ma i negoziati con il BRN iniziati in Malesia si sono interrotti, in parte a causa della mancanza del BRN di genuina influenza. La violenza dell’insorgenza è continuata con 50 morti al mese a metà 2014.
L’ala militare separatista ha dimostrato di essere innovativa, di sapersi adattare e di essere mortalmente imprevedibile. Eppure politicamente hanno continuato ad essere strategicamente cauti, conservatori e ancorati ideologicamente, non guidati da conseguenze dure ideologiche che si son viste in Iraq e Siria.
Oggi le autorità thai hanno una grande sfida nelle loro mani per risolvere la loro crisi politica centrata su Bangkok mentre trovano una via di uscita attraverso il pantano del profondo meridione. Alcune concessioni addizionali dalle autorità centrali sembrano essere la sola via per rompere lo stallo politico. Eppure le misure che più potrebbero soddisfare le richieste separatiste sono quelle che le autorità centrali sono meno volenti a concedere.
John Blaxland, ANU, EASTASIAFORUM