E’ un colpo da rappresaglia che cade proprio dopo che Yingluck si è incontrata con il rappresentante americano Russel. E’ un incontro che non deve essere stata proprio digerita da Prayuth, escluso dai colloqui di Daniel, e che ha fatto scattare su tutte le furie i militari del governo e dell’Assemblea legislativa nazionale.
La ragione addotta è:
“Il sospettato deve essere presente al primo processo del caso altrimenti esso non potrà andare avanti” a dichiararlo è il portavoce del governo Sunsern Kaewkumnerd, come si legge da Reuters.
L’avvocato di Yingluck da parte sua dichiara che l’apparizione di fronte alla corte da parte di Yingluck non è necessaria almeno per due mesi, necessari perché l’accusa considera il caso e si scelgono i giudici che devono presiedere il processo. Altrimenti è una violazione dei suoi diritti fondamentali.
Sulle intenzioni di Yingluck il suo avvocato aveva già detto in precedenza che la Yingluck non aveva nessuna voglia di fuggire all’estero e che aveva intenzione di battersi contro le accuse davanti alla corte suprema, accuse che le potrebbero costare anche dieci anni di carcere.
“Lei è pronta a lottare e non scapperà perché abbiamo fatti e prove per batterci in tribunale” disse l’avvocato suo.
E’ interessante quanto scrive il Financial Times sulla dittatura in Thailandia che la definisce come “ dittatura da quattro soldi ” ed “i suoi generali sono parte del problema, non la soluzione”
Che si facciano da parte i generali, Financial Times
Nell’anno delle elezioni in Birmania, una volta la personificazione di una dittatura da quattro soldi, è ironico che la vicina Thailandia meriti di più quella descrizione.
Non si possono avere illusioni sui generali che hanno preso il potere a maggio scorso con la pretesa di restaurare l’armonia nella scena politica del paese da tanto tempo faziosa. E’ di un chiaro cristallino, se non lo fosse stato dall’inizio, che i capi del golpe sono parte del problema e non la soluzione.
Il generale Prayuth e i suoi amici hanno imposto una dittatura troppo attenti all’uso dei poteri per mettere la museruola ai critici. Vero, il suo regime forse non uccide ora la gente. Ma i suoi tentativi di reprimere le forze sociali liberate più di un decennio fa dall’ex primo ministro Thaksin Shinawatra, pieno di grandi difetti ma ancora popolare, sono destinate a fallire. Solo un impegno a restaurare un governo rappresentativo nel paese può iniziare a guarire le profonde divisioni sociali che stanno consumando il corpo politico della Thailandia.
Ma è triste che questo sembra essere l’ultima cosa che la giunta abbia in mente. Piuttosto il sospetto è che voglia restare al potere abbastanza a lungo per presiedere la delicata questione della successione reale quando Re Bhumibol alla fine morirà. Quantomeno cerca di cambiar le regole in modo che i politici che considera irresponsabilmente populisti non possano mai essere eletti di nuovo. E’ una visione di “democrazia gestita” che i duri generali birmani comprendono benissimo.
In una conferenza stampa combattiva il generale Prayuth, capo del cosiddetto Consiglio Nazionale per la Pace e l’ordine, non è riuscito a nascondere il suo odio per il dissenso. Ad un giornalista che gli domandava della detenzione dei dissidenti al fine “dell’aggiustamento di attitudine”. Gli ha risposto come un tuono che non era appropriato sfidare il suo “potere pieno”. Il giornalista “saresti da convocare se continui a chiedermi queste domande”. Se questa è il volto pubblico della giunta, si odia pensare a quello che succede nel segreto.
La giunta ha anche accresciuto la propria guerra contro Yingluck Shinawatra, fratello dell’ex premier Thaksin, un capo populista la cui elezione del 2001terminò nel 2006 con un golpe. La lotta successiva tra i suoi sostenitori, molti provenienti dallo storicamente povero nordest, e le elite della città e dei loro alleati causò una crisi politica che si svolge ancora ora.
L’ultima cosa giunse quando il parlamento fantoccio ha messo sotto accusa Yingluck che non può fare politica perciò per cinque anni. Ora rischia fino a dieci anni di carcere per una presunta negligenza penale sul progetto di sostegno al prezzo del riso che la giunta sostiene sia un caso di compravendita dei voti.
Per quanto errato sia il tentativo di spingere verso l’alto il prezzo del riso, il governo militare lo ha trattato con storielle ed allusioni. Finora, non è riuscita a provare del progetto nulla se non il fatto che era una politica che non amava. Questo sembra una vendetta politica non il governo della legge.
Il governo ha il sostegno tra le elite e la comunità degli affari che sostengono che abbia restaurato la stabilità. Ma una stabilità costruita sulla repressione non è affatto stabilità. Le potenze occidentali devono accrescere la pressione sulla Thailandia affinché tenga delle elezioni quanto prima. Daniel Russel, rappresentante massimo per l’Asia, ha iniziato dando un messaggio acuto alla giunta. Ha detto che la Thailandia sta perdendo di credibilità per il fatto che non si decide ad abolire la legge marziale.
La speranza dei generali di influenzare il corso dell’esercizio democratico del futuro attraverso nuove regole è vergognoso ed inutile. Prima consegnano il potere meglio sarà. Poi è il turno dei politici fare la loro parte e la gente di decidere.