La diseguaglianza della Thailandia è quella che definisce il paese e la sua democrazia
Tocqueville, nello scrivere “La Democrazia in America, fece una dichiarazione famosa della “uguaglianza generale delle condizioni” come fondamento della Democrazia americana.
Per la Thailandia, è differente, dal momento che è la generale diseguaglianza a definirla. Adattando le parole di Tocqueville, possiamo dire che la diseguaglianza della Thailandia ha un’influenza prodigiosa sull’intero corso della società dando una certa direzione all’ideologia dello stato ed un tenore particolare alle leggi dando il massimo ai poteri di governo ed consuetudini ai governati. L’influenza della diseguaglianza si estende al di là della politica e della legge: crea opinioni, origina sentimenti, suggerisce le pratiche quotidiane della vita, e modifica qualunque cosa non produce.La diseguaglianza delle condizioni in Thailandia è il fatto fondamentale da cui tutto il resto è derivato.
Povertà, entrate e diseguaglianza della Thailandia
Le diseguaglianze economiche e politiche in Thailandia sono condizioni che si rafforzano l’un l’altro e risultate dai modi in cui i guadagni della rapida crescita economica sono stati catturati dalla elite. Preservare questi privilegi produce una struttura politica che è esclusiva ed è dominata da una elite autoritaria. Per gran parte del suo periodo di rapida crescita economica dagli anni 50, hanno dominato regimi autoritari promuovendo capitalismo ed incubando capitalisti e classe media, mentre restringeva i diritti politici. La crescita ha ridotto la povertà ma la diseguaglianza è restata alta. Quindi mentre la crescita è stata benefica per la gran parte dei cittadini, è stata la classe capitalista con i suoi alleati a catturare i guadagni.
La povertà non ha ridotto la diseguaglianza poiché le crescite delle entrate erano concentrate con chi stava già bene. L’indice di Gini con valori tra 0.45 e 0.53 è restato elevato sin dagli anni 80 al pari delle altre misure della ricchezza. I dati dal 2007 mostrano che il 10% superiore delle famiglie controllava oltre il 51% della ricchezza mentre il 50% inferiore controllava appena 8.5%. Per la terra, le case e altre proprietà, solo il 10% della popolazione possiede il 90% della terra di proprietà privata. Altri dati dimostrano una ridistribuzione delle entrate dal lavoro verso il capitale, con crescite della produttività del lavoro che hanno accresciuto largamente il capitale attraverso profitti maggiori. Fino alla fine del2011 le paghe reali stagnanti erano una parte di questo quadro.
Spiegare la diseguaglianza della Thailandia
Questo quadro di sfruttamento e diseguaglianza esiste da tanto tempo. I ricercatori hanno ritrovato dati simili a quelli citati per vari decenni. Negli anni 60, Bell identificava grandi trasferimenti di surplus dalla regione povera del nordest, Isan, che portavano sottosviluppo alla regione mentre i produttori erano sfruttati da paghe basse e poveri guadagni agricoli. Tre decenni dopo, Teerana concludeva che la povertà ridotta non aveva ridotto la differenza di entrate e mostrava che la diseguaglianza della Thailandia era alta quando la si confrontava con altre economie asiatiche.
Quali sono le ragioni della persistenza della diseguaglianza? La risposta più convincente deve ssere trovata nella politica dello stato e nel potere strutturale del capitale.
Stato e Politica
Gli studi della politica dello stato indicano una divisione rurale urbano che dura da sempre. L’industrializzazione promossa dallo stato ha comportato la formazione di una grossa classe lavoratrice, ma il settore ad alta intensità di capitali non poteva assorbire l’emigrazione rurale che si muoveva verso le aree urbane per lavoro. Il risultato è stato un vasto settore informale dove i lavoratori restavano al di fuori del sistema di sussistenza limitata dello stato che contribuiva alla diseguaglianza dal momento che i trasferimenti dello stato erano diretti al piccolo settore formale.
In modo simile, l’investimento statale nell’istruzione si è concentrato nelle aree urbane. Quando l’economia crebbe rapidamente, la spesa statale sull’istruzione restò bassa per un periodo lungo. Negli anni 60, quando la popolazione era costituita per 85% di agricoltori e lavoratori, solo il 15.5% degli studenti universitari appartenevano a questi gruppi. Per la metà degli anni 80 questo tasso scese a solo 8.8%. Quindi le classi inferiori erano escluse da una via importante per uscire dal lavoro mal pagato e dal lavoro poco specializzato.
Anche le politiche fiscali erano discriminanti contro i poveri. I tassi favorevoli della protezione alla manifattura discriminavano l’agricoltura, e per decenni una tassa regressiva del riso trasferiva ricchezza dalle campagne alla città. Negli anni 90 un vasto campo di tasse regressive implicavano che il ricco guadagnava dal sistema fiscale. Nel 2012 le politiche fiscali dello stato e la spesa restava a favore dei ricchi. L’impatto di queste politiche è stato di redistribuire, dal povero verso il ricco.
Questi programmi sono stati integrati da una politica di paghe basse ed alti profitti che è stata mantenuta dal governo e dagli affari ed ha trasferito ricchezza verso il capitale.
Classe e potere
Il potere politico richiesta di mantenere la strategia di paghe basse ed alti profitti era una parte delle strategie dello stato e degli affari che coinvolgeva legge, politica, ideologia e coercizione. Per gran parte del periodo di rapida crescita economica, le politiche dei subalterni erano ristrette e spesso pesantemente represse. Queste strategie di clase cercavano di mantenere i regimi autoritari limitando la politica elettorale.
Il clientelismo o la politica del denaro marginalizza l’attenzione della politica alla diseguaglianza acquisendo un sostegno politico particolarista, ed era la politica do,minante almeno fino al 2001. Quando si tenevano le elezioni, coinvolgevano una tale bagarre di partiti che le coalizioni di governo erano deboli e di breve durata ed i partiti non sviluppavano delle politiche al di là del sostegno locale. Questa politica escludeva la maggioranza e manteneva le istituzioni rappresentative deboli, permettendo ai militari e alla monarchia di dominare. Il risultato fu che la diseguaglianza non fu affrontata dall’elite politica ed i gruppi esclusi hanno dovuto accettare le concessioni politiche particolaristiche piuttosto che attenzione programmatica alle questioni della ridistribuzione, almeno fino a che non fu eletto Thaksin Shinawatra nel 2001.
Rispondere alle diseguaglianze
La diseguaglianza e le strutture che la mantengono sono state attaccate. Più recentemente, le proteste prolungate del 2009 e 2010 delle magliette rosse sono state una tale sfida. Nel rigettare il golpe del 2006 emerse un collegamento tra diseguaglianza ed i dibattiti sulla democratizzazione. Questo legame fu il risultato di una serie di crisi economiche e politiche che iniziarono col golpe del 1991, la sollevazione civile del maggio 1992 e la fine del lungo boom economico nel 1997. Ne uscì fuori la costituzione del 1997 e cambiarono le regole politiche.
I soli governi eletti sotto la costituzione del 1997 furono quelli di Thaksin del 2001 e 2005. Il partito di Thaksin Thai Rak Thai, formatosi nel 1998 divenne popolare nelle elezioni per le politiche che promettevano il cambiamento dei poveri. Una moratoria del debito dei poveri, prestiti piccoli a livello di comunità e una politica di salute universale. Per la prima volta un partito politico ha promesso e mantenuto programmi universali e di programma che affrontano la povertà e il sociale. La recessione economica iniziata nel 1997 ha indebolito l’elite, e la paura del conflitto sociale fu sufficiente a farle accettare l’accordo politico di Thaksin con le masse.
Non solo il TRT divenne immensamente popolare ma gli elettori scoprirono che era possibile un governo più sensibile. Queste conseguenze fecero irretire l’elite. I monarchici temevano i politici eletti popolari e considerarono Thaksin pericoloso poiché sembrava stabilire una popolarità in competizione con la monarchia. In seguito alla rielezione da grandi numeri del 2005 di Thaksin, le figure del palazzo come il consigliere del Re Prem Tinsulanonda vide una diminuzione della centralità della monarchia come minaccia, e questa percezione liberò una lotta politica ancora da finire al limite della politica delle elezioni.
I conservatori videro le elezioni porre una minaccia alla loro idea che la politica deve operare con la monarchia come istituzione suprema. Videro la politica elettorale come minacciante il ruolo fondamentale della monarchia per l’ordine politico e sociale. Thaksin sfidò anche lo status quo scuotendo la burocrazia, rendendola più sensibile ai politici eletti e alla gente. Nello spostare i burocrati e nella ristrutturazione dei ministeri, Thaksin promuovette i propri favoriti, e per i burocrati anziani, da decenni al controllo della popolazione, questo era una minaccia. In modo simile Thaksin sfidò la classe capitalista domandando competitività a livello nazionale. Gli oppositori videro questo mentre le compagnie degli Shinawatra guadagnavano in competitività e lo considerarono questo rimaneggiamento del potere economico una minaccia.
Thaksin non fu completamente conscio delle minacce che poneva alla coalizione politica del palazzo, dei militari e degli affari, ed il suo fallimento ad osservare le gerarchie tradizionali significò l’identificazione di pericoloso. L’attenzione di Thaksin alle classi inferiori significò che un insieme di forze autoritarie, conservatrici e gerarchiche giunsero all’opposizione del suo governo. La conseguenza fu il golpe del 2006 che però non pose termine a questa contestazione poiché le magliette rosse e altri sostenitori di Thaksin si opposero al palazzo ed ai militari. Nel domandare nuove elezioni nel 2010 le magliette rosse entrarono in una protesta lunga che centrava lo status e la diseguaglianza.
I manifestanti adottarono una parola antica per la gente comune costretta, phrai, a designare la loro opposizione ad ammat, o aristocratici del governo. Misero in evidenza di doppi standard della legge, la monopolizzazione del ammat del potere politico ed il risentimento profondo contro la diseguaglianza. Nonostante la dichiarazione propria di radicalità delle magliette rosse, le loro richieste erano riformiste: “Vogliamo uno stato capitalista libero in cui la differenza tra ricco e povero sia ridotta. Vogliamo creare più opportunità per i poveri”. Questo appello alla classe e lo status fece arrabbiare l’elite specialmente mentre le proteste sviluppavano una considerevole solidarietà tra subalterni.
Questa solidarietà si rifletteva nella coincidenza di mobilitazione politica, dati economici e zone di voto politico. Le zone di voto politico si allineavano con le basse entrate e l’incidenza della povertà, con le aree più povere nel nord e nordest, varie province delle regioni centrali e le aree della classe lavoratrice a Bangkok che votavano per i partiti di Thaksin.
La media del PIL procapite provinciale nelle province che votavano il partito democratico della elite nel 2007 era quasi 2,4 volte più alto delle province che sostenevano Thaksin.
La politica della diseguaglianza
Le basse entrate, la proprietà deformata e il trasferimento di entrate verso i già ricchi indicano un disegno di lungo corso di sfruttamento. Mentre ci sono state rivolte contro lo sfruttamento, questo non hanno cambiato la tendenza. L’elite usualmente rispondeva queste rivolte con la repressione. Quando la sfida era giunta sul piano politico elettorale, come accadeva nel 1973, 1992, 2009 e 2010, un risultato è stato la politica della clientela che permetteva ai politici civili di essere denigrati come malvagi e corrotti. La denigrazione permette ai militari e agli interventi reali di ristabilire la repressione, autoritarismo e dominio della elite. Quando governa la elite, sottolinea il suo diritto a governare, basandosi sui concetti esclusivi di ordine, autorità e moralità. Al cuore di questo sistema c’è l’affermazione che la monarchia sia indispensabile e che l’elite governa con l’autorità morale del re.
Chi contesta questa ideologia ripetutamente domanda rappresentanza politica e politiche che sfidano lo sfruttamento intrinseco. Più da notare c’è stato un sostegno più ostinato per la politica elettorale. Dal golpe del 2006, quando sono state permesse elezioni, i votanti si sono presentati in gran numero e hanno votato ripetutamente a favore dei governi di Thaksin. Non è solo un semplice essere a favore del sistema Thaksin ma comporta un sostegno per la politica delle elezioni e i partiti che sono percepiti come rappresentare gli interessi dei subalterni. L’elettorato rurale e della classe lavoratrice sembra rigettare la politica delle clientele e vuole una società meglio organizzata, meno gerarchica e meno sfruttatrice.
Per tante magliette rosse, la democrazia è giunta a designare la politica elettorale invece dei golpe. Insieme la diseguaglianza fu identificata con i doppi standard in varie arene dai tribunali al potere politico. Le magliette rosse ufficiali domandavano uno stato dove “il potere politico appartiene davvero ai Thailandesi”. Volevano uno stato giusto ed equo dove “la gente è libera dall’aristocrazia oligarchica e hanno uguaglianza, libertà e orgoglio”.
Queste richieste di libertà, giustizia ed eguaglianza hanno visto una lotta amara per il controllo del sistema politico e hanno trovato la risposta della elite con i tribunali, le armi dei militari e le ripetute manifestazioni monarchiche. La conseguenza è stato il golpe militare del 2014 che ha visto uno sforzo determinato di neutralizzare i politici al di fuori della elite monarchica e una cancellazione della politica elettorale.
Conclusioni
Se oggi potesse viaggiare Tocqueville in Thailandia, non troverebbe “la generale uguaglianza di condizioni” che caratterizzava la prima democrazia americana e che strutturò quella società, quanto vedrebbe l’influenza prodigiosa e perniciosa di un sistema sociale, politico ed economico che è fatto per mantenere la diseguaglianza.
Kewin Hewison, Asia Research Centre at Murdoch University, KYOTOREVIEW