Una autobomba è esplosa nel parcheggio di un grosso centro commerciale Central Festival dell’isola di Koh Samui, una seconda perla del turismo di massa thailandese, alle 10,30 della sera. Sono stati feriti sei thailandesi ed una ragazzina italiana di 12 anni, cosa che ha fatto apparire questa notizia sui media italiani.
Il fatto che l’auto sia stata rubata nelle province del profondo meridione thailandese fa subito puntare il dito all’insorgenza Malay di Patani che altre volto ha portato l’attacco nel cuore di zone lontano dall’area dello scontro. Hat Yai è stata preferita nel passato, e nel dicembre 2013 fu scoperta un’autobomba, che per fortuna non esplose, in una stazione di polizia di Phuket.
Quasi contemporaneamente inoltre sono stati fatti esplodere degli incendi nel locale negozio cooperativo, conosciuto come CoOp, sempre a Samui. Se ci sia un legame non è stato confermato, anche se appare molto probabile, data la coincidenza e date le testimonianze raccolte che parlano di due forti esplosioni nella CoOp prima dell’incendio.
Questi attentati accadono nel periodo di punta del turismo thailandese del Songkran, capodanno thai, in una delle isole di punta del turismo thai e straniero.
L’auto fatta esplodere al Central Festival, che è per altro di proprietà di Suthep Thaugsuban ora in periodo di monacato, era stata rubata a fine marzo e portava targhe contraffatte.
Mentre l’evidenza della matrice separatista è chiara per l’attacco al Central Festival, sull’altro la polizia prova a tirare in ballo gli oppositori di Suthep provando ad inventarsi una matrice legata all’opposizione al golpe. Staremo a vedere, ma due attentati in contemporanea forse dicono chiaramente qual’è l’origine e forse dicono che i piani di Prayuth per la pace nel meridione non sono proprio ben accetti. Forse vi è un tentativo di sminuire la forza dell’insorgenza e la sua capacità di permeare anche in zone che non le sono consone. E’ un atto che deve essere valutato ben bene.
Chiunque sia stato, l’impatto sul turismo è quello temuto di più, anche se non deve essere neanche sottaciuta la diffusione mondiale di questa notizia. Essa fa sapere a tutti che esiste un’insorgenza che è profondamente pericolosa ma che ha deciso anche di restare ancorata nei propri territori. Questa “uscita” ha perciò un valore di avvertimento che la giunta del NCPO di Prayuth deve provare a cogliere.
Vi è una guerra nel profondo meridione che dal 2004 ha fatto oltre 6200 morti e decine di migliaia di feriti e migliaia di orfani e vedove nelle province di Pattani, Naratiwaht, Yala e Songkla, da dove Koh Samui dista qualche centinaio di chilometri. Per anni si è provato a nasconderla e a confonderla con la criminalità comune o per una guerra di religione, invece di riconoscerla per quello che è: una insorgenza politica che rigetta il colonialismo thai della regione. Essa restituisce una violenza che da decenni lo stato thailandese infligge sulle profonde province del meridione thailandese.
Per inciso, mentre la polizia afferma che non ci sarebbero stati avvertimenti o segni premonitori di questo attentato, il proprietario di quell’auto, poi fatta esplodere, Abdulrasae Dumeedae, di 52 anni della provincia di Yala, aveva denunciato il furto il 31 marzo e risulta agli arresti in un campo paramilitare di Yala.
La sua testimonianza non sarebbe stata accettata perché contraddittoria.