“Sebbene la crescita dl PIL in Thailandia sia stata enorme, la qualità delle imprese capitalistiche thailandesi resta misera dal momento che gran parte della crescita economica si è originata dal monopolio delle maggiori imprese degli affari thailandesi legati all’Istituto delle Proprietà della Corona Thailandese.” ha detto Porphant Ouyyanonta docente in visita presso l’Istituto. “Questo ha comportato una prestazione economica di basso valore aggiunto accoppiata con forti barriere per entrare in nuovi campi degli affari, mantenendo così le piccole imprese sottosviluppate e stagnanti”.
Il potere, il ruolo nell’economia e la direzione degli investimenti dell’Istituto hanno assunto un altro addizionale peso. La salute del Re Bhumibol all’età di 87 anni è delicata ed una nuova generazione sta per salire sulla scena. Il re nomina sei membri dell’istituto che governano il consiglio di amministrazione, mentre il ministro delle finanze rappresenta il settimo membro. Diventano cruciali quindi le nomine all’istituto delle proprietà, alla luce della potenziale instabilità del principe ereditario Vajiralongkorn.
Il seminario, che era condotto a marzo da Porphant della Sukhothai Thammarirat Open University, ha esaminato il ruolo dell’Istituto delle Proprietà della Corona che non pubblica resoconti e la cui grandezza è quindi un mistero. Uno studio del 2005 stimava che l’Istituto gestiva quasi 36 miliardi di dollari facendo del re il monarca più ricco al mondo, sorpassando il sultano del Brunei e facendo dei reali britannici dei nani con i loro 14 miliardi di dollari.
Sebbene sia percezione comune che l’ istituto delle Proprietà della Corona sia gestito dalla famiglia reale, tanto che un tempo gli fu dato il nomignolo di Multinazionale del Re, è un braccio di investimento della monarchia e non appartiene al Re benché gestisca le proprietà del Re. Comunque il suo status è alquanto ambiguo poiché non è neanche un’agenzia del governo. Fu stabilito nel 1890 come Istituto del Tesoro del Consiglio all’interno del ministro delle finanze.
L’Istituto delle Proprietà della Corona non paga tasse, oggetto di un crescente dibattito in Thailandia sui piani della giunta del NCPO di intraprendere una riforma ambiziosa della proprietà e delle tasse di eredità. Secondo la proposta di riforma delle tasse, questo istituto avrebbe continuato ad esser esente, che ha generato un considerevole risentimento poiché la giunta ha proposto di imporre tasse sui contadini che sono tra i più poveri cittadini delle campagne del regno.
Mentre la competizione sul mercato si fa sempre più dura, stando ad una risposta ad una domanda durante il seminario, continuare a esentare l’istituto della corona e le sue entità diffuse economiche dal pagare le tasse è pericoloso per l’economia, “poiché cambia la competizione economica e impedisce agli investitori e industriali dall’entrare nel mercato. L’IPC dovrebbe perciò essere tassato e dare assistenza alle imprese potenziali”.
Oltre a grandi estensioni di terreni nella Bangkok centrale e nella Thailandia, l’IPC controlla le azioni nella Siam Commercial Bank e Siam Cement Group. Forse il resoconto più dettagliato dell’istituto lo ha fatto Paul Handley nel suo libro “King never Smiles”, biografia importante ma vietata del Re, che affermava che “il palazzo è diventato il partner delle Joint Venture ideale. La sua terra fu usata per costruire hotel come Siam Intercontinental, Erawan e Dusi Thani. Ha mantenuto investimenti nelle assicurazioni, agricoltura, tessili e gomme”. Secondo Handley l’IPC, al cambio di secolo, deteneva azioni in 40 compagnie oltre a 13000 acri di suoli di Bangkok stessa e altri 40 mila nel paese.
La famiglia secondo il seminario tenuto a Singapore gioca un ruolo spropositato nella economia del paese. Ma diversamente dalla famiglia reale britannica, le cui proprietà sono dettagliate nei rapporti annuali, molta della ricchezza reale non è conosciuta. L’istituto ha giocato un ruolo importante nell’acquisto di terre per sviluppo commerciale ed altri progetti economici. La ricchezza dell’Istituto nel 2005 era stimato al 15.8% del PIL e al 93.8 del budget del governo.
L’IPC ha sofferto perdite da 200 milioni di dollari durante la Crisi Asiatica del 1997-98 specie della Siam Cement Group e Siam Commercial Bank. L’IPC non ricevette dividendi dalle due imprese per cinque anni consecutivi. Resistette alle conseguenze della crisi facendo un immenso prestito e ristrutturando senza svendere le proprietà fondamentali.
Prima del 1997, secondo la discussione nel seminario, lo sviluppo economico della Thailandia era legato strettamente ad una rete dei conglomerati posseduti dalla famiglia, di qui il patronato verso questi conglomerati divenne fondamentale per gli investitori potenziali. Comunque dopo la caduta di molti grandi conglomerati gestiti da famiglie nella crisi asiatica del 1997-98, lo sviluppo degli affari si è alquanto liberalizzato. L’IPC ha dovuto vendere molte delle proprie imprese mentre il patronato reale diventava meno importante di fronte alla crescente globalizzazione e alla competizione del mercato.