Le tre province più meridionali della Thailandia di Pattani, Yala e Narathiwat, e parti di Songkla, dove l’insorgenza malay musulmana è attiva secondo vari gradi da oltre un secolo e nell’ultimo decennio in una forma molto virulenta e mortale, hanno mostrato un uso molto povero del linguaggio come strumento di governo.
La lingua thai è la sola lingua ufficiale del paese. Persino l’inglese, che i successivi governi thai hanno sposato come un modo per migliorare la forza lavoro e di internazionalizzazione dei Thai per l’era della globalizzazione, è considerata come una lingua quasi secondaria ma non lingua ufficiale.
Evidentemente si parla una vasta varietà di lingue e dialetti per tutto il paese, ma il Thai delle pianure centrali è l’unica e sola lingua nazionale nei documenti ufficiali e accordi.
Nei decenni è stata più o meno accettato o per lo meno tollerato il fatto che la lingua ufficiale thai sia il mezzo dominante di comunicazione. Testimonia il proselitismo e dello stato thai egemonico, particolarmente alla sua rigida fissazione con l’essee unitario ed indivisibile.
I governanti della Thailandia hanno gestito il potere statale senza molti riguardi verso la moltitudine di identità etniche che costituiscono la nazione thai. Questi popoli di differente percorso storico e sensibilità e diverse hanno dovuto adattarsi allo stato thai.
Lo stato thai unitario ed inviolabile, indipendetemente dal governo del giorno non ha fatto adattamenti nei secoli. Questa formula di assimilazione per integrazione ha funzionato abbastanza bene. I cinesi di oltremare si sono così invischiati e incastonati nella società Thai che sono considerati ed accettati in toto.
Alcuni thai di ancestria cinese portano con sé ancora versioni differenti dei dialeti cinesi ma tutti parlano thai e non se ne lamentano. Ancor più importante la Thailandia non è segnata da tensioni etniche e razziali tra cinesi di oltremare e thai locali come in Malesia.
Comunque la realtà dei Malay musulmani del profondo meridione è profondamente differente: lì ci sono in primo luogo malay e musulmani. Per identità etnica e requisiti di cittadinanza sono prima Malay poi thai.
Tuttavia il loro essere malay è accomodato difficilmente nell’ufficialità thai. Quando si accese l’ultima fiammata di insorgenza nel 2004, il potere di allora negò la lingua Yawi o Jawi come è chiamata dai locali malay musulmani come una possibile lingua secondaria ufficiale nel profondo meridione di prevalenza malay musulmana.
Se guardiamo ad altri paesi poliglotta con più di una lingua ufficiale a fondere società multiculturali e multietiche, la concessione di una lingua ufficiale in aggiunta è critica per la pace interna.
La Nuova Zelanda permette tre lingue ufficiali, inglese, Maori e lingua dei segni. Comprensibilmente la lingua dei segni è lì per chi riconoscere e in modo pratico per chi nn può parlare.
Tutti gli altri neozelandesi, di discendenza bianca caucasica di origine inglese usano l’inglese come un mezzo per sopravvivere ma tutti sanno delle parole in Maori.
La popolazione Maori d’altro canto usano più l’inglese che il Maori. Eppure è al centro sempre presente negli accordi ufficiali. I rappresentati ufficiali bianchi si sforzano tantissimo per parlare qualcosa di Maori per proiettare l’inclusività prima di andare avanti con l’ordine del giorno in lingua inglese.
Il linguaggio conferisce potere e arrangiamento dei poteri, e si radica nella semplicissima realtà del “chi vi era prima”. Nel caso Maori essi erano lì e si sistemarono prima dei bianchi.
Emersero inevitabilmente conflitti tra nativi e nuovi arrivati da cui poi emersero compromessi e concessioni, resi operativi con trattati, accordi e regolamenti, creando nel processo una nazione.
I matrimoni misti negli anni crearono il collante per la coesione sociale e il consenso. Il fatto che i governanti bianchi del paesi con una certa routine si scomodano a recitare parole Maori senza esibire risentimento o fretta hanno fatto tantissimo a guarire le vecchie ferite ed affrontare le questioni maori.
Tanti maori dicono che non si è fatto abbastanza per migliorare il loro status di declassati, affermazione comune tra le minoranze in tante nazioni. In alcuni casi quello che si è fatto potrebbe essere più importante di ciò che non si è fatto.
Non è solo la Nuova Zelanda ad avere le faccende di casa etniche e razziali in ordine. Il Canada è un altro paese a mescolare l’Inglese e il Francese da parlarsi dove è adatto. I canadesi usano per lo più l’inglese per comunicare, ma nel Quebec, dove si parla francese, davvero parlano francese mentre alcuni hanno un basso comando della lingua inglese.
Naturalmente entrambe le lingue sono usate come lingua ufficiale. Belgium e vari altri paesi europei hanno anche interiorizzato realtà multilingua facendole ufficiali.
Gli USA stano per l’altra fine. Gli americani nativi erano i primi, ma sono stati quasi cancellati, mentre la loro terra era sistematicamente popolata da caucasici. I nativi americani ricevevano compensazioni per farli stare zitti compreso diritti del suolo e diritti di costruire e gestire casinò, una maledizione per chi prova a migliorare in modo sostenibile con la scuola e l’acquisizione di perizie. Pochi americani conoscono la lingua americana natia.
Un altro paese che forse non ha la giusta mescolanza è l’Australia. Gli aborigeni hanno ricevuto le compensazioni ma non sono stati integrati. Risentimento e lamentele continuano ad essere presenti e persiste la nozione di una Australia bianca.
La strada alla inclusività
Per il profondo meridione thai, i malay musulmani erano da secoli lì. Hanno vissuto per anni sotto la sovranità siamese, una formula che funzionava perché garantiva ai malay del posto considerevole latitudine amministrativa nei propri affari, come l’istruzione e la legge del matrimonio, persino sotto governatori nominati da Bangkok, molti dei quali venivano dall’area.
Comunque quando l’imperialismo britannico premeva a nord dalla Malaya, i siamesi fecero un accordo nel 1909 ed annessero quasi metà di quello che per secoli era stato un regno prode e attivo di Pattani. Da allora abbiamo visto solo tensioni e conflitti dalla regione. Il costo dei morti dall’attuale fase è oltre 5000 persone che fanno della regione una delle 10 regioni più mortali per conflitti interni nel mondo, vicino all’Iraq, Siria e Afghanistan.
Muovendosi in vanti, una misura di riconoscimento e accomodamento possono portare all’inclusività e la lingua può dare l’apertura.
Perché non cominciare a pensare al Jawi come la seconda lingua nei documenti ufficiali nella regione e chiamare Pattani con una sola t, come considerano giusto la popolazione del regno Patani?
La pace interna nel profondo meridione thailandese verrà un giorno quando i thai delle altre parti inizieranno ad imparare parole di Jawi parlato a Patani, Yala e Narathiwat per riconoscere e concedere alla gente malay che hanno dovuto risiedere in Thailandia.
Thinitan Pongsudhirak, BangkokPost