Da quando il presidente Aquino nel 2010 conquistò la presidenza del paese con la promessa di riforme e di un governo pulito, le Filippine hanno attirato denaro nel proprio mercato lasciandosi indietro molti dei suoi vicini.
Ma di fronte alla prospettiva elettorale del prossimo anno e alla volatilità del mercato globale che spinge gli investitori a cercare paradisi migliori, l’incertezza su chi sarà il suo successore è una ragione di cautela.
Nel trimestre di giugno gli investitori esteri hanno venduto 700 milioni di dollari in azioni, la quota maggiore dopo la crisi asiatica del 1998. Ancora sono compratori netti di oltre 4.6 miliardi di azioni dall’inizio della presidenza Aquino.
Ma nelle Filippine la legge impone che i presidenti possano avere un solo mandato di sei anni e nella prossima SONA, il messaggio alla nazione, Aquino porrà la questione della sua successione.
“Per un lungo periodo di tempo, le Filippine hanno sofferto cicli di buon governo e cattivo governo. Ora si torva nel ciclo positivo del governo che però non è detto che sarà sostenibile nel lungo termine” dice John Forbes della Camera di commercio americana a Manila.
Nel 2010 Aquino se la dovette vedere alle elezioni presidenziali con Joseph Estrada, ex presidente cacciato nel 2001 e arrestato per appropriazione indebita.
“Il rischio mentre passiamp aòòe elezioni del 2016 è che chiunque subentri non dia la stessa stabilità economica come questo presidente” sostiene l’economista del J Morgan Sin Beng Ong.
La domanda globale incerta ha visto la caduta maggiore delle esportazioni a maggio in oltre tre anni. Il rallentamento della crescita globale potrebbe tagliare le rimesse degli emigrati filippini che sostengono la domanda domestica e sono il motore economico principale.
La produzione manifatturiera è caduta e l’investimento estero diretto si è dimezzato a 1.2 miliardi di dollari a gennaio aprile. “Il rallentamento dell’ecnomia filippina è più veloce di quanto pensavamo” dice un economista della UBS che taglia le previsioni di crescita del 2015 al 5.7 dal 6.5%.
Le Filippine si indeboliscono da una posizione di forza relativa. Il PIL è cresciuto del 5.2% annuo a gennaio marzo. Mentre è sceso dal 6.6% di fine 2014, resta la crescita più veloce rispetto a quelle dell’Indonesia, Singapore e Thailandia.
“L’economia continua a crescere, l’inflazione è bassa e stabile, le riserve internazionali sono sufficienti a coprir le richieste dell’economia, il sistema bancario è in salute” ha detto il governatore della Banca Centrale Filippina.
Prima della data delle nomine presidenziali del 2016 alcuni ministri potrebbero dimettersi per concorrere alla corsa, cosa che potrebbe rivelarsi determinante in modo negativo per la spesa negativa e le previsioni della crescita.
“I rischi dell’economia filippina sono sul lato della spesa fiscale” dice Eugenia Victorino della ANZ Bank che riconosce che la crescita potrebbe raggiungere il 6.1% se il governo “accelera la spesa molto velocemente da ora ad ottobre”.
La costituzione del 1987 scritta dopo le cacciata del dittatore Marcos limita la presidenza ad un solo mandato contro il rischio di capi autoritari. E dal momento che non ci sono ovvi successori che sostengano le riforme di Aquino, si nota che la forte crescita non potrà sostenersi da sola.
“Zenza dubbio le Filippine potranno crescere più velocemente e crescere il proprio potenziale” dice Shanaka Peiris dell’IMF a Manila, ma sono necessari miglioramenti alle infrastrutture e alle regole.
Alla Banca centrale filippina, il governatore Tetangco assicura che la banca farà la propria parte per assicurare una transizione normale nel 2016. “Chiunque vincerà la prossima presidenza credo che sosterà le riforme e la spinta verso politiche più vicine al mercato. La Banca sarà ancora lì”
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