Si chiama Haji Samaae Thanam ed era stato condannato al carcere a vita per alto tradimento.
Il suo rilascio sembra essere dovuto anche alla sua partecipazione ai colloqui di pace affinché le parti si potessero parlare. Haji era un capo del movimento di insorgenza del PULO.
Il resoconto che segue deriva da una intervista in Melayu con il Prachatai.
Haji viene arrestato nel 1997 e condannato all’ergastolo il 1998, ben prima che iniziasse l’ondata di insorgenza del 2004 a testimonianza di una lotta nazionale che risale ben indietro negli anni.
Haji ricorda che i suoi anni in prigione sono stati sempre liberi da violenza ed oppressione, ma basati su un rispetto che si è guadagnato con l’aiutare gli altri prigionieri. Ricorda che il suo avvocato era Somchai Neelapajit che fu poi fatto scomparire dalla polizia negli anni di Thaksin.
Dice Haji: “Durante il processo venne a rappresentarmi in tribunale Somchai Neelapaijit insieme a Godae Gotae e Kamolsak Liwamoh. Lo rispettavo e ammiravo tanto perché era una persona sincera che si sacrificava per gli altri. E’ difficile trovare uno come lui. Lo vidi l’ultima volta quando ero alla prigione centrale di Bang Kwang. Mi disse che voleva aiutarmi per tutto il tempo che era in vita, e che non mi avrebbe abbandonato mai. Subito dopo seppi della sua comparsa forzata e ne restai distrutto e triste. Normalmente non piango per la morte di qualcuno che conosco, ma la scomparsa forzata di Somchai mi fece piangere.”
Haji dice di aver inviato una lettera a Thaksin indicandogli le possibili soluzioni per il profondo meridione invitandolo a fare dei colloqui di pace e ricevendone una risposta.
“La ragione di quella lettera era poiché ero un tempo coordinatore dei colloqui di pace tra il rappresentante del governo e Tongubiro Gotolilor del PULO tra il 1991 e 1993, quando comandante della IV regione militare era Kitti Ratanachaya…. La prima volta che incontrai i rappresentanti thai fu in Egitto e la seconda volta in Siria.”
Thaksin rispose positivamente alla sua lettera e provò ad iniziarne di nuovi entrando in contatto con Wan Kadir Che Man del Bersatu Group che però non accettò perché non erano pronti a discutere di colloqui di pace. Dice Haji: “Non si fidavano del governo thai, della sincerità delle loro intenzioni. A quel tempo il gruppo aveva paura che se uscissero allo scoperto per i colloqui col governo sarebbero stati arrestati come lo fui io. Persino io che ero un coordinatore ed un uomo di mezzo fui arrestato”.
Dopo i colloqui di pace senza successo di Surayud e poi Yingluck, Prayuth Chanochoa inviò qualcuno per sapere la sua posizione sul come ottenere la pace. “Mi chiesero chi potesse essere un rappresentante giusto per la parte thai. Risposi che doveva essere uno che fosse molto creduto dal premier, poliziotto, militare o civile. Prayuth doveva fidarsi della persona per qualunque problema dovesse sorgere nei colloqui.”
Poi Haji dice: “Credo che il processo verso la pace abbia bisogno di porre importanza sulla gente che vive a Pattani. Dobbiamo chiedere ciò di cui hanno bisogno e come vogliono ottenerlo.”
Al momento si è formato il Consiglio della Syura, un’organizzazione ombrello dei gruppi insorgenti del profondo meridione, che deve ancora ascoltare la voce della gente di Pattani. Essa differisce dalla MARA che non è accettata largamente e che sembra confondersi con organizzazioni malesi.
Secondo Haji il Consiglio di Syura è un segno del progresso dei colloqui, un fiore che sta per sbocciare che si è già incontrato con le autorità thai.
Haji fa riferimento all’incontro la Syura e la parte thai; la prima presenta tre proposte, la parte thai una.
Secondo Haji il governo ha proposto un cessate il fuoco per il Ramadan 2015 che ha prodotto più risultati di quelli precedenti, persino del 2013, e questo indica che i colloqui sono stati più efficaci.
Le tre proposte della Syura erano: la richiesta di garantire la sicurezza ai partecipanti del Syura nei colloqui, che i colloqui di pace diventino di importanza nazionale con l’approvazione del parlamento. Terzo il riconoscimento del Syura da parte dello stato.
“Il solo modo di risolvere il conflitto protratto nell’area è di tenere discussioni aperte. La discussione dovrebbe seguire le iniziative di comprensione, accesso e sviluppo di sua maestà il re.” Lo sviluppo è particolarmente importante perché nelle aree di sviluppo non ci sono conflitti, secondo Haji.
Sembrerebbe che il governo voglia liberare un altro vecchio militante in carcere da molto tempo, Dao Maseng, che ha mostrato di voler solo impegnarsi per la pace e non è più interessato all’insorgenza in quanto tale.
Di seguito pubblichiamo un altro articolo di Don Pathan sullo stato dei colloqui
Una storia di sfiducia torna a infestare gli ultimi colloqui di pace.
Il recente rilascio di un anziano militante del PULO fu visto come un atto di buona volontà da parte dl governo di Bangkok ma il gruppo che controlla la grande maggioranza degli insorti ha dinostrato che la sua campagna di violenza nella regione continuerà senza sosta.
La scorsa settimana una bomba a Sai Buri in Pattani ha ucciso un monaco e un soldato con otto persone ferite. Membri del BRN dicono di accettare bene il rilascio di Samaae Thanam, ma che questo non avrà effetto sugli attuali sforzi di pace né con la lotta per una patria separata per i musulmani malay della regione di Pattani.
Samaae fu arrestato dalle autorità malesi nel 1998 e consegnato segretamente dalla polizia thai insieme a Haji Abdul Rahman Bazo (Haji Beudo Betong), Abdul Rahman Haji Yala, e Haji Da’oud Thanam.
Bazo fu rilasciato nel novembre 2013 dopo aver fatto 70 anni secondo le regole fissate dal ministro della giustizia per la buona condotta, anche se alcuni osservatori vedevano in ciò una dimensione politica.
Questi sforzi di liberare militatni del PULO non sono cosa nuova. Nel dopo il lungo confronto tra le forze di sicurezza thai e gli insorti del movimento Malay alla moschea Kru Se il 28 aprile 2004, capi separatisti in esilio suggerirono il rilascio di militanti in carcere, affinché potessero fare da intermediari con la nuova generazione di insorgenti che avevano lanciato l’offensiva alcuni mesi prima col sequestro di armi in una base thai.
Quel giorno fatidico l’operazione vide oltre un centinaio di giovani armati di machete e coltelli assaltare la sicurezza thai in una pioggia di proiettili di mitragliatrici.
Sia i rappresentanti thai che i capi in esilio dei vecchi gruppi separatisti furono scossi da questo scontro e dalle sue ramificazioni: se così tanti militanti hanno voluto attaccare nonostante la morte certa quali possibilità si avevano?
La vecchia guardia fuoriuscita dalle prigioni forse non sarebbe riuscita a convincere i giovani a deporre le armi, ma almeno forse poteva favorire una comprensione come le regole di ingaggio tra le due parti.
Ma dalla parte thai non ci fu la volontà di agire su queste indicazioni.
Uno sguardo più approfondito alla rete di militanti dietro l’incidente alla moschea Kru Se, che era sotto la direzione del capo religioso Ismail Yaralong, ha rivelato che i militanti erano influenzati da qualcosa denominato come “islam popolare”.
Quelli che parteciparono all’attacco simultaneo su dieci posti di polizia a Pattani, Songkla e Yala il 28 aprile 2004 dissero che si erano bagnati di acqua santa, di aver scritto sui loro machete “in nome di dio” ed essere entrati in trance prima di aver lanciato l’operazione all’alba.
Furono trovate sul corpo di alcuni insorgenti copie della pubblicazione motivazionale, “ La lotta di Pattani”, che zelanti ufficiali thai si assunsero la responsabilità di definirlo il nuovo corano, nonostante non ci fossero segni di indicazioni teologiche.
Sebbene quella rete abbia avuto vita breve per la semplice ragione che i machete non erano sufficienti contro le mitragliatrici, l’operazione ispirò comunque molto rispetto tra la gente del posto. Non solo instillò paura reale dell’apparato della sicurezza thai, ma molti si sentirono presi dal fatto che così tanti giovani avessero dato la propria vita per la causa.
Un giovane durante il confronto denso usò gli altoparlanti per incitare la gente musulmana all’insorgenza contro “gli invasori siamesi”. Il generale Pinmanee, che era il militare di più alto grado a Pattani ordinò quindi un assalto alla moschea per paura di una possibile insurrezione cotrno le forze thai.
L’idea del rilascio di capi del PULO è apparso varie volte ma nessun governo ha agito per paura di ripercussioni politiche. Sia rappresentanti malesi che thai non riuscivano a capire le conseguenze dell’arresto dei capi del PULO finché il primo ministro Yingluck Shinawatra scelse i colloqui di pace.
Di recente Samaae ha detto che non ha mai creduto che sarebbe stato arrestato dalle autorità thai dal momento che era coinvolto nella facilitazione di colloqui segreti tra le due parti. Fonti del BRN hanno detto di non voler finire in carcere come i fratelli Thanam aggiungendo che non avrebbero sostenuto un colloquio di pace se non totalmente preparati e che Bangkok non li avrebbe ingannati nel modo in cui ha fatto con il PULO.
L’estradizione dei prigionieri ricordava ai capi di lungo corso del movimento Pattani che Kuala Lumpur avrebbe sempre considerato prioritari i legami bilaterali con la Thailandia rispetto al benessere della gente.
Gli arresti del 1998 dei capi del PULO violavano un accordo non scritto tra Thailandia e Malesia in cui si affermava che, fintanto che i militanti non causavano guai al paese ospite, la Malesia, non sarebbe mai stata fatta un’azione del genere.
I membri del partito comunista malay avevano ricevuto la cittadinanza thai mentre i capi malesi di Patani in esilio ebbero la cittadinanza malese o il permesso di andare in un paese terzo.
La lotta armata del Partito Comunista Malese e dei Malay di Patani apparvero a metà degli anni 60 ma scomparvero a metà degli anni 80 e primi anni 90. La prima era un’insorgenza comunista mentre la seconda una lotta nazionalistica ed etnica. Le autorità thai, però, non facevano distinzioni tra le due ed erano attenti solo ad applaudire a se stessi per il lavoro ben fatto. Rispetto all’ondata odierna di separatismo, gli anni 90 si sono dimostrati la calma prima della tempesta, un periodo quando una nuova generazione di combattenti erano stati cresciuti a riprendere dal punto in cui i loro predecessori aveano lasciato.
Questa volta, invece di attendere l’aiuto dei paesi musulmani del Medio Oriente o del Nordafrica, sarebbero diventati autosufficienti. Fino a quando restava attiva la narrazione di una Patani Malay il sostegno morale e logistico della popolazion locale era più o meno garantito.
Oggi nonostante la retorica di una pace e del processo di pace, la violenza dell’insorgenza nella Thailandia di lingua Malay continua senza sosta e senza una visione di possibile fine.
Don Pathan, Patani Forum (www.pataniforum.com).Thenation