La saggezza popolare dice che a salvare la Malesia dal peggior disastro finanziario asiatico fu il primo ministro del tempo Mahatir quando impose il controllo dei capitali, fissò la moneta malese e lanciò una guerra verbale contro gli spculatori.
E’ vero che la Malesia evitò gran parte del caos che abbattè le economie indonesiane, coreane e thailandese. Ma gli eventi di oggi mostrano perché a 18 anni di distanza, la Malesia si avvolge come il paese messo peggio nella regione.
I vicini malesi si ripresero migliorando la trasparenza, rafforzando i sistemi finanziari w limiando la collusione ta settori pubblico e privato. Una tale urgenza non ha mai percorso la Malesia dove la coalizione al potere ha mantenuto il potere per quasi sei decenni.
I miglioramenti nella governance delle imprese malesi sono stati lenti ed ineguali. Le speranze per una fine a 46 anni di politica affermativa che beneficia solo la maggioranza malese mentre blocca la produttività e manda via gli investitori esteri, sono naufragate. Gli sforzi di eliminare la corruzione e di portare l’economia a non dipendere dall’esportazioni energetiche sono stati timidi.
I guai economici di oggi sono il risultato di quella compiacenza. Se avesse lavorato duro il governo malese a rafforzare i fondamentali dell’economia e convincere gli investitori globali, lo scandalo di Najib non avrebbe mandato la moneta malese ai suoi minimi in 17 anni.
Se il governo di Putrajaya, dove risiede la capitale amministrativa della Malesia, avesse fatto di più per internazionalizzare la cultura finanziaria, gli investitori esteri non cercherebbero ora di uscirsene. L’indice della borsa malese è caduto di oltre 11% dal suo picco del 11 aprile, mentre le riserve in moneta estera sono scese sotto i 100 miliardi di dollari per la prima volta dal 2010.
Come ben esposto nei giornali, Najib si trova di fronte a domande su 700 milioni di dollari che si sono mossi da agenzie del governo e compagnie di proprietà dello stato verso conti bancari che portano il suo nome. Najib nega e la agenzia contro la corruzione malese dice che si tratta di donazioni. Ma la sfiducia degli investitori esteri verso il governo malese risale alle politiche perseguite nei 18 anni passati.
Forse la decisione più nota fu quella di Mahathit del 1998 di cacciare il suo vice primo ministro e ministro delle finanze Anwar Ibrahim.
Dopo mesi di scontri con Anwar sulle riforme del dopo crisi, Mahathir lo caccia e si nomina ministro delle finanze, una brutta centralizzazione del potere che esiste anche ora e che ha permesso a Najib di creare e presiedere alla compagnia di stato piagata dagli scandali 1MDB.
E quando Najib ha di recente cacciato il vice primo ministro Muhyiddin Yassin, il quale chiedeva risposte dal suo primo ministro, è sembrato che la storia si stesse ripetendo. Proprio come nel 1997 e 1998 il governo è più concentrato col serrare dei ranghi che nel dare nuovi strumenti all’economia.
Anche Indonesia, Corea e Thailandia hanno la loro dose di guai con la Cina che traballa e la Federal Reserve si prepara ad alzare i tassi di interesse. Ma la fuga dei capitali crescente della Malesia è particolarmente preoccupante.
La Banca Centrale Malese sembra lottare per rallentare la caduta del 18% dela moneta malese sui dodici mesi scorsi. La moneta è ora al punto più basso dalla partenza di Anwar nel settembre 1998 che si dirige verso un fermaglio di cattivo auspicio: Mahathir è ora tra quelli che suggeriscono che la Malesia blocchi di nuovo la sua moneta.
C’è ora di certo minore stigma a tali politiche di quanto ce ne fosse allora. Nel 1998 il fondo monetario internazionale definì la politica malese “un passo retrogrado”. Nel dicembre 2002 il fondo la definiva un’ancora di stabilità. E Il fondo da notare non attacco la Grecia per aver imposto il controllo dei capitali, come Mahathir fece nel 1998.
Ma la sola menzione di un altro ancoraggio della moneta suggerisce che il potere politico malese è ancora più preoccupato con i sintomi dei problemi del paese che con le cuase sottostante.
La moneta malese non cade a causa delle speculazioni che l’attaccano. Le proprietà malesi soffrono perché il governo non è riuscito a fare il mantenimento fondamentale, in parte perché ha evitato il peggio del 1997 e 1998 come Bangkok Giacarta e Seul non potevano.
Mentre questo verrà in mente agli investitori la pressione a vendere si intensificherà. Le proprietà all’estero governative e private della Malesia sono cadute del 2.4% a luglio mentre cominciava a permeare l’area di un senso di crisi.
La Malesia non sta collassando. Con la crescita moderata e il molto rispettato capo della banca centrale malese, i rischi di crollo sono limitati. Ma i rappresentanti malesi si sbagliano a pensare che la caduta della moneta non riflette i fondamentali finanziari. Li riflette eccome, ed è quello il problema reale che si può far risalire al 1997.
William Pesek, bloomberg.net