Il regime militare, all’indomani del golpe del 22 maggio 2014, promise di riportare nella società unità e riconciliazione. Ma ogni sforzo di riconciliazione è stato minato in modo significativo dalla campagna intensa del regime di centralizzazione e di amministrazione dall’alto.
Ci sono preoccupazioni crescenti secondo cui l’adozione da parte del governo dell’articolo 44, che gli conferisce enormi poteri, e l’uso rigido della legge di lesa maestà, che spesso diventa un mezzo politico per rovinare un nemico potrebbero ulteriormente allargare la divisione politica.
Questo può spiegare perché l’impegno da parte di Prayuth e della NCPO verso un percorso politico ha fatto poco per alleviare le ansie tra alcuni politici e frazioni democratiche.
L’adesione da parte della elite di Bangkok allo stile di gestione amministrativa dall’alto vuol dire che si sono alienati dalle richieste locali di decentralizzazione. Come davvero una riforma nazionale potrebbe avere successo senza l’apertura della propria mente?
“Se i rappresentanti del governo, il governo e la classe media operano ancora con una forma mentale dirigistica non potremo abbracciare le aspirazioni differenti di quelle persone nel corso di un futuro più riconciliatorio e meno conflittuale” sostiene il professor Duncan McCargo dell’Università di Leeds che parlava al “Forum della Thailandia 2015: la società in transizione” presso ISAS di Singapore.
Il docente, coautore dello scritto “Exit, Voice, (Dis)loyalty? Nordest della Thailandia dopo il golpe” con il lettore della università di Ubon Saowanee T Alexander, ha detto che la relazione tra Bangkok e le altre regioni, come il Nord e nordest, sono state affette da tensioni strutturali e storiche da decenni.
Nel caso dell’Isan, secondo McCargo, Bangkok ha svalutato la “Laocità” (un analogo per thailandesità per la popolazione di origini Lao) del nordest ridefinendo le province e degradando i regnanti originali durante il periodo di centralizzazione.
Il vecchio Siam esercitò il controllo centrale dando ai monaci siamesi autorità sul clero nel nord e nordest. Per consolidare il potere Bangkok rimosse anche le elite locali inviando propri uomini a governare le regioni.
Oggi l’elite di Bangkok riesce ancora a sopprimere gli attivisti contro il golpe ma resta la resistenza, secondo McCargo.
Tenere repressi 20 milioni di persone può funzionare per un erto periodo di tempo, ma il controllo rigido, avvolto nel pacchetto del riportare la felicità, non può durare per sempre.Quando cambiano le condizioni politiche ci sarà prima o poi una risposta negativa le cui ripercussioni saranno più difficili da gestire” ha detto McCargo che è autore di quattro libri sulla Thailandia.
Le richieste di decentralizzazione che provengono da varie parti del paese sembravano essere la soluzione per calmare la insoddisfazione in alcune regioni. Ma il processo di decentralizzazione è stato bloccato dal golpe.
I governi locali a livello provinciale e di sottodistretto sono l’eredità delle insurrezioni del maggio nero del 1992 quando ci furono grandi domande di decentralizzazione. La burocrazia centrale ha resistito sempre, dice il professore Achakorn Wongpreedee, ma è stata la giunta NCPO che alla fine ha proibito le elezioni dei corpi amministrativi locali. Il consiglio comunale di Bangkok è stato rimpiazzato da un corpo nominato sotto il comando di un burocrate di città Kriangsack Lohachala.
“E’ un passo indietro molto cattivo”. Infatti questa operazione ha cancellato la curva di apprendimento e sviluppo della democrazia a livello locale. Nonostante le preoccupazioni giuste sulla diffusa corruzione e cattiva gestione delle città, il sistema ha bisogno di essere aggiustato, non distrutto politicamente o eliminato. La decentralizzazione e la democrazia locale sono la soluzione migliore a questi problemi. Senza di loro riforma e riconciliazione sono parole senza senso.
Achara Ashayagachat, Bangkok Post.