L’attuale instabilità dei sistemi finanziari in tutto il mondo, guidati dalla recente discesa del mercato azionario cinese, denominato come “Lunedì Nero”, ha preoccupato molti commentatori sullo stato della Rupia Indonesiana e di un possibile ritorno della crisi finanziaria asiatica del 1997.
Nel mese scorso abbiamo visto scendere la Rupia al minimo di 17 anni sprofondando dall’essere una delle monete meglio performanti ad una delle peggiori in Asia che peggiora i problemi più vsti macroeconomici dell’Indonesia: il suo deficit corrente che cresce, l’alta inflazione e la crescita economica che rallenta.
Il collasso volatile della rupia non fa crescere la fiducia degli investitori nell’economia indonesiana. La Banca centrale ha affermato ripetutamente che il deprezzamento della Rupia fa bene alle esportazioni dal momento che dovrebbe teoricamente rafforzare la competitività dei beni da esportazione, ma è passato un anno ormai di continuo deprezzamento, le esportazioni sono restate deboli. Invece una rupia più debole ha reso più difficoltoso pagare il debito estero, facendo salire i prezzi dei beni importati e rendendo gli investimenti più costosi.
Tristemente quello che accade ora nel mercato fa eco all’analisi fatta nel documento di Greenpeace del 2014 “Come l’estrazione del carbone fa soffrire l’economia indonesiana”. Quel documento sosteneva che la nostra economia legata alle esportazioni ha reso l’intera economia suscettibile alle volatilità del mercato delle merci globali che dipendono molto dalla domanda cinese.
Da notare che il pezzo del carbone è ora sceso sotto i livelli della crisi del 2009 per la prima volta in un decennio rendendolo ufficialmente una delle merci più deboli al mondo.
Durante il boom dei prezzi del carbone l’industria mineraria si promuoveva come un fattore di crescita economica e di sviluppo sociale, anche se non ha mai contribuito più del 4% al IL dell’Indonesia. Ora che il mercato del carbone sprofonda in una spirale della morte, ci sono ancora meno prove dei benefici di lungo termine per l’economia indonesiana.
Quando i prezzi del carbone erano alti, si era scritto che oltre 4000 licenze minerarie erano state emesse illegalmente e compagnie come la Bumi Resources, la maggiore estrattrice di carbone in Indonesia, erano state accusate di aver evaso di pagare migliaia di miliardi di rupie in tasse e diritti. Ora che il mercato è crollato questa compagnia ha detto di aver perso 555 milioni di dollari nella prima metà dell’anno, e si trova davanti a richiesta di bancarotta da parte dei creditori.
Mentre abbiamo applaudito il presidente Joko Widodo per aver spostato la spesa del governo lontano dai sussidi e verso gli investimenti di capitale nella sua bozza di finanziaria per il 2016, chiaramente abbiamo bisogno di una azione più diretta per affrontare il settore estrattivo a cui è stato permesso di operare per troppo tempo con indennità.
Per tutta l’intera catena di rifornimento del carbone, dalla miniera alle centrali, l’industria non solo destabilizza l’economia del paese ma porta costi sociali estremamente alti in termine di impatto sociale sulla salute e sul clima.
L’estrazione del carbone è stato in conflitto con le industrie dell’agricoltura e della pesca per anni, anche se queste industrie primarie impiegano grandi numeri di persone che dipendono fortemente dal loro lavoro per sostenersi. Nel Calimantano, l’isola del carbone, è cosa usuale vedere la foresta tropicale e le risaie sovrapporsi con gigantesche concessioni di miniere di carbone a cielo aperto che lasciano l’acqua e le risorse della terra del posto a rischio di inquinamento. Spesso le acque di falda sono prosciugate, le foreste eliminate e il ricco terreno fertile rimosso dalle compagnie minerarie.
In modo simile una gigantesca centrale a carbone ha diviso le comunità a Batang con 75 contadini dei villaggi che rifiutano di vendere la propria terra nella speranza di proteggere il proprio sostentamento.
Oltre a rivedere le concessioni minerarie, le royalties e sussidi, la gente dell’Indonesia ha bisogno di vedere l’impegno forte che il finanziamento infrastrutturale, come promesso dal presidente, non sarà diretto alle industrie estrattive e sfruttatrici come il carbone.
Crediamo che il governo può fare una crescita economica ed uno sviluppo forte ed inclusivo se abbraccia nuovi tipi di produzione di energia che incrementino la produttività nei settori non di merci del paese. Il futuro dell’Indonesia può essere prospero e libero dal carbone, ma perché accada il governo ha bisogno di iniziare a mostrare qualche impegno serio in favore di questi obiettivi.
Arif Fiyanto, Greenpeace, JakartaGlobe.com