Ma in questa città profondamente divisa non può esserci maggiore contrasto che quello tra chi ha esercitato il proprio diritto di voto e chi ne era stato privato. Il modo in cui le due comunità vedono le elezioni, le questioni discusse e quello che è in gioco per loro sono tanto separati da toccarsi appena.
Da una parte i cittadini aventi il diritto di voto, la stragrande maggioranza di loro arakanesi, è andata in massa ai seggi. In alcuni la partecipazione è stata così massiccia e il processo di voto così lento che, al momento della chiusura del seggio, ci sono state alcune scene caotiche di persone che spingevano per entrare a deporre la scheda nell’urna.
“Queste elezioni sono la nostra possibilità di costruire uno stato democratico federale e condividere tutto in modo uguale con i birmani” ha detto a DVB il candidato del Partito Nazionale dell’Arakan, ANP, Maung Thin Khane.
Dall’altro lato della divisione, decine di migliaia di Rohingya musulmani, che vivono nei campi dei rifugiati interni vicino la città e a Aung Mingalar, il ghetto musulmano, hanno avuto poco da celebrare. I Rohingya, che soffrono la persecuzione da parte del governo birmano da decenni e che sono stati resi apolidi dalla controversa legge della cittadinanza del 1982, sono stati privati del diritto di voto per queste elezioni, accrescendo ulteriormente la loro marginalizzazione dalla società birmana.
“Ho il cuore a pezzi perché non abbiamo potuto votare. Ora abbiamo paura di non avere rappresentanti o voce in parlamento. Significa che siamo definitivamente esclusi in Birmania” dice Kyaw Hla Aung, un avvocato in pensione che fu candidato nelle elezioni del 1990 per il partito democratico nazionale per i diritti umani, arrestato quattro volte dal regime militare e dall’amministrazione quasi civile di Thein Sein per la sua militanza.
Un’elezione per lo più arakanese
La calura ed il sole cocente non hanno impedito a migliaia di elettori di andare ai seggi per tutto il giorno a porre la scheda nell’urna. In ogni seggio visitato dal DVB, c’erano lunghissime code per tutto il giorno. Molti uscendo dal seggio mostravano con orgoglio il loro mignolo macchiato dell’inchiostro indelebile per confermare di aver già votato.
Per tanti arakanesi, è stata la prima possibilità di dare un voto. Aung Nyein di 21 anni non potè votare nel 2010 perché lavorava a Singapore. “Spero che il paese cambi per il meglio con queste elezioni. Ho votato per ANP perché credo che i sui capi faranno il meglio per la nostra gente” ha detto dopo aver lasciato il seggio.
Ma Sein Nyo, madre di nove figli, ha votato per la terza volta nella sua vita, dopo le elezioni del 1990 e 2010. Mentre ha detto di aver votato per ANP, si è mostrata meno entusiasta del giovane. “Non ho visto grandi cambiamenti nella mia vita, quindi non posso dire che le cose cambieranno con queste elezioni.” dice all’uscita del seggio. “Ho votato perché è mio dovere come cittadino, ma i politici faranno quello che piace loro”.
Durante il giorno, man mano che si avvicina l’ora della chiusura, ci sono decine di persone in fila, e sono scoppiate alcune scene caotiche quando è stato annunciato che avrebbero chiuso le porte. Alla fine è stato esteso il periodo di tempo per votare di qualche ora. Per la strada a solo un centinaio di metri, decine di militanti del ANP si sono radunati di notte di fronte alla sede del partito, festeggiando per i risultati provvisori che venivano da qualche cittadina.
Gli arakanesi hanno un senso forte di identità, e ANP si presenta come un rappresentante della nazionalità. Mentre la lega nazionale della democrazia, NLD, sembra aver vinto tutti gran parte dei seggi in tutti i parlamenti che rappresentano lo stato dell’Arakan, forse vorranno fare un’alleanza con ANP. “Mi fido poco del NLD. Non ci sono rappresentanti etnici nella testa del partito, è un partito Bamar (della maggioranza birmana), ma credo che essi credano nei diritti delle minoranze. Il padre di Suu Kyi, Aung San credeva nel federalismo.” ha spiegato il candidato Maung Thin Khane.
Il ghetto
Ad Aung Mingalar l’atmosfera è di un contrasto netto nel solo quartiere musulmano lasciato a Sittwe centro. Circa 4000 persone sono confinate lì dall’ondata di disordini razziali che sconvolse la città insieme ad altre aree nello stato Arakan nel 2012 colpendo per lo più i Rohingya.
Il senso di scoraggiamento è palpabile in questo ghetto il giorno dopo le elezioni. Impossibilitati ad uscire dal ghetto per lavorare, i residenti sembrano girovagare sena sosta per le strade senza molto da fare. Poiché non sono tecnicamente delle persone dislocate internamente, IDP, non ricevono aiuti dalle agenzie estere e l’economia del posto dipende per lo più dalle rimesse dei parenti di Rangoon o emigrati all’estero.
Nel piccolo mercato varie bancarelle hanno il pesce che in pochi possono permetteri. Il prezzo è dieci volte quello del mercato della città, perché si deve pagare la polizia che gestisce i punti di controllo posti su ogni strada che porta al quartiere.
Pervade il ghetto un acuto senso di insicurezza. Secondo un capo locale che vuole restare anonimo, nei giorni che precedettero le elezioni, temendo un’incursione degli “estremisti Arakanesi”, la comunità organizzò un gruppo di 70 giovani per dare la sicurezza di notte.
Baser è un giovane che con sua moglie e i tre bambini vive sul confine di Aung Mingalar. Sono solo pochi metri che lo separano da una fila di case di proprietà di Arakanesi buddisti. Secondo lui qualche decina di persone si sono radunate ad alcune decine di metri da lui la notte dopo le elezioni per provocarlo con inni nazionalistici e con lancio di pietre contro le finestre.
I voti dal Ghetto
Mentre i votanti arakanesi buddisti si contano a decine di migliaia, solo pochi musulmani hanno potuto votare. Sono i Kaman, una minoranza musulmana che diversamente dai Rohingya è inclusa nella lista dei 135 gruppi etnici riconosciuti dal governo birmano.
Sono i Kaman cittadini birmani e non sono considerati “immigrati clandestini” dal Bangladesh come i Rohingya, ma molti di loro soffrono le stesse condizioni da apartheid da quando successive ondate di violenza avvelenarono, forse in modo irrimediabile, la già fragile coesistenza tra le comunità Arakanesi e Rohingya. Molti Kaman di Sittwe persero la casa e gli affari durante quella violenza, ed ora vivono in campi fuori della città, mentre altri cono confinati a Aung Minalar. 26 Kaman di Aung Mingalar ed altri 70 dei campi hanno avuto l’opportunità di votare domenica.
Ma Ma Lay è una donna Kaman che vive in una casa ad Aung Mingalar con sette parenti. “Ho votato con gli arakanesi in un seggio qui vicino. E’ stata la prima volta che ho visto qualche conoscente Arakanese dalle violenze del 2012. Mi hanno chiesto della famiglia e sono stata contenta di vederli. Non provo odio nel mio cuore.” dice la donna. “Ho votato per NLD e il Kaman Development Party. Quello di cui abbiamo bisogno è la pace, lavorare e vivere tranquilli. Credo che Aung San Suu Kyi aiuterà i musulmani in Birmania, ma il nostro destino è nelle mani di dio”
Ba Thin è un altro Kaman che ha avuto la possibilità di votare domenica. L’uomo vive con la famiglia nel campo di That Kal Pyin per gli IDP vicino Sittwe. Ha perso le proprietà nelle violenze del 2012. Come altri Kaman intervistati ha riposto le sue speranze su NLD. “Aun San Suu Kyi è un capo esperto e ha vinto un Nobel, credo che la vittoria del suo partito farà bene ai musulmani in Birmania.”
Il capo del campo, Ozan, un Rohingya a cui non hanno permesso di votare, si attende anche che un governo NLD porti miglioramenti per la gente Rohingya e gli altri musulmani in Birmania. “Sono molto triste perché non abbiamo potuto votare, ma credo che una vittoria per NLD porterà un cambiamento per noi. Il padre di Aung San Suu Kyi era amico dei musulmani; U Razak era vicino a lui, per esempio, e credo che lei seguirà i passi del padre. Credo che cambierà la legge della Cittadinanza del 1982.
Quando DVB chiese ad Aung San Suu Kyi in una conferenza stampa alcuni giorni prima delle elezioni se avrebbe provato a cambiare la legge della cittadinanza, lei rispose: “Questo è qualcosa che non decido da sola. Quando si parla di leggi è qualcosa che decide tutto il parlamento”
Alri Rohingya sono stati più scettici sul NLD. Kyaw Hla Aung, avvocato e militante di lungo corso, non crede che Aung San Suu Kyi migliorerà la situazione per la sua maltrattata gente nei campi. “Non è mai venuta qui, ma nega l’esistenza dei Rohingya. Nega il genocidio contro i Rohingya. Non è venuta qui a studiare cosa succede in questa area” dice l’avvocato ed aggiunge: “Non abbiamo scelta. Ci sono due partiti: USDP e NLD. USDP tortura i Rohingya e quindi dobbiamo andare dall’altra parte. Ha vinto il premio Nobel e la comunità internazionale la sostiene e le dà consigli. Così la nostra gente si attende di poter avere qualcosa da lei”.
In ogni caso quello che molti musulmani temono nello Stato dell’Arakan è una vittoria per ANP. Sull’alleanza possibile tra ANP e NLD Kyaw Hla Aung dice: “La situazione peggiorerebbe per i Rohingya e i musulmani”.
“Se l’ANP vince nell’Arakan potrebbero chiedere al governo di cancellarci dall’Arakan. Il capo dell’ANP Aye Maung ha condotto la violenza contro di noi, ma il governo non ne ha fatto nulla” dice un capo della comunità a Aung Mingalar.
Secondo un’indagine della Reuters nel 2012, il Rakhine Nationalities Development Party (RNDP) l’incarnazione precedente del ANP prima della fusione con Arakan League for Democracy organizzò gli attacchi contro i musulmani nell’ottobre 2012 che distrussero i quartieri musulmani nelle cittadine come Kyaukphyu.
Una pace fragile
A tre anni da quella violenza mortale che percorse lo stato Arakan, la situazione a Sittwe resta ingannevolmente calma. Ad eccezione di Aung Mingalar, la città è stata completamente ripulita di una presenza musulmana, e la separazione tra le due comunità si è radicata fino a diventare uno status quo che potrebbe essere molto difficile da cambiare: i campi e e la ghettizzazione dei Rohingya sembra dover rimanere indefinitamente.
“Abbiamo la pace ora nello stato dell’Arakan” dice Tun Myint Thein, uno dei direttori di una ONG locale arakanese associata debolmente con ANP e che lavora con le comunità locali. “Il problema con i musulmani è accaduto a causa del governo. I musulmani sono la corda che il governo ha posto attorno al nostro collo. Solo l’ANP può difendere la nostra gente. Sosteniamo NLD e sosteniamo un’alleanza tra ANP e NLD ma non possiamo credere che Aung San Suu Kyi sulla questione musulmana, perché lei è sotto pressione da parte del mondo occidentale. Non crediamo che neanche USDP può risolvere questo problema perché loro lo hanno creato”
Ma per Tun Myint Thein, la questione principale in ballo per lo stato nelle elezioni non era tanto il problema musulmano, ma lo sviluppo dello stato e dei benefici che può raccogliere dalle risorse naturali. “La gente dell’Arakan non trae benefici dal gas offshore. Appartiene al governo; vendono il gas ai cinesi e si tengono i profitti. Speriamo che l’ANP provi a cambiare questo.”
Questi problemi, però, sembrano lontani dalla mente dei Rohingya. Quello che da una parte della divisione sembra pace è un senso di disperazione dall’altro lato. E’ cambiato poco nei campi da quando furono istituiti 3 anni fa. Salute, scuola e alimenti sono ancora del tutto inadeguati ma stanno diventando un ecosistema che forgia profondamente il morale di tanti specie dei giovani.
“Ho paura dei piccoli, il loro carattere è cambiato. Ora vivono chiedendo l’elemosina perché vedono che chiunque vive da quanto dato dalle organizzazioni umanitarie, e non sentono il bisogno di lavorare. Le scuole non sono buone perché lavorano persone dei campi che non hanno una preparazione adeguata ed è difficile gestire i ragazzi” spiega Ozan, responsabile di Tat Kal Pyin.
Mentre le elezioni offrono la speranza a milioni di musulmani, per molti Rohingya il significato è molto differente: l’ultima prova della loro esclusione. “Non credo sarà più possibile vivere insieme insieme agli Arakanesi” dice Kareem, giovane insegnante di Aung Mingalar. “Credo che la sola opzione è di andare a vivere in un altro paese, perché per noi non c’è futuro qui”.
CARLOS SARDINA GALACHE, DVB