Le abitudini dure a morire delle dittature in luoghi come la Birmania
BODERLESS: E’ preoccupata sull’influenza che i monaci radicali possono avere sul paese e sulle elezioni?
Non è solo nel momento delle elezioni che ci si deve preoccupare di chi afferra il potere in nome della fede. Come ha detto l’importante monaco buddista Shwe Nyar War Sayadaw, la religione è il migliore strumento di Marketing in politica. Parlava delle concessioni del governo attuale ai nazionalisti buddisti – una contraddizione in termini – come di un mezzo per ottenere un vantaggio nelle prossime elezioni. La corsa ai voti sembra mettere in luce la simbiosi corrotta tra un clero radicalizzato e i militari politicizzati. L’organizzazione ultra nazionalista buddista conosciuta come Ma Ba Tha, che sta per Associazione per la protezione della razza e della religione, è certamente fedele ai propri ideali affermati. Nel loro zelo per proteggere la razza e la religione, vale a dire la loro razza e la loro religione, i membri del Ma Ba Tha hanno acceso e perpetuato violenze contro i musulmani per tutto il paese. Hanno fatto pressioni per far approvare una legislazione che restringe i diritti delle minoranze etniche e religiose. Due delle quattro leggi appartenenti alle quattro leggi della protezione della razza e della religione, discriminatorie che regolano i matrimoni tra fedi differenti e diritti di concepimento, sono state già approvate dal parlamento, dominato ai militari. Senza che sorprendesse nessuno, i capi del Ma Ba Tha hanno promesso di sostenere il partito al governo che sostiene i militari USDP. Il clero in Birmania non vota. Non devono votare, non ne hanno bisogno. Quando chiesa e stato sono in così aperta combutta, è tempo di chiudere le porte di casa a doppio mandato.
BORDERLESS: Mentre la Birmania fa una transizione verso la democrazia, c’è una tendenza preoccupante verso la restrizione della libertà di espressione. Cosa crede che succederà?
Le dittature vendono cara la pelle. E’ nella natura dei governi autoritari guardare alla libertà come un privilegio da dare a cittadini comuni., non come un diritto umano fondamentale. Mi ricorda di una frase curiosa impressionatasi nella mia mente, parole di Alexander Patterson, un penalista britannico degli anni 50. Nella sua proposta di riforma delle prigioni in Birmania, proclamò che tutti i birmani erano “adatti per la libertà.” Il rapporto raccomandava che nessun criminale dovesse passare più di due anni in prigione, ed il miglior modo di riformare il sistema penitenziario birmano fosse di chiudere del tutto le prigioni. Ma è proprio strana l’idea della libertà che sia adatta o meno ad un popolo. E tuttavia questo è il modo in cui governi dispotici hanno sempre pensato, e pensano ancora, dei loro sudditi. La gente è davvero capace di gestire la libertà di parola, di assemblea, di pensiero? “Senza censura” diceva il generale Westmoreland le cose possono diventare molto confuse nella testa della gente”.
BORDERLESS: Tornando alla sua gioventù, può paragonare e restrizioni alla libertà di parola e stampa alla situazione attuale? Vede delle similarità?
Nella mia memoria Il Parasole d’oro, ho scritto della natura delle libertà e restrizioni della stampa nell’era della democrazia parlamentare. Da editore e pubblicista del quotidiano in lingua inglese maggiore, mio padre ED Law Yone era un orte assertore della stampa indipendente. DI frequente era in lite col governo, di solito sul giornale, nei suoi articoli ed editoriali, ma anche nei tribunali. Caratterizzare quell’era come era dorata per la libertà di stampa, come spesso ci si riferisce, significa dimenticare alcune delle sfide reali e delle durezze a cui i giornalisti erano soggetti. Ma non si può negare che giornalisti come mio padre e alcuni di quelli coscienziosi, giornalisti lavoratori potevano esaminare, mettere il dubbio e criticare le politiche del governo, non senza impunità ma con possibilità reali di essere ascoltati. La ragione è che non esistono più nella Birmania di oggi due concetti che un tempo erano importanti: il processo giusto e il quarto potere.
BORDERLESS: Qual’è il suo consiglio sul controllo dei gruppi religiosi radicali e sulla prevenzione dal non farli diventare troppo influenti?
La risposta migliore è migliorare le condizioni di vita dei più poveri, dei denutriti e delle popolazioni senza istruzione che forniscono la base del fanatismo religioso. La frase di Marx sulla religione come oppio dei popoli la si capisce meglio se leggiamo la frase precedente. “La religione è il sospiro della creatura oppressa, è l’anima di un mondo senza cuore, di un mondo che è lo spirito di una condizione senza spirito”. Le misure razionali non possono funzionare come un pesticida che distrugge le radici del fondamentalismo. Nessun contenimento del pericoloso fanatismo si è provato efficace, almeno non dai tempi dell’inquisizione
BORDERLESS: Da dove si origina il sostegno a gruppi radicali come Ma Ba Tha? Perché c’è gente che li segue?
Ma Ba Tha e Movimento 969 sono organizzazioni estremiste determinate a voler eguagliare buddismo e nazionalismo. I loro capi sembrano posseduti dall’idea di una nazione puramente buddista, come se potesse esistere qualcosa di simile. Una nazione è noto come sia difficile da definire, ma la Birmania pensata da tali ultra nazionalisti si adatta bene alla definizione famosa di una nazione come “una società unita dalla delusione del loro passato e dall’odio comune dei vicini”.
Nel caso birmano i vicini includono spesso membri delle minoranze etniche della stessa nazione. I capi di Ma Ba Tha e gruppi simili sanno bene sfruttare questi odi e delusioni per accrescere le loro ambizioni religiose e politiche. Quello che non si dice spesso è che il pregiudizio razziale e la discriminazione non sono confinate alle classi senza nulla e senza istruzione. Sono costantemente presa alla sprovvista dalla virulenza dei birmani ricchi, privilegiati e apparentemente ben istruiti, sia lì che all’estero, verso le minoranze che considerano minori rispetto a loro stessi. E non è un fenomeno nuovo. Di recente ho scovato un editoriale di mio padre del 1952 del suo giornale TheNation. Allora come ora è sia prescrittivo che preveggente: “Le razze chesi fregiano della purezza del sangue, che lo sono come lo sono i giapponesi, o poiché lo hanno purificato come i tedeschi, sono quelli che sono giunti al dolore … Sarebbe futile negare che i sentimenti nazionalistici intensi non esistono … ma il nazionalismo miope è un’anomalia, una cosa completamente antiquata … Più deboli e piccoli ci capita di essere, più importante è per noi promuovere l’idea del cosmopolitismo in cui solo, in questi giorni di predazione, abbiamo la migliore e sola possibilità di sopravvivere”
BORDERLESS: crede che con la questione etnica, l’influenza politica dei radicali, conflitti armati ed altro la Birmania diventa politicamente instabile?rede che dienterà più instabile dopo le eezioni? Perché o perché no?
Se tutto quello che citi vuol dire qualcosa, credo che Arundhati Roy dice la cosa migliore. “Più forte il carnevale nelle elezioni, meno sicuri siamo dell’esistenza della democrazia” Parla dell’India, ma potrebbe benissimo parlare del carnevale in Birmania. Per quanto riguarda la domanda sulla stabilità, la democrazia è il fine affermato dell’attuale governo birmano, ma uguagliare la democrazia con la stabilità è ingenuo quanto la stabilità con la dittatura. Come possono oppressione e governo arbitrario, per quanto siano intrecciati ed assoluti, rendere uno stato stabile? Despoti e uomini forti che fanno casino sulla stabilità sotto il loro governo sono di fatto intrappolati nello stato più precario; gran parte di chi fa casino su unità e pace sono spesso fermamente decisi contro entrambi.
BORDERLESS: C’è qualcosa che le preme dire su ciò che accade in Birmania che non le ho chiesto?
Ora chele riforme permettono più opportunità, si pone grande enfasi sull’istruzione, sebbene è l’enfasi sbagliata a mio avviso. All’inizio dell’anno, nella mia visita in Birmania per lanciare l’edizione birmana delle mie memorie, mi è stato chiesto sempre quale consiglio ho per le giovani generazioni di scrittori che vogliono rifarsi del tempo perso a scoprire gli aspetti sepolti o dimenticati della storia birmana. Rispondevo che scrivere onestamente e on eloquenza sul passato coinvolge non solo l’apprendere ma anche disapprendere aspetti che sono stati loro insegnati a credere o pensare. La cosa richiede per esempio non solo mettere in dubbio la saggezza ricevuta ma forse anche mancare di rispetto ai propri anziani, i saggi, per rendere il servizio al racconto della verità. Riuscii a capire quanto fosse radicale questa idea dal mondo in cui continuavo a non essere compresa. “Allora dice che dovremmo mancare irispetto ai nostri avi anche se vogliamo scrivere onestamente di loro?” Mo continuavo a dire. Dico che bisogna essere reparati a mancare di rispetto per scrivere la verità.
Spero che l’idea prenda piede poiché è solo quando questi bravi, indagatori e coraggiosi scrittori, giornalisti e studiosi cominciano ad esaminare le conseguenze della tendenza birmana tradizionale al rispetto, all’obbedienza e all’idealizzare gli anziani, quando mettono in dubbio i modi in cui sono stati traditi e deviati da generazione in generazione di anziani saggi; solo allora cominceranno a chiarire il percorso per un cambiamento fondamentale nelle condizioni politiche e sociali. Una mancanza di rispetto salutare potrebbe portarli lì prima di un insistente canto per la democrazia.