Senza attendere la risposta dell’attivista del movimento dei diritti della terra l’estraneo esplose sei colpi al petto e alla testa uccidendolo all’istante.
Quel 11 febbraio del 2014, Chai divenne la quarta persona di Klong Sai Pattana, una piccola comunità di 70 famiglie della provincia di Surat Thani ad essere ucciso negli ultimi cinque anni, tutti capi della loro comunità.
Gli altri contadini ricordano Chai che li spingeva a coltivare i loro raccolti nonostante le continue intimidazioni per cacciarli dalle terre. “Diceva lavorate più velocemente perché non sapremo quando moriremo.” ricorda il figliatro Supot Kalasong.
Chi lotta per i diritti della terra in Thailandia si trova sempre di fronte a minacce di morte o violenze. Nel decennio scorso sono stati uccisi 50 militanti secondo Protection International.
Le situazioni più volatili accadono quando le comunità locali si organizzano contro le grandi imprese che essi accusano di inquinamento illegale o di creare piantagioni su terre aquisite illegalmente.
A maggio 2014 oltre 300 persone mascherate armati di coltelli e pistole attaccarono gli abitanti di un villaggio che avevano bloccato una strada che portava ad una miniera nella provincia di Loei. Gli abitanti accusavano che la miniera aveva inquinato le loro risorse acquifere facendoli ammalare.
Gli assalitori legarono gli abitanti che per le sette ore successive furono picchiati mentre le donne erano minacciate di essere stuprate. Sette abitanti dovettero finire all’ospedale.
Lo stesso mese Krissada Jirapun, avocato che aiutava i contadini senza terra, fu ucciso nella provincia meridionale di Phattalung.
Poi a novembre Pitan Thongpanan, un attivista che si opponeva alle oprazioni della miniera di barite vicino alla terra del suo villaggio, fu ucciso con nove colpi a Nakhon Sri Thammarat nel meridione thailandese.
Solo quattro giorni dopo il militante Somsuk Kokrang fu ucciso nella provincia occidentale di Krabi dove era andato per denunciare l’illegalità di una piantagione di olio di palma da olio.
I continui attacchi hanno spinto l’Alto Commissario per i diritti umani dell’ONU a spingere le autorità thai a “prendere misure urgenti” per proteggere i diritti umani degli accusati.
“Le comunità colpite dai grandi progetti di terra si affidano a tali coraggiose persone per far sentire le loro preoccupazioni e difenderei loro diritti” disse il portavoce Rupert Colville.
Nella maggioranza dei casi si assiste ad una combinazione di corruzione, burocrazia corrotta, politici del posto e rete di criminali e talvolta polizia del posto che assicurano che nessuno degli ideatori o degli esecutori sarà mai preso.
L’unica rara eccezione fu il caso nella provincia di Chacheongsao nel 2014, quando un tribunale condannò chi aveva attaccato e gli ideatori dietro l’omicidio del 2013 di un abitante che aveva portato avanti la lotta contro la discarica abusiva di reflui. Uno dei colpevoli era un rappresentante dell’agenzia del lavoro ment altri due erano due sergenti dell’esercito.
Un portavoce nazionale della polizia Kissana Phathanacharoen ha detto che la polizia faceva del proprio meglio per affrontare tali crimini ed avevano creato un database di sicari a pagamento. Ma il portavoce ammetteva che era veramente economico affittare qualcuno, appena un migliao di dollari.
“Si da la caccia alle ombre”.
Chi ha ucciso Chai deve essere ancora arrestato.
I residenti di Klong Sai Pattana sono da anni implicato in questa disputa della terra contro un’impresa di olio di palma. Lo scorso maggio la corte suprema ha detto che l’ufficio della riforma agricola, ALRO, poteva reclamare la terra dall’impresa per distribuirla ai contadini senza terra. La ALRO vuole invece che i residenti si allontanino.
Gli assassini hanno creato la paura non solo dentro le comunità delle vittime ma anche tra i capi delle comunità che provano a parlare contro sulle questioni che possono colpire gli interessi del governo o delle imprese.
Penchonm Saetang che è a capo di Ecological Alert e Recovery ha detto:
“Alcuni si scoraggiano, altri mantengono un profilo basso o diventano inattivi.”
I militanti per la propria sicurezza viaggiano in gruppo oppure diffondono false notizie sui loro movimenti per liberarisi dei possibili persecutori.
A Klong Sai Pattana gli omicidi dei capi comunità hanno creato ansia e voglia di lottare. Un fine settimana dello scorso settembre gli aitanti hanno ricordato pubblicamente Chai e gli altri tre prima di lui in una cerimonia sentita fatta di canti e poesia. Poi un centinaio di loro si sono mossi verso i quattro punti di osservazione eretti al confine della terra, pronti per i loro turni di guardia e dare l’allarme ad ogni segno di intrusione.
Tan Hui Yee TheSraitsTimes