L’attacco terroristico di Giacarta che ha fatto quattro morti tra i civili e quattro terroristi morti potrebbe essere l’avvisaglia che sta per giungere altra violenza. Suggerisce di certo che l’ISIS che ne ha reclamato la responsabilità si è già trasformato in una minaccia terroristica in Indonesia dopo anni di tentativi per lo più sventati.
L’Indonesia, paese musulmano più popoloso al mondo, ha un piccolo movimento jihadista. Molti fattori hanno tenuto sotto controllo il radicalismo: un governo democratico stabile, conflitto interno basso, vicini pacifici e tolleranza per chi difende la legge islamica. Ha anche un’efficace polizia antiterroristica istituita dopo le bombe del 2002 a Bali.
Le bombe a Bali, che fecero oltre 200 morti, segnarono l’apice della capacità terroristica in Indonesia. Chi pose le bombe appartenevano a Jemaah Islamiya, JI, addestrati sulla frontiera pachistana afgana, finanziati da Al Qaeda. Sebbene questi attacchi fossero stati lanciati in nome della Jihad globale, i membri della JI, al pari di altri gruppi estremistici locali, vollero vendicare le morti dei musulmani in scontri tra cristiani e musulmani in due aree dell’Indonesia Orientale, Maluku e Poso. I gruppi coinvolti in quella lotta tra la fine degli anni 90 ed inizio 2000 gettarono le basi er una rete estesa di cellule jihadiste che sono tuttora in Indonesia.
Il movimento jihadista si indebolì e si divise dopo gli arresti seguiti alle bombe di Bali e la fine delle guerre locali, senza però scomparire. A metà degli anni 2000 JI decise che la violenza era molto controproducente e diresse i propri sforzi verso la propria ricostruzione attraverso lo sforzo religioso e l’istruzione. Altri gruppi estremisti, anche fuoriusciti della JI stessa, rimasero impegnati nella Jihad senza però avere il regime di addestramento, il processo di indottrinamento e la disciplina di JI. Dal 2010 fino alla fine della settimana scorsa, dei tanti tentativi dinamitardi pianificati nessuno ha funzionato come previsto, e tre attacchi suicidi hanno ucciso solo gli stessi terroristi.
Poi è emersa la minaccia terroristica dell’ISIS e si è aperta la possibilità di andar in Siria ad addestrarsi militarmente, ad acquisire esperienza di combattimento, indottrinamento ideologico e contatti internazionali. Quella che era una minaccia di basso livello è diventata una più seria.
E’ stato riportato che l’attacco di giovedì sia stato organizzato e finanziato da Bahrun Naim, esperto indonesiano di informatica che sarebbe in Siria. Lo scorso agosto furono arrestati a Solo, Giava centrale, tre uomini per aver pianificato un attacco dinamitardo ad un posto di polizia, ad una chiesa e un tempio cinese su istruzione di Naim. Il tempio cinese era una vendetta per la violenza buddista contro i musulmani in Birmania. A Dicembre furono presi altri quattro uomini di Naim che pianificavano un attacco contro persone importanti nella polizia e ad istituzioni sciite.
Anche con una crescita dell’attività terroristica dello scorso anno, l’Indonesia è rimasta al riparo dalle conseguenze per l’incompetenza degli assalitori e per la vigilanza della polizia. Nel 2015 il numero di morti per terrorismo era solo di otto persone, nel 2014 fu di quattro. I terroristi del piano di Solo sembra che non fossero riusciti ad individuare le giuste sostanze chimiche per gli esplosivi, mentre lo scorso attacco sarebbe potuto essere più mortale se gli attaccanti fossero stati più addestrati.
Questa debolezza potrebbe spingere Naim o altri terroristi del Medio Oriente ad inviare militanti in Indonesia per addestrare estremisti locali. E se l’attacco di Giacarta non ha causato stragi di massa che i loro organizzatori speravano, il grande giro di notizie che si è generato potrebbe trasformare il quasi fallimento in un successo ed incoraggiare altri attacchi. Altri simpatizzanti dell’ISIS potrebbero essere interessati a colpire per avere l stessa attenzione. La rivalità tra i due uomini che si dice cerchino il comando dei militanti indonesiani in Siria, Bahrumsyah and Abu Jandal, potrebbe ritornare in Indonesia sotto forma di competizione legale tra i loro sostenitori.
Diventa sempre più pressante perciò il bisogno di ulteriori misure preventive. Una delle necessità è chiudere i buchi nella legge antiterrorismo indonesiana ch al momento non vieta l’appartenenza all’ISIS o simili organizzazioni, o la partecipazione a campi di addestramento all’estero. Persino quando la polizia sa di individui che fanno reclutamento per ISIS hanno pochi mezzi legali per fermarli.
Un altro passo necessario è migliorare la supervisione e monitoraggio dei terroristi condannati dopo il loro rilascio. La rete che sostiene l’ISIS riesce a disseminare di informazioni e contatti nelle prigioni dell’Indonesia anche perché qualunque detenuto può accedere al telefonino. In ogni momento circa 300 persone in prigione o in custodia della polizia in attesa di accuse per terrorismo, e molti di loro mantengono regolari comunicazioni con amici fuori. Decine sono rilasciati ogni anno dopo aver scontato la sentenza e lo stato non fa alcun monitoraggio.
Il governo deve anche sviluppare un programma per chi è tornato in Indonesia. Finora 200 che hanno provato ad unirsi all’ISIS sono stati respinti dalle autorità turche, il 60% di loro sono donne e bambini, e se c’è una popolazione a cui dedicare programmi di deradicalizzazione sono proprio loro.
Queste persone, molto spesso donne, hanno provato la loro determinazione ad andare in Siria od Iraq e potrebbero provarci ancora. Si conosce dove vivono, almeno per il momento, e tanti hanno bisogno di assistenza perché si sono venduto tutto prima della partenza. Il ministero degli affari sociali dà loro un rifugio temporaneo, ma al di là di questo non esiste programma di assistenza strutturato. Il governo deve lavorare con la società civile per attirare questa gente nelle reti sociali nuove.
Infine il paese ha bisogno di impegnare giovani indonesiani con esperienza di computer a sviluppare un messaggio contro l’ISIS sui media sociali dove Naim e gli altri gruppi radicali diffondono attivamente la propaganda dell’ISIS.
Finora la combinazione di una maggioranza moderata, un buon lavoro di polizia e di incompetenza dei terroristi ha mantenuto molto basso il costo in vite umane degli attacchi terroristici. Ma con la crescita dell’ISIS come minaccia terroristica nuova, il governo deve urgentemente sviluppare nuovi programmi per prevenire il diffondersi dell’attrazione dell’ISIS.