Li Xin, giornalista cinese e militante dei diritti umani, scomparso in Thailandia dove si era rifugiato, è ricomparso in Cina mercoledì con una telefonata alla moglie.
In questo primo segno di vita ha riferito di essere tenuto in custodia della polizia dopo un mese dalla sua scomparsa vicino la frontiera con il Laos. Ha detto di esser tornato volontariamente e di essere sotto indagine senza però dire il luogo dove si trova.
Li Xin era fuggito dalla Cina perché aveva rivelato di essere stato costretto a diventare un informatore e per aver rivelato aspetti sulla censura nei media statali cinesi.
Un portavoce del Ministero degli Esteri Thailandese ha affermato che non ci sono indicazioni sul possibile rapimento di Li Xin e che tuttora per loro Li Xin risulta in Thailandia.
Per la moglie di Li Xin, il tono della voce del marito dava idea che seguiva indicazioni di qualcun altro e che non era libero di parlare.
Li Xin si trovava in Thailandia dopo essere passato dall’India, dove aveva sperato di poter ottenere asilo politico negli USA e dove aveva cercato di prolungare il proprio soggiorno. In Thailandia sperava di poter ricevere lo status di rifugiato.
In precedenza ad ottobre l’editore di Hong Kong Gui Minhai con passaporto svedese era scomparso dalla città di Pattaya per ricomparire in una televisione cinese dove ha confessato delle sue disavventure in un incidente stradale che lo hanno portato a lasciare la Cina nel 2003. L’uomo in realtà era ricercato per aver svelato vari scandali della elite cinese.
A novembre due dissidenti cinesi con lo status di profugo ricevuto dall’ONU, Jiang Yefei and Dong Guanping, furono rinviati in Cina perché sospettati di reati di attraversamento illegale della frontiera.
Dopo il golpe del 2014 e la politica thailandese di avvicinamento alla Cina, la vita per i dissidenti cinesi, per i profughi Uighurs è diventata impossibile.
“Siamo in buone relazioni di amicizia con la Cina. Accettiamo i loro turisti e i loro investimenti. Vogliamo trarre benefici dalla crescita della Cina” dice Panitan Wattanayagorn, consigliere della sicurezza del governo Prayuth, il quale aggiunge che la Thailandia continua ad averi stati amici, parte della politica thai di sempre di trovare un proprio bilancio tra le grandi potenze. Con la Cina ha condiviso esercitazioni militari ed ha visto una crescita enorme di arrivi turistici.
“In un momento in cui gli investimenti esteri totali sono crollati del 80% lo scorso anno a causa dell’instabilità politica, gli accordi con la Cina sono fondamentali se si vuole ravvivare l’economia Thailandese. E’ un imperativo finanziario quasi unico per il paese. Sono tanti i paesi che hanno ora la Cina come loro partner di commercio” scrive Time.
Questa crescita dei finanziamenti e questa voglia di ingraziarsi i dirigenti cinesi però hanno un costo sul piano dei diritti umani, particolarmente degli oppositori, dei dissidenti, di giovani delle minoranze etniche. Sono almeno 857 le persone rimpatriate in Cina, da varie parti, grazie alla lunga mano del partito comunista cinese.
Ovviamente il generale Prayuth ha più volte espresso la propria chiara opinione sui diritti umani, sulla democrazia, come la causa del crimine e della decadenza in Thailandia. Ci si può immaginare quindi la sua felicità quando deve esaudire qualche richiesta cinese.
La comunità degli esuli cinesi in Thailandia, un tempo coesa, ora è molto disgregata, divisa, al centro di attacchi informatici e di tentativi di infiltrazione.
Si legge sempre sul Time:
“In Cina sapevo che era pericoloso e potevo prepararmi e fare qualcosa, ma non avrei mai immaginato di dover aver così paura in Thailandia” dice Yu Yanhua una donna fuggira lo scorso anno in Thailandia via terra. Yu era una lavoratrice esemplare di una compagnia di carbone statale da ricevere il premio di Lavoratrice modello Nazionale. Il genero è docente universitario in una delle migliori università cinesi.
Dopo aver lavorato a favore dei diritti scritti nella costituzione cinese col Movimento dei Nuovi Cittadini è andata a finire in carcere varie volte tanto da decidere di dover lasciare la Cina, in una scelta che definisce tragica ma indispensabile.
Yu conosceva i tre uomini cinesi scomparsi di recente. Due, Jiang Yefei e Dong Guangpin, erano stati deportati dalle autorità thai per violazione delle leggi d’immigrazione nonostante avessero i documenti dell’UNHCR per la risistemazione in un paese terzo.
Le autorità Thai negarono di sapere lo status di rifugiati dei due uomini, ma il personale dell’UNHCR e alcuni diplomatici occidentale affermano che i thai lo sapevano. I due erano diessidenti di lungo corso ed avevano fondato un movimento China Democracy Party con Yu ed altri esuli. Jiang era in Thailandia da anni ed era una figura di rilievo clandestina che aiutava gli esuli come Yu a fuggire dalla Cina ed approdare in Thailandia.”
Dell’ultimo esule fatto scomparire dalla lunga mano cinese in combutta col governo di Prayuth, Li Xin Time scrive:
“L’ultimo dissidente cinese a scomparire in Thailandia è il giornalista Li Xin che ha scelto solo di recente l’asilo politico. Li lavorava nelle operazioni digitali di un giornale del meridione cinese prima di fuggire all’estero lo scorso anno. Fino al 11 gennaio era in contatto con la famiglia ed aveva fatto sapere di essere diretto in Laos per rinnovare il visto. Li aveva fatto già uscire lavori censurati sul suo giornale ed affermava di essere dovuto scappare dalla Cina perché sarebbe altrimenti stato costretto a fare la spia sui dissidenti e sui suoi colleghi.
La sua scomparsa è stato uno shock per un altro cinese dissidente Yan Bojun che, per conoscenza personale, lo definisce una persona non di spicco. “Se è stato catturato lui, a chi tocca ora?”
Yan che si domanda se non sarà proprio lui il prossimo obiettivo, è un ex rappresentante di un quartiere di Pechino, membro del partito.
Persa la fiducia nel partito, dopo aver partecipato per conto del governo locale ad una disputa sulla demolizione di case di molti cittadini, si unisce al Movimento dei Nuovi Cittadini. Dopo circa un anno di vita fuggiasca, decide di scappare attraverso Birmania e Laos in Thailandia al costo di 1600 dollari. In attesa di poter incontrare i rappresentanti dell’UNHCR per chiedere l’asilo politico, cosa che accadrà nel 2017, Yan cambia spesso casa cercando di evadere da tutti i cittadini cinesi sconosciuti che si presentano nelle sue vicinanze.
“E’ difficile decidere di andare in esilio. Quando la presi questa decisione, non credevo che la mia vita sarebbe diventata questa”