Riuscirà il governo militare thailandese a ottenere il suo obiettivo ambizioso di una crescita del PIL del 3.5% prevenendo l’instabilità sociale tra i segni crescenti di un declino economico strutturale?
Mentre le esportazioni calano nel mezzo della crisi globale e il calo dei consumi per l’alto debito delle famiglie, la crescita di breve termine del paese sarà necessariamente guidata dallo stato. Se l’amministrazione militare di Prayuth sarà all’altezza delle sfide politiche dipenderà dalla sua abilità a iniettare velocemente ed efficientemente denaro nella scivolosa economia tirata dal commercio.
Mentre è in linea con il rallentamento regionale più vasto causato dalla crescita precaria cinese, il calo dell’economia della Thailandia diventa sempre più politicizzato. In alcune interviste recenti, il premier in esilio Thaksin, conosciuto per le sue politiche populiste che hanno favorito la crescita, ha detto ai media stranieri che il governo di Prayuth non ha le qualità per guidare l’economia. Sin dal golpe che abbatté il governo populista della sorella Yingluck nel maggio 2014, Thaksin ha sempre messo in guardia che sarà la cattiva gestione dell’economia a far crollare la giunta.
In chiara risposta l’amministrazione Prayuth ha pubblicato un supplemento pubblicitario di quattro pagine in un giornale di lingua inglese thai che delinea con uno stile di diagrammi di flusso, la sua visione ventennale per trasformare la Thailandia in un “paese da primo mondo”.
La presentazione patinata ha descritto in modo critico il populismo di Thaksin e Yingluck come un “facile rimedio” insostenibile mentre promuove l’ancora oscura politica dello stato del popolo o del pracharat come un percorso più sicuro verso un’economia di elevate entrate basato sulla conoscenza. Il modello immagina un legame tra pubblico, privato e società civile che trasforma in qualche modo la Thailandia da stato “fallito” in “stato all’avanguardia”.
La realtà attuale è che il paese si muove in direzione opposta e le statistiche ufficiali mostrano che si sta deindustrializzando. Il grado di utilizzo produttivo è sceso sotto il 63% a dicembre, un recente minimo in una tendenza mensile di contrazione iniziata nel 2014. Mentre il paese attrae ancora nuovo FDI, un’agenzia di cooperazione internazionale giapponese ha classificato la Thailandia tra gli ultimi cinque paesi in Asia dove le compagnie giapponesi investiranno in nuove produzioni industriali. Le esportazione valgono il 70% del PIL thai e lo scorso anno l’economia thai si è espansa del 2.8% nonostante la crescita negativa delle esportazioni.
Gli analisti sono divisi su quanto questa lenta deindustrializzazione della Thailandia sia strutturale per la competitività sempre minore, e quanto sia ciclica dovuta alla attuale domanda globale bassa e ai prezzi bassi delle merci. Chi crede che sia un fattore di competitività fa notare che il settore elettronico del paese, che storicamente comporta un terzo delle esportazioni, è fermo ancora nella produzione di hard disk ed altre cose obsolete per l’era informatica delle nuvole. Altri notano che le esportazioni chimiche principali sono destinate ad evaporare mentre si esauriscono le riserve nel golfo della Thailandia e la competizione globale si accende in favore delle risorse offshore birmane.
Prayuth mira ad attirare nuovi investimenti industriali attraverso la promozione di zone economiche speciali, ZES, lungo le frontiere dei paesi vicini con costi del lavoro inferiori. Lo sviluppo di queste ZES erano le principali priorità di politica economica sottolineate nella pubblicità di Prayuth e si accorda con la mira del governo di diventare un centro logistico nella nuova Comunità Economica dell’ASEAN.
Comunque i militanti già si agitano contro l’uso dell’autorità esecutiva da parte di Prayuth per imporre le ZES senza le valutazioni di impatto ambientale, mentre gli analisti si domandano se i possibili investitori non preferiranno investire direttamente in Cambogia, Laos o Birmania piuttosto che indirettamente in Thailandia.
Per poter centrare l’obiettivo ambizioso di crescita precedente della Banca Centrale del 3.7%, poi ristretta al 3.5%, i burocrati avrebbero avuto bisogno di sborsare 87% dei budget fissati, secondo un economista finanziario con buoni contatti. La media storica thailandese di disborso annuale è vicino al 70%, inefficienza radicata sia nella letargia sistemica che nella paura di vendette tra i burocrati che permettono il disborso che sono spesso indagati o annullati dopo un cambio di governo. Le spese di investimento pubblico erano su al 33% nel 2015 nonostante la paralisi politica e i problemi della transizione nel 2014.
Il disborso dello scorso anno assommava al 72% del budget deciso dal governo. Prayuth ha offerto di calmare le preoccupazioni dei burocrati presentando le sue politiche come parte di un piano di riforme ventennali che il prossimo governo eletto dovrà seguire e applicare secondo la costituzione. Allo stesso tempo, le nuove misure contro la corruzione, tra le quali una legge approvata nel novembre 2014 che rende penalmente ed economicamente perseguibili i burocrati responsabili di perdite causate da abusi, hanno rafforzato la cultura burocratica della paura. Inoltre hanno contribuito anche indagini e condanne penali date dalla giunta contro dirigenti di banca per i loro presunti capricciosi prestiti sotto i governi precedenti.
A febbraio il governo Prayuth approvò un pacchetto di stimolo da oltre due miliardi di euro per finanziare nuovi prestiti al settore rurale, disegnati in parte come strumento di emergenza contro la diffusa siccità. Il ministro delle finanze Somkid Jatusripitak, che già implementò il populismo di Thaksin negli anni 2000, ha da luogotenente principale di Prayuth reso prioritario prestiti di stato a basso interesse per le campagne e per le imprese medio piccole. La politica ha avuto risultati differenti: mentre i prestiti alle imprese attraverso le banche sono stati tutti consegnati, i crediti per gli agricoltori gestiti da agenzie dello stato sono bloccati nella macchina burocratica con meno della metà dei fondi allocati estesi.
Ci sono inoltre molte domande sui grandi esborsi di budget che circondano il progetto ferroviario di 845 chilometri di alta velocità tra Cina e Thailandia. La linea estesa mira a connettere la Cina attraverso il Laos alla costa industriale orientale della Thailandia aprendo la strada per commercio di promozione della crescita ma anche ondate politicamente sensibili di migrazione cinese verso il meridione. Mentre le due parti a dicembre hanno fatto le cerimonie di apertura ci sono ancora questioni irrisolte che concernono azioni, tassi di interesse e diritti di sviluppo dei suoli lungo la linea che minacciano di spostare più in là nel tempo la costruzione che dovrebbe iniziare a maggio.
Con la storia thailandese di lenti esborsi e complicazioni politiche potenziali nella grande spesa pianificata dubitano gli analisti che Prayuth raggiungerà l’obiettivo ambizioso di crescita della banca centrale del 3.5%. Mentre il paese sembra destinato a dare risultati migliori dei suoi vicini regionali, la percezione dell’andamento della politica del governo sarà determinato da come saranno consegnati i finanziamenti e distribuiti a livello di una base popolare che soffre. E mentre Thaksin mette alla gogna l’acume economico di Prayuth, liberato dai chiari regali populisti, la realtà è che ha attinto in modo liberale dallo stesso talento e idee come i governi precedenti di Thaksin e governi allineati.
Shawn W. Crispin, TheDiplomat