Mille civili processati nelle corte militari e 59 accusati di lesa maestà dal golpe del maggio 2014 sotto il regime militare di Prayuth Chanochoa.
Nel tempio dell’opposizione alla giunta thailandese di qualche tempo fa le università sono pattugliate da veicoli militari, mentre cresce il numero di persone chiamate a “modificare le loro attitudini”.
“I soldati sono riusciti a costruire un clima di paura qui” dice Jatupat Boonpattararaksa, uno studente della Khon Kaen University del gruppo di Dao Din alla Reuters. “Che ci sia il referendum o meno, hanno vinto”. Le stesse attività del gruppo sono ora molto limitate.
Il referendum costituzionale del 7 agosto col quale la giunta militare vuole legittimare il regime militare istituzionale non ha in realtà un dibattito e prevede un periodo transitorio di cinque anni prima del restauro del governo di civili, un senato interamente nominato dai militari ai quali sono riservati molti seggi e la fine del concetto di diritti umani.
La giunta militare vuole un governo debole che sia preda e manipolato dai militari: un ritorno ai tempi dorati del regime degli anni 60.
Nell’Isaan che ha visto la nascita del villaggi rossi, non si vedono più segni di attività o di vestigia del movimento delle magliette rosse, quanto più numerose modifiche delle attitudini che ben presto diventeranno campi di rieducazione, qualcosa che già si vede nel meridione thailandese dove è ancora viva e vegeta una guerriglia separatista.
Nel resto del paese l’uso intenso della lesa maestà, non solo contro chi esprime una qualche critica sulla monarchia presente o del passato, ma anche su persone che ricevendo messaggi lesivi della lesa maestà non esprimono il proprio dissenso, chiude la bocca a chiunque. Sono 59 i casi di lesa maestà da quando a maggio 2014 si è installato il regime militare.
Le lotte delle popolazioni locali contro i mega progetti di sviluppo sono fortemente osteggiate dai militari e le popolazioni povere delle province sono le prime a patire le conseguenze della cancellazione delle procedure di impatto ambientale sui grandi progetti.
Il regime ha la faccia tosta prima di affermare che non è vietata la discussione sulla costituzione, poi di affermare che quei paesi che non hanno una legge di Lesa Maestà sono paesi incivili.
Con l’espansione dei poteri di detenzione, arresto e perquisizione della polizia e della sicurezza, si intimidisce la gente e si prova ad intimidire i legali che li difendono.
Se questa repressione dei diritti umani più fondamentali avrà delle conseguenze non si può ancora dire. Di certo la madre di Ja New, arrestata per non aver commentato un messaggio che viola la lesa maestà, è stata liberata dopo le forti pressioni internazionali. Di certo non si lascia soli coloro che ancora si battono per la libertà di esprimere il proprio dissenso, a rischio della propria sicurezza ed incolumità personali e dei propri familiari.
Il giornale The Nation, che pure ha avuto una posizione favorevole al golpe ora esprime il proprio dissenso:
“E ne abbiamo avuto abbastanza di questo tipo di repressione della giunta. Troppi individui inoffensivi sono stati portati via per “modifica delle attitudini” presso i campi miliari. Troppi sono stati accusati di lesa meastà ed incarcerati o minacciati di carcere nonostante non mostrassero scontento per la monarchia. E troppe voci della comunità internazionale si sono sollevate allarmate per l’evocazione del nazionalismo thai come difesa razionale. La Thailandia fa parte della comunità internazionale e come tale deve aderire agli impegni posti.”
Per il giornale thai la linea ufficiale non ha convinto proprio nessuno ed è ora che la giunta mostri di essere forte abbastanza nel sapere gestire le critiche nazionali.
Proponiamo un articolo di Pravit Rojanaphruk su quanto accaduto all’ultima revisione dei diritti umani a Ginevra presso il Consiglio dei Diritti Umani.
La giornata della resa dei conti a Ginevra
Quando si sono radunati oltre 100 stati membri mercoledì a Ginevra per la Revisione Semestrale delle Condizioni dei Diritti Umani in Thailandia, non si pensava che questo incontro sarebbe diventato l’occasione per additare pubblicamente la giunta militare.
Ma poiché è giunto quando il paese si trova sotto un governo militare, è andata a finire proprio così.
I thailandesi che si oppongono alla militarizzazione del regno sin dal golpe del 2014 sono rimasti felici nell’ascoltare che tanti rappresentanti di paesi democratici hanno detto quello che consideravano negativo in Thailandia.
Il Belgio ha chiesto quando la Thailandia smetterà di processare i civili nelle corti militari. La Norvegia, essa stessa un regno, si è spinta a raccomandare alla Thailandia di abolire del tutto la controversa legge contro la diffamazione della monarchia.
L’uso delle corte marziali per processre i civili, le detenzioni arbitrarie senza accusa mascherate da Modifica di attitudini, il potere assoluto del generale Prayuth e l’espansione dell’accusa della lesa maestà erano tra le questioni fondamentali messe in luce dai membri dell’ONU.
Secondo il processo di Revisione Periodica Universale, tutti i paesi membri dell’ONU sono soggetti a critiche e raccomandazioni della propria appartenenza piena davanti al Consiglio dei Diritti Umani. Mercoledì è stato il turno della Thailandia.
E’ stata una rara occasione per il paese di difendere il proprio percorso sui diritti umani e avere raccomandazioni dagli altri governi.
Quello che è stato detto, in circa tre ore, non era bello da ascoltare, benché nascosti sotto un mant di diplomazia. E’ stata una maratona di lavate di capo per la giunta, benvenuta per chi si oppone al governo militare.
Pichit Likitsomboon della Thammasat University ha scritto che i rappresentanti della Thailandia sono stati conciati male collettivamente nel processo. “I rappresentanti del Ministero degli Esteri che ancora possiedono un briciolo di coscienza e che non hanno chiuso gli occhi per fare un avanzamento di carriera sono ben consci di come oggi la Thailandia sia diventato uno stato paria”
Provando a difendere la giunta, un giudice militare ha insistito sul fatto che i processi nelle corte marziali non erano poi differenti da quelle tenute nelle corti civili. Poi solo pochi civili sono stati processati nelle corti marziali.
Il rappresentante del ministero della difesa che sono stati processati solo quei pochi accusati di possedere armi da guerra e di aver insultato la Monarchia. Hanno provato a rassicurare la comunità internazionale che i militari avrebbero trattato i civili in modo equo lasciando però alcuni punti cruciali.
Le corti militari, prima cosa, non sono indipendenti, ma operano sotto l’egida del dipartimento di difesa del Ministero della Difesa e quindi sotto la giunta.
Le corti civili sono presiedute da giudici civili che dovrebbero operare in modo indipendente sotto la Corte di Giustizia.
Per seconda cosa, nascono per forza di cose conflitti d interesse quando le corti militari processano attivisti accusati di sedizione per essersi opposti al governo militare, come il gruppo di 8 utenti di Facebook.
Poi c’è la questione se mille civili processati nelle corte militari sono “poche persone” come affermano.
Ma alla fine dei conti, perché la giunta continua a tirarsi critiche dalla comunità internazionale per i processi nelle corti militari se crede che tali processi non sono poi differenti da quelli che si hanno nel normale corso della giustizia? Non ha senso.
I rappresentanti thai hanno anche difeso il continuo ricorso del generale Prayuth all’articolo 44 della costituzione provvisoria dicendo che non era nullo di nuovo, che ha dato l’impressione che tale potere sia stato usato di routine e non sia di fatto eccezionale. In realtà sono passati 50 anni da quando qualcuno ha usato questo potere durante la dittatura di Sarit Thanarat dal 1957 al 1963.
Per quanto attiene alla stessa legge di lesa maestà, i rappresentanti del regno non sono riusciti a riconoscere l’ondata di casi dall’arrivo del golpe o a spiegare perché i processi militari siano necessari quando prima del golpe erano tenuti di routine nelle corti civili.
Pravit Rojanaphruk, Khaosodenglish.com