Al lavoro su questa ipotesi c’è l’archeologo australiano Damian Evans che, nelle prossime settimane, farà delle importanti pubblicazioni del suo lavoro sul Journal of Archaeological Science, basato su una nuova tecnologia laser di scanner del territorio, chiamata Lidar.
I lavori di telerilevamento sono tra i più estesi mai fatti prima per un lavoro archeologico ed hanno coperto 1900 chilometri quadrati. Hanno messo in mostra l’esistenza di varie città, in un’area che è più vasta della capitale attuale Phnom Penh, che sono esistite in un periodo che va dal 500 dc al 1400dc. Nel suo periodo di massimo splendore l’impero khmer ha rappresentato l’impero più grande al mondo.
“Abbiamo scoperto sotto la coltre di foreste intere città che nessuno riteneva fossero là a Preah Khan di Kompong Svay e si copre che abbiamo scoperto solo una parte del Mahendraparvata su Phnom Kulen in un’indagine del 2012 … questa volta abbiamo l’intera situazione che ha la stessa grandezza di Phnom Penh attuale.” ha dichiarato Damian Evans che parlerà della sua scoperta alla Royal Geographic Society di Londra. Evans ha progettato la CALI, iniziativa archeologica cambogiana Lidar, un progetto che ha avuto il finanziamento dell’Europa per oltre 1,3 milioni di euro.
Questa stessa tecnica Damian Evans l’aveva già usata nel 2012 portando alla scoperta di un panorama urbano ignoto complesso che connetteva templi e città come Beng Mealea e Koh Ker, ad Angkor, e confermava quello che in molti archeologi avevano previsto, l’esistenza d una città oltre Monte Kulen, la cui grandezza questi ultimi studi confermano.
In questa scoperta ci sono anche sistemi di gestione dell’acqua elaborati costruiti centinaia di anni prima dell’età attribuita dagli storici ai sistemi finora trovati. Queste scoperte di certo contribuiranno alle varie teorie sull’esistenza e sviluppo dell’impero khmer e del suo declino attorno al XV secolo.
“Si pensa attualmente che i Thai invasero l’area dell’impero Khmer e tutti si mossero verso meridione. Non è andata così perché non ci sono città (dall’indagine aerea con lidar) verso cui scapparono. Quindi rimette in discussione l’intera nozione di come sia crollato l’impero Khmer.”
Le rovine del tempio di Angkor, attualmente patrimonio dell’UNESCO, sono la maggiore attrazione turistica cambogiana e sono considerate l’insediamento umano più esteso del periodo preindustriale, con un sistema idraulico molto sofisticato. Il declino di Angkor è uno dei fatti che occupa la mente di molti archeologi.
Evans dice che mentre i meccanismi di gestione dell’acqua ad Angkor erano stati ben compresi prima del progetto Lidar, i dati mostrano gli inizi di “un sistema idraulico sofisticato di grande scala che compaiono a Phnom Kulen almeno un secolo prima di quanto creduto prima.” I dati Lidar secondo Evans hanno fornito “delle conoscenze tremende” nei sistemi di controllo sofisticati dell’acqua in altri luoghi del periodo di Angkor “ben più lontano del centro di Angkor”.
Per molti archeologi questa scoperta è una delle più importanti degli ultimi anni. Dice Michael Coe della Yale University:
“Credo che queste scoperte con un laser aviotrasportato segnano il più grande avanzamento nell’ultimo secolo delle nostre conoscenze sulla civilizzazione di Angkor. Vidi Angkor per la prima volta nel 1954 e rimasi colpito ma non c’era nulla che ci diceva che fosse vissuto lì, dove avessero vissuto e come fosse sostenuta questa incredibile civiltà. Per chi le visitava Angkok non era che templi e risaie.”
Charles Higham, archeologo di fama sul sudestasiatico continentale dell’Università neozelandese di Dunedin, parla di questo lavoro che considera come tra i più eccitanti: “Sono stato in tutti quei luoghi ed all’improvviso cominciano a vivere … è come se fosse stata accesa una luce brillante per illuminare un velo oscuro che ha coperto questi grandi siti. Personalment è meraviglioso essere vivo mentre si fanno queste scoperte. Sono profondamente colpito. E stimolato intellettualmente”.
Per un altro storico illustre della Cambogia, David Chandler, il lavoro era emozionante, qualcosa che riscrive la storia. Si apriranno secondo Chandler una serie di prospettive nuove che aiuteranno a comprendere meglio la civilizzazione di Angkor dalla sua crescita alla sua caduta.
“Ci vorrà del tempo perché le loro ricerche raggiungano le guide turistiche e i libri di storia” ha detto Chandler. “Ma il loro successo nel dare posto a migliaia di cittadini khmer senza nome, ordinari nel passato della Cambogia è un passo enorme per chiunque provi a trattare con la storia passata cambogiana.
David Kyle, archeologo e antropologo, ha condotto vari progetto presso Phnom Kulen, il luogo delle scoperte maggiori, la grande città di Mahendraparvata che ha la grandezza di Phnom Penh sotto il suolo coperto a foreste. Dice: “i risultati e le indagini hanno rivoluzionato la nostra comprensione e gli approcci. Non si può non essere eccitati. Facilita un cambio di paradigma nella nostra comprensione della complessità. Della grandezza e delle domande che affrontiamo”.
Mentre l’indagine del 2012 identificava un panorama diffuso fortemente urbanizzato nella Angkor Grande, il progetto del 2015 ha rivelato un disegno simile di un urbanesimo ugualmente intenso presso rovine archeologiche lontane, in luoghi precedenti e post Angkor.
Per la prima volta si hanno dei chiari dati sulla popolazione che viveva attorno e dentro i templi khmer. Lo dice Peter Sharrock della SOAS di Londra. “Questo panorama urbano e rurale, connesso da reti di strade e canali, sembra aver costituito il più grande impero sulla terra del XII secolo.”
Evans, che lavora in una stanza ad aria condizionata piena di computer presso il centro archeologico francese di Siem Reap piuttosto che in qualche sperduto lavoro di scavo, è modesto e dà molto credito ai colleghi che condividono il Progetto CALI. Le scoperte secondo lui capovolgeranno molte assunzioni sull’impero Khmer, nella speranza anche di riportare lo studio delle persone nel quadro complessivo delle scoperte.
Michael Coe, che conosce i luoghi della ricerca e le immagini dello studio, dice che la tecnica adottata, nel caso di Phnom Kulen, mostra tutte le sue potenzialità. “Ci permette di guardare attraverso una folta giungla che copre queste colline rivelando una città inattesa che predò la stessa Angkor”. Le indagini nuove hanno portato tutto in una nuova dimensione.
Mitch Hendrickson, un altro archeologo del progetto Angkor, condivide quanto detto da Coe. L’indagine del 2012 è stato un grande balzo in avanti per l’abilità degli archeologi di vedere tutto per la prima volta ed è stato un primo elemento di svolta nel capire come i khmer abbiano potuto costruire modificare e vivere in queste città. Ma questa seconda ricerca è ancora più sconvolgente.
“I risultati di Preah Khan di Kompong Svay sono davvero importanti e sono il gioiello della corona nella missione. L’indagine del Lidar ci mostra che c’era molto molto di più” dice Hendrikson puntando ad una comunità completa e sviluppata di cui non si sapeva nulla… Si sapeva prima del lidar che Preah Khan di Kompong Svay era importante, il più grande complesso mai costruito durante il periodo di Angkor, grande 22 chilometri quadri, connesso ad Angkor direttamente da una grande via di comunicazione con tutte le infrastrutture. Probabilmente è servita nel facilitare il rifornimento di ferro. I nuovi risultati indicano che potrebbe aver avuto maggiore importanza di tanti templi di Angkor e che c’era una popolazione abbastanza grande a sostenerla.”
Martin Polkinghorne dell’università di Flinders di Adelaide, che lavora su alcune capitali del dopo Angkor, pensa che il suo gruppo userà i dati di questi sondaggi che continueranno fino al 2019 per comprendere le altre città.
“Il declino di Angkor ( e dell’impero Khmer) è tra gli eventi più significativi della storia della regione ma non si ha una data precisa per ciò. Usando il lidar per guidarci negli scavi delle capitali cambogiane che ne seguirono si potrà determinare quando i re di Angkor decisero di spostarsi a meridione e chiarire la fine di Angkor.”. Poi aggiunge: “La Cambogia del dopo Angkor è di solito compresa in termini di perdite, ritirate e assenza; una età oscura. Eppure la Cambogia era piena di attività dopo Angkor. Il sudestasiatico era un crocevia di commercio internazionale tra l’occidente e l’oriente. Usando il lidar a Longvek e Oudong insieme all’archeologia convenzionale metteremo in luce l’età oscura come similmente ricca, complessa e diversa”.
Ma c’è anche qualcos’altro che questi studi ci possono aiutare a spiegare. Spiegare come sia finita Angkor potrebbe essere importante anche per la Cambogia contemporanea, dove il problema dell’acqua, della dipendenza dalle piogge e dal come si mantengono le riserve di acqua, il problema della deforestazione, il problema di infrastrutture che non sono adeguate a durare in periodi di estremi climatici sono i temi molto simili a quelli della Cambogia dei tempi dell’impero Khmer.
Comprendere quello che accadde vari secoli fa ci aiuta probabilmente a comprendere “i processi contemporanei che minacciano la sostenibilità di Siem Reap e Angkor come Siti del Patrimonio Universale.
(lavoro di traduzione e integrazione basato su https://www.theguardian.com/world/2016/jun/11/lost-city-medieval-discovered-hidden-beneath-cambodian-jungle e http://asia.nikkei.com/Life-Arts/Arts/Angkor-s-forests-give-up-their-secrets-to-technology)