I musulmani di tutto il mondo osservano l’obbligo del digiuno nel mese santo del Ramadan, durante il quale sono proibite le ostilità. Molti quindi credono ingenuamente che il conflitto di Patani e delle province più meridionali a maggioranza musulmana, migliorerà, almeno temporaneamente.
Lo stato, attraverso l’ufficio ISOC dellaIV regione, ha colto l’opportunità di mobilitare i capi religiosi per fare una preghiera straordinaria non obbligatoria per la pace e mostrare che lo stato fa sempre i migliori sforzi per creare la pace nella regione.
Di certo non si nega che lo stato speciale del Ramadan ha un fascino sui musulmani pii a fare del bene durante il mese santo. Ma questi sforzi di pace unilaterali di promozione alla pace, tutti pagati attraverso il grande finanziamento dello stato da parte dello stato, mostrano che i militari non hanno mai compreso bene le caratteristiche cruciali dei gruppi armati, il BRN in particolare.
Quando si è ingaggiati in una battaglia lunga, la reazione psicologica comune è sottostimare il potere della parte opposta rigettando tutte le prove delle oro capacità reali. Per questo forse molti militari sono inclini a denunciare i gruppi armati come una “banda di criminali”, punto di vista espresso per primo dal premier Thaksin stesso. Dopo questa presunzione fuorviante la sua amministrazione usò l’approccio da pugno di ferro verso i membri dei gruppi armati che portò a due massacri famosi nel 2004: alla moschea di Kru Se ad aprile e Tak Bai ad ottobre. Questo approcciò si rivelò non solo incapace di distruggere i gruppi armati, ma ebbe l’effetto di radicalizzare molta gente del posto come i giovani offrendo così tanti vantaggi a chi li reclutava nei gruppi armati.
Per questa ragione, l’inizio del processo di pace sotto il governo di Yingluck con la firma del Consenso Generale sul processo del dialogo di pace fu significativo proprio perché il governo Thailandese aveva riconosciuto la presenza di “persone con opinioni ed ideologie diverse dallo stato” come uno dei “portatori di interessi nella risoluzione del problema delle province della frontiera meridionale”. La cerimonia che ebbe un risalto nei media internazionali fu considerata come l’inizio di un processo di pace vero, la soluzione migliore per uno dei conflitti più mortali nella regione. Lo stato sembrò alla fine riconoscere il gruppo armato più influente sulla base di una comprensione della sua organizzazione. Comunque fu una comprensione non condivisa dalla maggioranza delle forze di sicurezza.
Dopo il fallimento del primo tentativo del processo di pace, sembra che il secondo tentativo da parte del governo militare stia volgendo nella stessa direzione, dopo il non riconoscimento della bozza dei Termini di Riferimento da parte del governo thai. In tre anni dalla firma di quel consenso storico, si sono tenuti solo pochi incontri preliminari, mentre il processo attuale non ha mai raggiunto il punto di essere dei colloqui reali.
Benché questi processi abortiti abbiano portato a conseguenze positive, tra i quali la partecipazione della popolazione durante il primo giro e la comparsa di membri del BRN e di altri gruppi, non si è raggiunto alcun accordo politico. Il primo ed ultimo tentativo lo tentò il facilitatore malese nel 2013 come “iniziativa di pace del Ramadan”, il quale l’annunciò senza la presenza delle due parti. Passarono solo alcuni giorni di calma prima della rottura di questo accordo di gentiluomini con le due parti che si accusavano vicendevolmente di violazione dell’accordo. Il resto del mese fu altrettanto sanguinoso come tutti gli altri.
Ramadan potrebbe essere una buona opportunità per tentare la pace, ma è un’assunzione troppo ingenua perché chi lancia questa idea non riesce a vedere l’organizzazione dei gruppi armati. Nessuno ha mai dato una chiara analisi di questi gruppi armati, particolarmente del più forte e influente come il BRN perché la segretezza è la forza di queste organizzazioni. Ma seri studi antropologici chiariscono che l’uso il BRN usa lo Jihadismo, in una versione fortemente nazionalistica malay, per il reclutamento dei nuovi membri. Qui, la Jihad contro l’infedele che ha colonizzato la loro patria è considerato un dovere religioso e lo stato dell’emergenza della jihad li esclude dalle altre proibizioni religiose.
Una delle ragioni per cui il processo di pace non è mai riuscito a fare dei passi in avanti è l’incomprensione quasi istituzionalizzata della forza di questi gruppi armati, considerati come banda di criminali comuni. Questa assunzione sembra perseverare allo stesso livello da vari anni. Solo pochissime persone hanno mai provato a comprendere questo argomento, la maggioranza si è sentita soddisfatta di questa assunzione deliberata. Proprio per questa ragione, lo stato non è stato mai pronto ad iniziare un processo di pace di dialogo e negoziato. La mancanza totale di volontà politica del governo è stata ovvia. Il governo Yingluck, benché avesse esso stesso lanciato l’iniziativa, designò poi il vice primo ministro Chalerm Yubamrung che rappresentò una scelta poco sensibile per via del suo noto stato di ubriacatura. Egli poi si attenne molto a questa sua fama cendendo nel meridione solo poche volte pesantemente circondato dalla sicurezza. I colloqui erano portati avanti dal generale Paradorn Pattanatabut segretario del NSC e da Thawee Sodsong segretario generale del SBPAC. Essi si dovettero trovare in una posizione difficile perché, sebbene il governo centrale non fosse stati mai impegnato seriamente nel processo, dovettero partecipare agli incontri con la linea dura del BRN. Dopo il tentativo abortito del 2013 del facilitatore per un Ramadan pacifico, il processo giunse ad un punto morto, ed il terremoto politico causato a Bangkok mise definitivamente da parte il processo, come se il rumore tremendo dei migliaia di fischietti avessero coperto il richiamo della pace delle voci flebili delle colombe senza potere.
Il governo militare istituitosi dopo il golpe all’inizio apparve più preoccupato del processo di pace rispetto ai predecessori. La visita ufficiale di Prayuth in Malesia e il suo incontro con Najib Razak del 1 dicembre 2014 fu visto da alcuni come un nuovo inizio per un processo negato da tempo. Il recente licenziamento del generale Nakrop dalla sua posizione e il rigetto del TOR per il dialogo hanno mostrato che il governo militare non è più impegnato politicamente del precedente. Il destino del secondo giro di colloqui è ora tanto incerto come lo era il primo.
L’ultima mossa del ISOC di accusare tre militanti dei diritti umani, il cui lavoro denunciava la tortura usata dalle forze di sicurezza verso i detenuti in casi di sicurezza, è anche un altro riflesso dell’attitudine dello stato verso il processo di pace. Se lo stato avesse mai considerato il processo di pace come un processo politico, questa mossa sarebbe stata l’ultima cosa da fare. I militari dicono sempre che non ci sono prove della tortura, ma il problema è che loro non sono mai stati di apertura mentale tale da accettare la prova dai media, dai militanti dei diritti o dalle ONG. Alcuni casi di responsabilità dei militari sono così eclatanti come l’omicidio dell’Imam Yapha Kaseng e denunce sui cattivi trattamenti sono stati lanciati dalle organizzazioni dei diritti umani come Amnesty International, la Cross Cultural Foundation, the Muslim Attorney Centre (MAC), e Duay Jai Group.
Mi sono state dette da poche persone delle loro esperienze di tortura durante la detenzione secondo la legge marziale che permette la detenzione per sospetto per sette giorni dovunque possibile. Alcuni mi spiegarono i metodi di tortura usati dai militari. Sebbene non si conoscessero, le loro spiegazioni erano simili a suggerire una pratica sistematica di tortura da parte dei militari. E’ altamente improbabile che tutti questi volessero minare la credibilità dello stato inventandosi delle storie, come affermato dal portavoce dei militari.
Persino parlare della loro esperienza potrebbe essere rischioso come si capisce dalla reazione dei militari. La domanda è perciò perché questa gente dovrebbe inventare le storie per rischiare la loro incolumità.
Se i militari sono pronti ad un processo politico, devono prima accettare il rapporto istituendo una commissione di accertamento dei fatti. Poi denunciare i colpevoli per il loro comportamento secondo il caso. Lo stato proverebbe così il proprio impegno politico al processo di pace chiarendo che lo stato ha riconosciuto la Parte B come un portatore di interessi genuino in un processo di pace che deve essere trattato in modo appropriato.
D’altro canto, il tentativo di criminalizzazione degli attivisti non colpisce solo il processo di pace, ma potrebbe danneggiare la reputazione dei militari stessi. Si deve sottolineare che non tutti i detenuti sono torturati. Tra i militari devono esserci alcuni abbastanza decenti, si spera la maggioranza, che trattino i detenuti in modo umano o meno inumano, e solo una minoranza di banditi che si dedicano alla tortura. Ma una negazione totale da parte dello stato dell’esistenza della tortura accresce solo i sospetti sull’esistenza di una pratica organizzata, sistematizzata ed istituzionale della tortura. Sfortunatamente il potere assoluto preso dopo il golpe sembra aver già accecato questi ufficiali. Non riescono più a giudicare bene come la loro reazione impulsiva di negazione possa impattare sugli altri.
In breve quest’ultimo sviluppo accade dove lo stato considera i gruppi armati come banda di criminali comuni che non meritano un trattamento giusto in senso politico. Il fatto semplice che lo stato non ha quasi possibilità di vincere militarmente i gruppi armati, e non per debolezza eventualmente da affrontare, ma poiché i gruppi armati come il BRN sono così ben organizzati e profondamente integrati nella società locale che non c’è modo di sradicarli. ( Si legga il libro di Sasha Helbardt, “Deciphering Southern Thailand’s Violence: Organization and Insurgent Practices of BRN-Coordinate,” di ISEAS Publishing).
Solo dopo il riconoscimento da parte dello stato dei gruppi armati come organizzazioni vere, si può inaugurare un processo di pace come processo politico. Di conseguenza non è stato mai perseguito un processo di pace genuino da parte dello stato il quale, fino ad ora, non ha visto che un processo di sicurezza ed il conflitto come un problema nazionale.
Questa visione errata è sempre stata rafforzata da alcuni media ignoranti ed irresponsabili, molti dei quali giornali di proprietà di una elite conservatrice che definiscono i gruppi armati come Banditi del Meridione, chon tai. Questi giornali hanno una vasta diffusione e riproducono ripetutamente i pregiudizi sulla situazione. Non hanno mai giocato un proprio ruolo nel processo di pace ma dedicandosi a vendere giornali con cadaveri di persone piene di sangue.
La percezione dello stato è chiaramente contrastante a quella della Parte B che sin dagli inizi ha visto il processo come una occasione per migliorare o trasformare la loro lotta da operazioni militari a processo politico. Le Cinque Richieste Preliminari presentate al primo giro dei colloqui, anche quando lo stato non era pronto a negoziare, mostrano chiaramente il loro punto. Questa differenza fondamentale di percezione diventò sempre più chiaro, e alla fine un videoclip del BRN con il capo delegazione Hassan Taib annunciò il suo ritiro dalla posizione. MARA Patani la coalizione politica di quasi tutti i gruppi armati iniziata da una fazione del BRN, mantiene essenzialmente la stessa posizione. I gruppi armati si attendono negoziati politici nel futuro, e vedono nel dialogo di pace un punto di accesso per passi futuri.
Data comunque questa chiara differenza nella percezione del processo di pace, è altamente improbabile che si giunga ad un risultato. Primo o poi il secondo giro dei colloqui seguirà lo stesso destino del precedente. Non c’è niente di straordinario nel licenziamento del generale Nakrob poco prima dell’incontro previsto a Kuala Lumpur.
Perché un processo della sicurezza diventi un vero processo di pace, deve cambiare la percezione dello stato dei gruppi armati. I media, studiosi e ONG potrebbero giocare un ruolo in questo passo sebbene con l’attuale giunta militare tale cambiamento è fortemente difficile.
Un altro ostacolo a questa trasformazione in processo genuino sta dalla parte dei gruppi armati. Sin dall’inizio del processo ci si è sempre chiesti se chi sedeva ai colloqui fosse un reale rappresentante delle loro organizzazioni. La più grande preoccupazione è stata se chi sedeva ai colloqui è in grado di controllare le forze in campo.
Questo è un punto molto controverso. Finora non ci sono prove concrete da mostrare che possono comandare i militanti che formano le RKK in campo. RKK sono la cellula militare più piccola del BRN, non una organizzazione indipendente come taluni affermano. Taluni studiosi e giornalisti definirono Hassan Taib come un autoproclamato rappresentante, come se non avesse mandato dall’organizzazione e di conseguenza senza influenza sui combattenti nel campo di battaglia.
Questa idea è così improbabile come l’assunzione che loro hanno il controllo sui militanti. Né il gruppo di Hassan Taib né MARA Patani, specie i membri del BRN, sono l’ala politica dei gruppi armati. Secondo me, provengono da fazioni a favore del processo di pace che hanno la propria forza militare, e le forze contrarie al processo hanno le proprie forze militari e politiche. Secondo quasi tutte le fonti, la maggioranza dei membri del BRN sono ancora contro il processo di pace considerano il processo politico come un compromesso inaccettabile. Si potrebbe assumere che questo potrebbe essere vero. Alcune fonti mi hanno detto che il sostegno per il processo di pace è crescente anche se è ancora impossibile risponder alla domanda sul peso di queste fazioni. Inoltre ci deve essere una parte di opportunisti che devono ancora decidere sulla propria posizione.
In queste circostanze lo stato, e specialmente i militari, sono sempre sospettosi di questo argomento che modifica anche il loro impegno nel processo di pace. E su questo non si può attaccare lo stato. Nei negoziati per la risoluzione dei conflitti armati, quando non è chiara la capacità dell’opposizione a controllare le proprie forze armate, non sono riconosciuti come portavoce di interessi pienamente accettati. MARA Patani specie i suoi membri del BRN devono dimostrare la loro influenza, o mostrare qualche prova che la loro attività politica è approvata dalla maggioranza dei militanti armati.
Inoltre MARA Patani ha bisogno di migliorare la loro strategia di comunicazione. Da raggruppamento politico di gruppi armati l’organizzazione è troppo silenziosa. Ha fatto solo una conferenza stampa e il presidente Awang Jabat è apparso ad un evento presso la Università di Songkla a Pattani. Da allora MARA Patani è restata silenziosa. Solo alcuni membri non del BRN provano a comunicare col mondo esterno, mentre nessun tentativo è stato fatto da un membro del BRN.
L’ultimo sondaggio sul processo di pace mostrava che solo il 25% degli intervistati aveva mai sentito parlare di MARA Patani, contro il 50% per il PULO e del BRN. Si dichiarano rappresentanti della gente di Patani. Ma quando una stragrande maggioranza non conosce MARA Patani come possono dialogare o negoziare col governo thai per conto della popolazione di Patani?
Alla fine, sia Parte A che Parte B si trovano di fronte a vari ostacoli prima di potersi dichiarare impegnati del tutto in un processo vero di pace. Se non si affrontano queste questioni, il processo resterà ad un livello di processo di sicurezza, mentre si accumulano i danni contro la società di Patani. Ed i Ramadan non è un’eccezione. Siamo realisti.
HARA SHINTARO, PRACHATAI.ORG