I sei membri dell’IPOP, Indonesia Palm Oil Pledge, hanno scelto di sciogliersi dopo settimane di affermazioni contrastanti da parte della burocrazia e del governo sul futuro dell’organizzazione.
Gamal Nasir, direttore del ministero dell’agricoltura per le piantagioni, fu il primo, qualche giorno prima, ad annunciare il dissolvimento dell’IPOP dopo un incontro con le si compagnie, ma il direttore esecutivo dell’IPOP aveva insistito nel negare tale eventualità.
“Questa mattina sono giunti al nostro ufficio e ci hanno detto della disponibilità sciogliersi” dice Nasir che era uno dei più forti oppositori all’IPOP. “Siamo contenti e sosteniamo questa decisione”.
Due giorni dopo l’annuncio del dissolvimento. Segna la fine di un periodo storico di cooperazione tra i sei giganti della produzione dell’olio di palma sull’obiettivo condiviso di ripulire un’industria la cui espansione vigorosa ha alimentato la deforestazione, i fuochi della foresta e i conflitti sociali anche mentre guidava la crescita economica indonesiana. Molti gruppi ambientalisti hanno definito la scelta un passo indietro.
“Il dissolvimento dell’IPOP è un passo indietro deludente nella lotta per raggiungere una produzione dell’olio di palma davvero responsabile ed è un’opportunità persa per l’industria dell’olio di palma del paese per mantenere la sua posizione nel mercato globale” ha detto Gemma Tillack di Rainforest Action Network.
Le sei compagnie interessate ( Wilmar International, Cargill, Golden Agri-Resources, Asian Agri, Musim Mas and Astra Agro Lestari) hanno comunque confermato il loro impegno nella lotta alla deforestazione, alla salvaguardia dei terreni torbosi e agli abusi dei diritti umani.
Ma il patto firmato nel 2014, in cui c’è anche la camera di commercio indonesiano, KADIN, includeva l’impegno a spingere l’Indonesia ad alzare gli standard legali e ad estendere così i tipi di suoli e foreste da proteggere.
L’IPOP era accusato da alcuni dell’amministrazione di Joko Widodo e in parlamento di attaccare la sovranità indonesiana e di colpire i piccoli produttori che non riescono a mantenere gli standard occidentali per una produzione dell’olio di palma sostenibile.
Il governo indonesiano ha il proprio schema di certificazione ISPO a cui i rappresentanti dell’IPOP si dissero d’accordo con i ministri economici a focalizzare i propri sforzi per trasformare il settore in base allo schema governativo dell’ISPO piuttosto che con cooperazione tra loro.
“I firmatari dell’IPOP si impegnano a sostenere gli sforzi e a migliorare ISPO come uno standard da accettare e riconoscere da parte del mercato internazionale” ha detto Shinta Widjaja Kamdani del KADIN. “Speriamo di avere un migliore coordinamento tra governo e settore privato nel trasformare il nostro settore dell’olio di palma verso un settore sostenibile e mantenere il nostro olio di palma come una merce strategica.”
I firmatari dell’IPOP hanno pubblicamente elogiato il governo per le misure ultime per rafforzare la protezione ambientale. Dopo gli ultimi devastanti fuochi dello scorso anno, Jokowi annunciò una moratoria sullo sviluppo di nuovi terreni torbosi e sull’emissione di nuove permessi di piantagione. Inoltre creò un’agenzia incaricata del ripristino di terreni torbosi danneggiati in tutto l’arcipelago.
Ma le paure dell’IPOP erano dovute alle crescenti pressioni governative e alle indagini da parte della KPPU, agenzia contro i monopoli, che avrebbe potuto portarli davanti alla corte suprema ed aprire un maggiore scrutinio da parte del parlamento.
Da una trascrizione ottenuta da Mongbay di un incontro a Singapore del 27 maggio tra l’IPOP ed un avvocato patrocinante presso la KPPU emerge qualcosa di differente. L’IPOP emerge come un”organizzazione che si barcamena tra idee spesso contrastanti.
A presiedere l’incontro è Ningrum Natasya Sirait, avvocato di leggi antitrust e docente universitario. Secondo Sirait le compagnie erano “totalmente colpevoli” poiché ogni incontro tra competitori che non abbia luogo sotto gli auspici di un’associazione sponsorizzata dal governo potrebbe essere vista come violazione delle leggi antitrust.
Proprio per questo l’associazione era finito sotto la lente della KPPU che di sicuro voleva delle rivalse dopo i fallimenti in altri settori come farmaceutico, petrolifero e cemento. La stessa agenzia aveva dichiarato che “l’accordo dell’IPOP ha il potenziale di diventare un cartello che originerà pratiche monopolistiche e competizione falsa. KPPU afferma che l’accordo dell’IPOP non possa applicarsi”.
In seguito a questa dichiarazione le compagnie dell’IPOP decisero di scigliersi. “La questione del KPPU sta diventando troppo forte. Non vogliamo andare in tribunale per questo” avrebbe detto Petra Meekers del Musim Mas. Jeremy Goon del Wilmar ha espresso la stessa cosa: “E’ qualcosa per cui non vogliamo andare in tribunale”.
La decisione finale sul dissolvimento dell’IPOP comunque fu rimandata dopo un colloquio con il governo a cui furono poste questioni di rischio di perdere l’accesso ai mercati occidentali e sul rischio di reputazione dell’industria. Poi l’annuncio del ministero che l’IPOP era terminato.
Membri del governo hanno accusato l’IPOP di danneggiare la competizione per il rifiuto di acquistare da fornitori legati alla deforestazione e alla conversione dei terreni torbosi, come fatto in alcuni casi in cui alcuni operatori avevano violato le politiche delle compagnie dell’IPOP.
Chi i oppone al IPOP afferma che i piccoli produttori non possono sostenere la promessa di una come una zero deforestazione. “Se si applica questo accordo sono i coltivatori che saranno colpiti … non tormentiamo i coltivatori” aveva detto Nasir a febbraio.
I piccoli coltivatori gestiscono il 40% delle piantagioni di olio di palma indonesiano, mentre la raffinazione è totalmente in mano all’IPOP. L’industria dell’olio di palma rappresenta la terza esportazione dopo petrolio e carbone.
L’agroindustria che si è impegnata nel programma della zero deforestazione non osa criticare il governo apertamente ma in molti affermano che la giustificazione dei piccoli produttori è solo il paravento all’opposizione di qualche grande compagnia che vuole continuare ad espandersi.
“Non è una questione di piccoli produttori. Loro sono usati .. sono le compagnie. E quelle compagnie, quelle selvagge, hanno la strada aperta nel governo, possono accedere a tutto” ha detto un direttore a Mongabay.
M c’è anche la percezione che l’impegno dell’IPOP, con l’adesione a standard internazionali, alla fine si traduce nel riversare sui coltivatori indonesiani la volontà delle nazioni estere. Si parla di standard internazionali che vanno ben al di là di ciò che è richiesto dalla legge nazionale.
L’IPOP come un segno dell’arroganza dei consumatori nei paesi sviluppati, si è definito l’IPOP nel parlamento indonesiano.
Di fronte a queste prese di posizione Greenpeace ha preso posizione:
“Invece di applaudire e promuovere questa iniziativa di un settore provato sensibile, i rappresentanti del governo hanno attaccato e minacciato i membri dell’IPOP” dice Annisa Rahmawati. “Il ministero dell’agricoltura ha bisogno di comprendere bene le proprie priorità. I fuochi dello scorso anno hanno attaccato l’economia indonesiana e avvelenato la gente della regione. Invece di imprecare contro IPOP i rappresentanti del governo devono lavorare urgentemente ad applicare i piani del presidente Jokowi per fermare i fuochi delle foreste fermando l’espansione dell’industria dell’olio di palma nelle foreste e nei terreni torbosi”.
Jonatan VIT Mongabay Indonesia