Sono state eseguite quattro delle quattordici esecuzioni con la pena capitale oggi, altri dieci lo saranno quanto prima. 1 indonesiano e tre nigeriani sono stai portati davanti al plotone di esecuzione.
Uno dei nigeriani, Humphrey Jefferson, sarà seppellito in Indonesia. E’ anche il caso più emblematico perché la sua confessione fu estorta sotto condizioni di tortura. Insieme al caso di
Humphrey Jefferson ci sono i casi di un pachistano ed una donna indonesiana. Non si sa se sono proprio questi casi ad aver portato alla sospensione delle esecuzioni.
La pena capitale è una macchia per l’ascesa dell’Indonesia ad attore globale, di Yohanna Ririhena
L’Indonesia si deve essere sentita fiera, lo scorso aprile, quando la sua delegazione fu scelta per rappresentare 16 paesi ad una sessione speciale dell’assemblea generale dell’ONU sul problema della droga nel mondo.
Perché l’Indonesia, la sua selezione a leggere una dichiarazione congiunta per conto dei paesi che mantengono la pena di morte, illustrava la fiducia dagli altri paesi nella persistenza nel mantenere intatta la pena capitale.
Ma i rappresentati indonesiani all’ONU hanno ricevettero nel forum dell’ONU la derisione da tanti delle 193 delegazioni che partecipavano alla sessione. E’ stato un messaggio di derisione per la difesa della pena di morte come “una importante componente della politica di controllo della droga”.
Mentre la maggioranza dei paesi membri dell’ONU ha applicato una moratoria, se non abolito, la pena di morte nel loro sistema legale, l’Indonesia è fiera di aver preservato questa dua applicazione della legge particolarmente contro i crimini legati alla droga.
Con la pretesa di una emergenza droga e con cifre che sono da discutere, il presidente Joko Widod ha dichiarato una guerra alla droga. Dalla sua salita alla presidenza nell’ottobre 2014, ci sono stati due giri di esecuzioni di prigionieri nel braccio della morte, per lo più trafficanti. Le esecuzioni sembrano un rituale per salvare le nuove generazioni dalle droghe.
Il giorno dopo la festa del Idul Fitri, l’avvocatura dello stato confermava che a breve ci sarebbe stato un terzo giro di esecuzioni con plotone di esecuzione. Sono andati avanti i preparativi per l’esecuzione di almeno 13 persone da tenersi nell’isola di Nusakambagan dove è presente il carcere di massima sicurezza.
Non saranno le ultime ma potrebbero seguirne altre il prossimo anno poiché altri 30 accusati hanno già portato a termine i loro diritti all’appello per la pena capitale.
Giunsero rimpianti e condanne tra le quali quella del segretario generale dell’ONU, quando l’Inddonesia passò per le armi 14 condannati nonostante le tantissime richieste di un ripensamento. Le stesse relazioni diplomatiche con paesi vicini come l’Australia ma anche l’Olanda e Brasile, furono messe alla prova, con il richiamo degli ambasciatori dopo l’esecuzioni dei loro connazionali.
Non è diminuita la pressione internazionale affinché il paese fermi le condanne a morte. La recente visita in Europa di Jokowi fu oscurata dalla critica verso la pratica. Il cancelliere tedesco Merkel chiese apertamente a Jokowi di porre fine alla pena capitale, ma il presidente restò risoluto nella credenza che le esecuzioni risolveranno il problema della droga.L’Indonesia ha ereditato la pena di morte dal periodo coloniale olandese e l’ha mantenuta intatta sebbene i colonialisti l’abolirono nel 1870 e rimossero tutti i riferimenti alla pena capitale nelle loro leggi nel 1991.
Per un capo popolare come Jokowi la pena capitale è importante, è il desiderio della sua gente, come confermato in tante statistiche ch mostrano che la gran parte degli Indonesiani sostiene la pena capitale, vista come un metodo legittimo ed efficace di pulire il paese dei criminali.
Ma da difensore della democrazia e dei diritti umani le esecuzioni non solo sporcheranno l’immagine della sua reputazione ma mineranno le sue ambizioni a diventare un attore importante in Asia e nel mondo.
L’Indonesia ha giocato un ruolo importante globalmente, riconosciuta come la terza democrazia al mondo e la nazione a predominanza musulmana più popolosa, che ha provato che democrazia ed Islam possono convivere. L’Indonesia ha anche iniziato molti negoziati multilaterali e si è impegnata a rispettare le norme internazionali per diventare una potenza globale.
Il paese ha ratificato la Convenzione dei diritti politici e civili nel 2005, l’impegno cioè a rispettare i diritti civili e politici degli individui, tra i quali il diritto alla vita. L’aver adottato questo strumento importante internazionale le permettere di essere insieme agli altri stati moderni, ma invece di aumentare lo standard, il paese mantiene la pena crudele che viola chiaramente i principi dei diritti umani.
Al momento l’Indonesia ha un seggio presso il consiglio dei diritti umani fino al 2017, in rappresentanza della regione Asia Pacifico, un onore di cui i cittadini si fregiano. Ma il paese ignora il compito di tenere al livello più alto la promozione dei diritti e la protezione sia a casa che nel mondo.
Chiaramente le esecuzioni contrastano con l’immagine di potenza globale, membro del gruppo G20, del Summit dell’East Asia, e membro dell’ASEAN. A causa del suo peso economico, della sua crescente economia e l’importanza strategica nella sicurezza regionale, il paese ha bisogno di mostrare di saper essere leader ed essere un buon esempio anche nella campagna globale contro la pena di morte.
E’ una grande contraddizione quella di lavorare duramente per ottenere uno status globale e non curarsi della propria storia a casa propria.
Le esecuzioni non sono per altro riuscite a tagliare il tasso dei crimini di droga. Dopo le esecuzioni dell’anno scorso abbiamo visto un’intensificazione di arresti di gente per possesso o traffico di droga, ed alcuni di loro sono personale della sicurezza.
Basta a dire che le esecuzioni non hanno avuto alcun valore di deterrenza.
Dobbiamo tenere a mente che gli errori giudiziari capitano in molti paesi quando si parla di pena capitale. L’Indonesia non ne è immune specie se si considera la radicata corruzione giudiziaria.
Qualunque siano le ragioni per la pena capitale, l’Indonesia non ha le basi per appellarsi agli altri paesi e ricercare la compassione per i 281 emigrati indonesiani che si trovano a rischio della pena capitale all’estero.
Ferma le pene capitali ora, presidente Jokowi, e avrai maggiori possibilità di salvare la vita di tante altri tuoi connazionali.