Accadde una mattina di settembre in una comunità pacifica della costa, contadini e pescatori, quando un centinaio di uomini armati fino ai denti entrarono nel villaggio di Malisbong.
Gli uomini del villaggio furono mandati con la forza alla moschea, mentre donne e bambini furono trascinati per essere interrogati su una nave militare attraccata lì vicino.
Fu questo l’inizio di una sanguinosa carneficina, una dei giorni più oscuri della storia.
Furono bruciate 300 case, mentre i giovani finanche undicenni ed gli uomini fino a settantanni furono uccisi a bruciapelo dentro la moschea. Le donne di tutte le età, dalle ragazzine alle nonne, furono stuprate, per essere rilasciate il giorno successivo. Alcune impazzirono in seguito a quella esperienza di stupri e torture.
Quando fu tutto finito, il mondo fu testimone silenzioso di come 1500 uomini, donne e bambini morirono, e come tutto il villaggio fu raso al suolo in cenere.
Quel giorno l’umanità guardò dall’altra parte, mostrando il volto di un mostro mentre un intero paese mantenne il suo silenzio inorridito. Il resto del paese continuò a vivere pensando che quel giorno, come tanti altri giorni oscuri, passerà senza essere notato e alla fine dimenticato.
Quel giorno il mondo dimenticò la brutalità della gente e la loro capacità di uccidere. Quel giorno il mondo trovò i modi per giustificare questo atto orrendo.
Questo non accadde in Siria, né in Palestina dove i musulmani, compresi i bambini innocenti, sono assassinati a decine dalla violenza di stato. Non fu fatto ai Rohingya in Birmania dove i nazionalisti buddisti sono giunti all’estremo di sterminare i loro propri concittadini che sono musulmani e razzialmente differenti dala maggioranza birmana, anche se i Rohingya hanno promesso fedeltà allo stato affermando di essere anche loro birmani.
Questo orrore inimmaginabile accadde dentro le nostre coste nella città costiera di Malisbong, Palimbang, Sultan Kudarat
Gli uomini armati erano membri delle Forze Armate Filippine, tutti filippini. Accadde durante la legge Marziale durante la Dittatura di Marcos. Lo stupro delle donne e l’assassinio di massa degli uomini e la distruzione anche della proprietà a Malisbong furono senza alcun dubbio sponsorizzati dallo stato, sanzionati dalla famiglia al potere ed eseguiti dai suoi cittadini.
Fu un atto di violenza contro la gente di Malisbong sotto gli auspici dell’allora Presidente Marcos.
Il massacro di Malisbong del 24 settembre 1974 fa parte di una storia che piano piano è rimossa dalla narrazione nazionale.
Questo è perché dimenticare è più semplice di ricordare e riconoscere gli errori che abbiamo commessi come nazione. Come altre storie di omicidi di massa, di terrorismo sponsorizzato dallo stato e di rapimenti durante gli anni di legge marziale, Malisbong non fu mai documentato in modo appropriato, per la vergogna o la censura di stato.
Questo atto di dimenticare, o persino il solo tentare, di rimuovere Malisbong dalla storia dei Filippini come nazione che sta lottando per andare avanti costringe, in effetti, al silenzio le vittime e le famiglie.
Ci sono voluti 40 anni perché il governo filippino, attraverso la Commissione dei Diritti Umani, abbia riconosciuto il massacro di Malisbong e chiesto perdono alle famiglie delle vittime. Le vittime furono riconosciute attraverso la legge 10368 o la legge del 2013 delle Vittime di diritti umani e risarcimento e riconoscimento, un pezzo di legislazione che mira a risarcire le famiglie delle vittime della legge marziale.
Per quattro decenni le vittime hanno mantenuto il loro silenzio mentre all’insaputa di tutti cercavano giustizia. Forse pensavano che le loro voci non sarebbero state ascoltate, mentre il resto del paese costruiva una nazione più forte dopo la legge marziale.
Una volta, durante una conferenza, mi fu chiesto perché da giovane Moro c’è un bisogno di ricordare Malisbong e tutti questi massacri. Se vogliamo andare avanti come nazione, perché non raccontare le storie positive dei Moro e del Filippini che lavorano insieme per costruire una nazione?
Restai un po’ imbarazzato sentire questo da un giovane Moro, e trovai la sua domanda alquanto incredibile.
Il mio primo pensiero fu che i giovani Moro, privilegiati quando li si paragona ai loro parenti più anziani che erano vittime di massacri o che erano sopravvissuti alle guerre, erano probabilmente così ingenui come la maggioranza dei giovani filippini che si affidano alle vulgate che girano sui media sociali per apprendere la loro storia. Questo è pericoloso se lo si lascia stare lì e se noi, che conosciamo le verità della nostra storia, non riusciamo ad affrontarli.
Questo gap tra generazioni è evidente nella attuale comunità di Malisbong dove i giovani Moro hanno proposto di rimpiazzare la Moschea di Tacbil con una nuova struttura, cosa che i Moro anziani rigettano. Come può essere questa struttura, un ricordo duro e testamento del crimine commesso contro la sua gente, la causa di una diatriba nella comunità che prova a ricordare il suo passato.
La gente Moro si trova costantemente ad un incrocio con i giovani che talvolta scelgono di fare un passo avanti e dimenticare il passato oscuro e gli anziani che scelgono costantemente di guardare al passato per imparare le lezioni e ricordare perché questa lotta continua.
Ma la questione non dovrebbe essere se ricordare o dimenticare, ma se le ingiustizie sono state già risolte o meno. I giovani Moro devono comprendere che si deve ancora reclamare la giustizia dalle vittime della loro comunità, e che dimenticare è un privilegio per chi è libero di scrivere il proprio destino come popolo.
La costruzione della nazione filippina deve essere inclusiva, e parte della sua inclusività è affrontare le ingiustizie storiche e che richiede un accordo mutuo tra le parti per cicatrizzare il dolore e la sofferenza delle vittime.
Ricordare solo le storie positive è ripulire la storia filippina delle sue ere oscure e delle lezioni amare a vantaggio delle classi al potere del paese.
Non si costruisce una nazione forte sull’inganno e sulla promessa di andare avanti, mentre i colpevoli sono ancora al potere e le vittime lottano per la giustizia nel silenzio.
Questo settembre la gente di Malisbong ricorderà il 42° anniversario del massacro di Malisbong e paleranno dell’incidente. Insisteranno che il racconto di questo passato sordido come quella della comunità sia inclusa nella nostra coscienza e consapevolezza nazionale.
Abbiamo bisogno di ascoltarli, per imparare così che Malisbong non accadrà ancora in altre parti del paese.
Mentre la promessa di una pace duratura potrebbe essere ancora elusiva, so che c’è un barlume di speranza tra quanti sul fatto che il governo Duterte, lo stato e la gente ingenerale affronterà le lamentele della popolazione Moro e dei mindanoani che erano anche vittime della guerra distruttiva di Marcos negli anni della Legge Marziale.
Nel suo primo Messaggio alla nazione Duterte ha detto che in un conflitto dove soldati e ribelli riempiono i giornali “Io vedo invece vedove ed orfani. E sento le loro pene e i loro dolori. E non basteranno i soldi o le medaglie a compensare la perdita di vita umana. Il dolore attraversa ogni strato sociale, attraversa profondamente e il dolore dura per sempre”
Scegliere di dimenticare non è una opzione specialmente quando abbiamo un presidente che ricorda e vuole fare passi in avanti per guarire invece che dimenticare.
Amir Mawallil, ABS-CBNNews.com