La giunta thailandese può tirare un sospiro di sollievo, solo per questo momento però, perché il risultato del referendum del 7 agosto scorso lo si deve misurare rispetto ad un analogo referendum tenutosi nel 2007.
In entrambe le votazioni fu approvata una carta stesa da un comitato nominato dai militari creato nell’immediatezza del golpe. In questo caso NCPO del generale Prayuth ha ottenuto un tasso di approvazione del 61% per la sua bozza di costituzione, contro il 57% di nove anni prima.
E’ un miglioramento, anche se non decisivo, in cui si è versato un enorme sforzo burocratico per ottenerlo.
Potrebbe perciò sembrare strano che la maggioranza degli elettori thai abbiano espresso sostegno per una costituzione che porterà ad una camera alta totalmente non eletta, dove sei seggi su 250 sono riservati alle alte cariche militari, e lascia la possibilità di una nomina di un primo ministro non eletto.
Dopo tutto, elezioni generali successive in Thailandia sin dal 2001 hanno tutte comportato vittorie per partiti legati all’ex primo ministro Thaksin Shinawatra, il nemico giurato in esilio volontario dei militari thailandesi e del potere monarchico.
Dal momento che la maggioranza degli elettori sono in favore di Thaksin, come nelle popolose regioni del nord e nordest, perché sosterrebbero una costituzione che sembra intesa voler minare la base di potere di Thaksin?
I fattori dietro il voto
La chiave per comprendere il referendum è riconoscere che il testo della costituzione aveva poco a che fare con il modo di votare della gente. E’ stato virtualmente impossibile avere copie cartacee della costituzione.
Gran parte degli elettori doveva trattare con riassunti brevi e fortemente ingannanti distribuiti con manifestini dalla commissione elettorale, che ha trascurato gran parte delle questioni controverse in ballo.
Chi ha espresso una visione critica della bozza è stato apertamente deriso e spesso represso senza il minimo scrupolo da elementi in favore del governo. La maggioranza di chi ha votato per il Sì votava in favore delle elezioni promesse che il governo ha promesso di tenere entro il 2017.
Molti chiaramente credono che che l’approvazione della costituzione riporterà un grado di normalità politica. Chi ha votato per il No dubitava della sincerità delle promesse della giunta, e temeva che una bozza draconiana permetterebbe ai militari di mantenere il veto sulla politica del paese per molti anni a venire.
Mentre il referendum sarà salutato come una vittoria di Prayuth che aveva mostrato un crescente nervosismo sul suo futuro politico nella corsa al voto, i risultanti vanno valutati rispetto agli obiettivi posti dai militari nella loro presa del potere del maggio 2014.
NCPO insistette sul fatto che pianificava di “riportare la felicità alla gente” restaurando l’unità nazionale; Prayuth stesso scrisse una canzone che promuoveva questo tema.
Queste frasi idealistiche risonanti alludevano alle profonde divisioni che avevano preso la Thailandia nel decennio precedente, divisioni che si sono manifestate con manifestazioni di strada enormi da entrambi gli schieramenti sia pro-Thaksin che anti-Thaksin, e viste in risultati elettorali che hanno polarizzato la nazione in regioni geografiche “gialle” con gli anti Thaksin e regioni “rosse” in favore di Thaksin, come pure gruppi social.
Per raggiungere l’obiettivo proclamato di riconciliazione nazionale, i militari avevano bisogno do ottenere un alta presenza alle urne e sostegno popolare grande per la bozza costituzionale.
Nessuno dei due obiettivi è stato raggiunto. La percentuale dei votanti era quasi la stessa del 2007, quasi un 60%, molto inferiore all’obiettivo fantasioso del 80% della commissione elettorale.
Nel frattempo la divisione approssimativa 60/40 tra il Si e no continua a riflettere una popolazione profondamente divisa che ha votato lungo le linee regionali.
Gli stessi problemi antichi
Il paese si trova di fronte esattamente agli stessi problemi a cui si trovava prima del golpe 2014. La gente nelle regioni del Nord e Nordest è profondamente stanca delle elite nazionali e sono vicini alla causa di Thaksin.
La Grande Bangkok ed il meridione superiore va nella direzione opposta. Se la divisione si è ristretta è solo per una debole percentuale. Nel dicembre 2007 un partito pro Thaksin vinse le prime elezioni del dopo golpe, dimostrando così che il sostegno maggioritario alla costituzione sostenuta dai militari non significava necessariamente che la maggioranza era innamorata con la concezione del mondo di chi stese la costituzione.
Nelle elezioni thailandesi il voto è obbligatorio ed i partiti e candidati mobilitano gli elettori, tanti dei quali lavorano lontano dalla residenza legale e tornano in forze a casa. Questo non è successo per il referendum del 7 agosto che perciò non è un buon modo per predire il risultato delle prossime elezioni.
Prayuth potrebbe pure considerare il risultato del referendum come un voto di fiducia alla sua guida politica.
Sarebbe però un errore. Persino la classe media di Bangkok, la sua base di sostegno, comincia a diventare stanca del tono del primo ministro e dei discorsi contorti del venerdì sera in televisione.
I Thai di solito cominciano a cambiare i propri capi politici dopo due o tre anni, e l’atmosfera pubblica potrebbe diventare ostile molto velocemente. La giunta farebbe bene a trovare una via di uscita mentre ha ancora del sostegno.
La bozza costituzionale è stata anche approvata ma il suo governo non ha affatto riportato la felicità all’intera popolazione thailandese.
Duncan McCargo, University of Leeds, Asianikkei