Per di più la Cambogia ha riportato di aver esportato sabbia per soli 5 milioni di dollari verso la nazione stato che resta il paese destinatario delle maggiori esportazioni.
Il periodo di riferimento è dal 1996 al 2015. Per fare un esempio, Singapore dichiara nel 2014 di aver importato 170 mila tonnellate di sabbia per un valore di 127 milioni di dollari, dove la Cambogia dichiara di aver esportato neanche 33 mila tonnellate per un valore complessivo di 71 mila dollari. Si può immaginare il danno all’erario statale e la cifra ingente incassata. A leggere i dati di esportazione cambogiani sembrerebbe che l’esportazione della sabbia dal 2008 in poi sia andata calando. Se si leggono i dati di Singapore i dati raccontano una storia totalmente opposta.
Il dragaggio della sabbia dai fiumi e dalle spiagge quindi, oltre ad essere estremamente dannoso dal punto di vista paesaggistico ed ambientale, è fonte enorme di danno alle casse dello stato cambogiano ed alimenta cifre enormi della corruzione.
Molto probabilmente, sostiene Sa Chey di una ONG ANSA firmataria della denuncia, è la corruzione il fattore chiave di discrepanza enorme tra i dati dell’ONU e i dati dello stato cambogiano, fenomeno su cui il ministero delle risorse naturali e dell’ambiente deve trovare una spiegazione oltre a comprendere il danno che si fa alle comunità locali di estrazione della sabbia.
Il portavoce del ministero risponde che questa discrepanza potrebbe essere dovuta anche ad un fenomeno di corruzione, ma anche ad un diverso modo di riportare i dati, oppure a qualcuno che vuole camuffare le proprie esportazioni attribuendole alla Cambogia.
“Il ministero ammette di avere qualche problema nel gestire il settore dell’esportazione della sabbia, ma le discrepanze dei dati potrebbero essere il risultato di differenti regimi di denuncia di ogni stato…. Rispetto agli accordi di vendita della sabbia il ministero non ha alcun ruolo” ha detto il portavoce del ministero promettendo indagini e misure punitive si si ritrovano irregolarità nelle operazioni di esportazione.
Un rapporto di Global Witness, però, “Hostile Takeover: The Corporate Empire of Cambodia’s Ruling Family”, chiama in causa la famiglia del primo ministro Hun Sen e loro associati ed un contratto di licenza di dragaggio per 4 chilometri lungo il Mekong.
Anche la ONG, Mothernaturecambogia.org da cui sono presi i dati ufficiali citati sopra, dice:
“Il governo afferma che gli estuari costieri della provincia di Koh Kong trasportano naturalmente troppa sabbia e perciò si richiede il dragaggio e una maggiore profondità perché siano più navigabili e per ridurre l’erosione delle rive dei fiumi e gli allagamenti nell’area. Dipinge così in poche parole un effetto benefico di questa attività mineraria alle comunità locali di pescatori”
La realtà comunque è alquanto diversa sostiene mothernaturecambodia.org: “Il pescato è calato moltissimo negli estuari dove ha luogo il dragaggio della sabbia, l’inquinamento da parte dei barconi della sabbia è quasi insopportabile per la gente che ci vive, il collasso delle rive dei fiumi è costante ed isoli a trarre presunti benefici dal dragaggio della sabbia dagli estuari sono i grandi barche che viaggiano verso sopra a prendere la sabbia e portarla a Singapore”
“Sono già scomparse sette spiagge a causa del dragaggio della sabbia” dice Louk Pou di Koh Sralau alla Rueters, isola che è il centro del dragaggio della sabbia a 300 km da Phnom Pen. “Sono totalmente scomparse e la gente non se le può più godere”. Con le sette spiagge è sparita anche l’attività prosperosa della pesca di un tempo.
L’attività è cominciata nel 2000 ed allora la pesca dei crostacei dai fondi sabbiosi dell’isola riusciva a sostenere bene la comunità di pescatori che riusciva a mandare i figli a scuola. Ora non se lo possono permettere più.
A questo si deve aggiungere lo scarico oleoso delle barche nei fiumi che colpisce l’ambiente dove cresce molto la crescita dei crostacei, e l’erosione della sabbia dalle foreste di mangrovie che cominciano a scomparire.
L’industria estrattiva della sabbia è in forte espansione, perché richiesta nel campo delle costruzioni oppure a Singapore per espandere il proprio territorio portando nel complesso ad una domanda che supera talvolta l’offerta.
La Cambogia è il settimo esportatore al mondo ed il 97% di quanto esporta va a Singapore. Nel complesso è un’industria che nel mondo vale 70 miliardi di dollari l’anno, commercio illegale a parte. Singapore di oggi ha una superficie maggiore di oltre il venti per cento rispetto agli anni 50 e prevede di espandersi per il 2030 in modo artificiale di oltre 6200 ettari.
Se Singapore si espande con il dragaggio della sabbia, a rimetterci sono i delta dei fiumi e gli ecosistemi marini cambogiani e mondiali.
Nel 2013 Hun Sen vietò il dragaggio della sabbia lungo il Mekong e nel lago di Tonle Sap, e nel 2015 il governo fermò l’emissione di nuove licenze per dragare sabbia lungo i fiumi e i laghi della Cambogia per studiare l’impatto ambientale e sociale. Ma non si sa bene se queste azioni hanno avuto effetto visto che il dragaggio della sabbia di fiume continua.
Nel 2015 Suy Sem disse che c’erano 142 imprese di dragaggio della sabbia che operavano in Cambogia delle quali solo 37 avevano la licenza.
Nel 2016 Cambodian Center for Human Rights (CCHR) denunciava che a violare il divieto di nuove licenze era sempre il governo che concedeva licenze alle imprese di dragaggio.
Ad aprile scorso il governo metteva a disposizione altre 4 licenze di due anni sul Mekong per “restaurare la navigazione della via d’acqua”, in due zone dichiarate non a rischio di collasso delle rive dei fiumi. Altre 70 licenze di dragaggio di sabbia sono state date senza appalto e senza chiedere di rendere pubblici i risultati delle valutazioni degli impatti ambientali.
A maggio le compagnie con licenza di dragaggio di sabbia erano 84. Alla faccia del divieto di dragaggio di sabbia del governo e delle sue promesse secondo cui il dragaggio della sabbia dei fiumi e dei mari cambogiani doveva essere fonte di sostentamento