Jolo centro, la città portuale dell’isola di Sulu, ferve di attività. I tricicli si accalcano nelle strade strette, i negozi vedono un flusso costante di clienti che vanno in giro nelle compere di tutti i giorni. Una scena tipica di un centro filippino se non fosse per le tante guardie di sicurezza poste davanti a tanti negozi e la costante presenza di polizia e militari nell’area.
John, nome di fantasia, gestisce un piccolo negozietto di fronte alla stazione di polizia.
La famiglia di origini cinesi vive qui da generazioni fino a definire Jolo, Sulu, come la propria casa. Ma non è stato facile. Ha visto sua moglie, suo figlio e suo fratello presi in ostaggio da Abu Sayaff. Ha anche perso una zia per una bomba posta davanti al negozio.
“I rapimenti si hanno sempre quando si va dal negozio a casa. Una grande macchina si ferma e tira la persona dentro con una pistola puntata. Quando accadde la prima volta, non sapevamo che fare e come negoziare il riscatto. E’ come un accordo di affari. Devi continuare a contrattare il prezzo da quello che loro definiscono” spiega John.
La sua esperienza non è unica. Altri negozianti parlano di rapimenti, estorsioni e tagli di testa se quanto richiesto nella lettera del riscatto non è accordato. Negli anni John ha visto molti dei suoi vicini chiudere i negozi e andarsene in città vicine più sicure.
Solo qualche mese fa, fu ritrovato un corpo senza testa di un giovane vicino al forno di sua proprietà. Aveva rifiutato di pagare il denaro dopo aver ricevuto la lettera in cui gli chiedevano una percentuale dei suoi guadagni per il gruppo. La famiglia se ne andò a Zamboanga dopo il fatto.
Jolo è iuna roccaforte di Abu Sayaff, gruppo terrorista che si formò negli anni 90 come un braccio della ribellione separatista della minoranza musulmana nel meridione delle Filippine cattoliche.
Molti li considerano banditi piuttosto che un gruppo ideologico. Negli anni sono sopravvissuti per il racket di rapimenti estorsivi che ha terrorizzato marinai, turisti e residenti.
Tra il luglio 2015 e settembre 2016 hanno sequestrato 38 stranieri e molte decine di filippini.
“I rapimenti a Jolo iniziarono nel 1999 e sono continuati da allora. Divennero rampanti nel 2012 e 2013 quando i rapimenti erano un fattore quotidiano.” dice John.
Aggiunge che si era giunto al punti che sembrava insolita una giornata senza il rumore delle armi da fuoco nell’area.
Come in tanti, John è riluttante a parlare per paura di rappresaglie. Comunque si comincia a notare un’inversione di tendenza. John ha detto che di recente, da quando il presidente ha accresciuto il numero di soldati nella zona, le cose si sono un po’ calmate e ci sono stati meno incidenti.
Dopo aver preso il potere Duterte non ha perso tempo nell’ordinare vaste mobilitazioni di truppe per sradicare il gruppo e fermane le attività. Una battaglia che molte amministrazioni precedenti hanno combattuto e perso, nonostante i loro migliori sforzi.
Facile capire il perché. La lotta contro i gruppi terroristici come AbuSayaff è stata lunga e pericolosa. I militari filippini lottano contro un nemico sul loro campo, dove il terreno è giungla difficile anche da penetrare, e dove forti legami ed alleanze familiari rendono difficile determinare chi è il nemico.
“A causa dei forti legami tra comunità e relazioni di sangue, non possiamo eliminare la possibilità che quelli del villaggio sosterranno Abu Sayaff” dice il generale Dela Vega. “Alcuni si guadagnano persino da vivere nel nasconderli”.
Il generale guida la forza congiunta a Jolo. Le sue truppe escono in operazioni che durano una settimana a scandagliare le giungle di Sulu ala ricerca delle roccaforti di Abu Sayaff. Poco a poco, guadagnano terreno.
“Abbiamo guadagnato considerevole sostegno dalle comunità. Il corridoio del loro movimento si restringe, scappano e provano a dividersi in gruppi più piccoli per non farsi identificare velocemente. Se riusciamo ad eliminare il sostegno della comunità e conquistare un certa familiarità, li potremo sconfiggere facilmente.”
A settembre il gruppo di Abu Sayaff rilasciò 17 ostaggi ed un piccolo numero di suoi membri si arresero.
Ma la guerra è lunga e dura con molte vittime dalle due parti. Le forze militari nell’area devono barricarsi nei loro campi. Sanno che ognuno di loro ha una taglia sulla testa e persino andare ad un negozio locale può portare alla morte.
“C’è un protocollo di sicurezza ogni volta che dobbiamo lasciare la base” spiega il colonnello Rodrigo Gregorio, portavoce della task force a Sulu. “Sappiamo che la gente è pagata ogni volta che uccidono una persona in uniforme. In un caso un soldato fu ucciso mentre stava ritirando i soldi presso un bancomat.”
La lotta è tutt’alto che finita. Abu Syaff continua a fare rapimenti ed ha trovato più spazi dove nascondersi ed attendere che i militari si allontanino. E mentre il numero dei militati di Abu Sayaff declina, ci sono prove di reclutamento di nuovi membri. L’isola dove operano è una delle aree più povere delle Filippine. Secondo De La Vega, persone con pochissime opportunità si uniscono per disperazione, tentati dal denaro generato dalle estorsioni e in alcuni casi droga.
Nel frattempo nelle isole vicine di Tawi Tawi, i marine pattugliano il mare contro ogni attività sospetta.
Da Marzo c’è stata una crescita di rapimenti in mare di marinai indonesiani e malesi che battono i mari tra i tre paesi.
Questo ha avuto un impatto sul commercio regionale nell’area. Le esportazioni di carbone indonesiano dal Calimantano orientale ammontano al 70% delle importazioni filippine di carbone e un volume di 55 milioni di metri cubi di merci transitano nelle acque ogni anno.
Ad aprile le autorità indonesiane hanno bloccato temporaneamente le navi che salpavano per le Filippine, mentre la Malesia ha imposto un embargo al commercio tra Sabah in Malesia e Tawi Tawi.
A maggio i tre ministri degli esteri indonesiano, Filippino e malese si sono accordati sul lancio di pattuglie marittime nell’area.
“Ci sono già state esercitazioni congiunte nella nostra area, per lo più con i malesi” ha detto il maggiore Franco Alano del comando occidentale di Mindanao. “L’area è molto porosa e siamo in costante coordinamento con le nostre controparti ma abbiamo bisogno di migliorarlo, perché ci sono ancora attività terroristiche nell’area.
Ma per i marines filippini che pattugliano i mari vicino a Tawi Tawi trovare e prendere una barca con militanti di Abu Sayaff è come trovare un ago nel pagliaio.
“Conoscono benissimo le acque e quindi possono muoversi come vogliono e conoscono bene il terreno adattandosi dovunque vanno. Possono usare i civili come copertura, si possono confondere con loro” dice il capitano Amir Cabrera, un marine a Tawi Tawi.
Mentre una maggiore presenza ha prodotto una riduzione della minaccia, tutti quelli coinvolti nella lotta comprendono che non bastano le armi per cancellar Abu Sayaff.
“Le forze armate comprendono che la soluzione militare non uò essere la soluzione alla questione specialmente a Sulu. Ecco perché incoraggiamo tutti ad essere attivamente coinvolti nella riduzione della povertà e in altre aree”.
Il gruppo prospera nell’instabilità dell’area in cui opera e per fermare il gruppo il governo ha bisogno di di concentrarsi sul dare alle potenziali reclude una ragione per non aggregarsi. Bisogna che escano dalla povertà e dal conflitto.
“La radicalizzazione dei giovani musulmani è legata ad un problema più vasto, il fallimento del governo a dare opportunità ed ad affrontare la povertà nell’area” dice il rettore Macrina Morados dell’istituto di studi islamici della UP. “Se si guardano alle statistiche si vedono le province più povere sono quasi tutte nella regione autonoma di Mindanao musulmana”.
Aya Lowe, CNA