Vittoria di misura nelle elezioni di Giacarta per Ahok che se la vedrà al secondo turno elettorale di aprile contro Anies Baswedan.
Gli indonesiani sono andati al voto per le elezioni locali il 15 febbraio, come a Giacarta dove si è votato per il posto di governatore.
L’elezione che per i media internazionali ha assunto il valore di indicatore della tolleranza nel maggiore paese musulmano ha segnato una prima vittoria di misura per il candidato cristiano cinese Basuki Purnama “Ahok” contro l’altro candidato Anies Baswedan, legato al partito di Prawobo Subianto Gerindra Party.
Ahok conduce nella conta veloce dei voti con il 42.87% dei voti, mentre Anies raggiunge il 39.76. Il terzo candidato, Agus Yudhoyono, figlio dell’ex presidente indonesiano, ha ottenuto un misero 17% che però lo potrebbe portare ad essere l’ago della bilancia nel prossimo ballottaggio ad aprile prossimo.
Mentre gli elettori che hanno votato per Agus sono molto più vicini a quelli che hanno sostenuto Anies, restano da vedere le indicazioni di voto che darà l’ex presidente Yudhoyono e le rivalità politiche tra i partiti dei due schieramenti.
E’ una partita che per alcuni analisti è ancora difficile da predire dal momento che questa elezione ha anche un alto valore a livello nazionale dove le rivalità sono enormi.
Gli stessi tre partiti musulmani sarebbero divisi tra loro. Mentre PKB e PPP hanno sostenuto Agus, PKS che professa a differenza dei precedenti l’attivismo islamico ha sostenuto Anies.
Un analista politico Sirojudin Abbas sostiene che a livello di base c’è molto scontro tra i tre partiti islamici che difficilmente si potrebbero alleare e sostenere Anies.
“Non vedo PKB e PPP sedersi insieme al PKS” dice Sirojudin Abbas che non vede come i due partiti moderati possano accettare il sostegno di musulmani conservatori legati ad Agus.
I due candidati Ahok e Anies hanno nel frattempo provato a prendere tempo, perché la conta reale dei voti procede ancora ed il dato finale non è ancora certo. Finora la conta veloce ha sempre dato risultati in accordo col dato finale.
Solo Agus, data la bassissima percentuale, ha ammesso la sconfitta e si è congratulato con Ahok stesso e con l’altro candidato.
La mezza vittoria della tolleranza in Indonesia, The Economist
Milioni di indonesiani, da Aceh nell’occidente a Papua Occidentale nell’arcipelago orientale, hanno votato il 15 febbraio per eleggere i capi locali. La gente ha sfidato le alluvioni e gli smottamenti della stagione delle piogge per dare il loro voto in un grande sforzo di democrazia. Ma la giornata era dominata dall’elezione a Giacarta che è diventata un test per la tolleranza nel paese musulmano più popoloso al mondo. Il governatore uscente Basuki Purnama Ahok è un cristiano di origine cinese e quindi un membro di due minuscole minoranze.
Gli islamisti hanno provato a portare gli elettori contro Ahok accusandolo di aver insultato il Corano. All’elezione Ahok è giunto al primo posto senza però ottenere una maggioranza assoluta con circa il 43% del voti secondo una conta non ufficiale. Le elezioni perciò saranno decise nel secondo turno del 19 aprile. Ahok si troverà di fronte Anies Baswedan, ex ministro dell’istruzione, che conduceva la conta ma è finito secondo con il 40% dei voti. Agus Yudhoyono, figlio dell’ex presidente ha ottenuto il 17%, ed è fuori gara.
Parlando al suo improvvisato quartier generale in un quartiere alberato, Ahok ha promesso di continuare a lottare. E lo dovrà fare con forza per vincere. Molti abitanti di Giacarta approvano i suoi progetti di rinnovo urbano, ma i suoi critici non sono solo gli islamici: molti si oppongono agli espropri degli abitanti delle baraccopoli di cui i suoi progetti hanno bisogno. Marcus Mietzner, studioso dell’Università Australiana riconosce la difficoltà che troverà Ahok nel cercare il voto di Yudhoyono per il forte scontro tra i due campi.
Ahok era vicegovernatore e conquistò il posto di governatore succedendo a Joko Widodo quando si dimise per diventare presidente. Ahok ha perciò gareggiato solo come candidato a posizione di vice. Fino a settembre la sua rielezione sembrava assicurata, allorché disse ad un gruppo di pescatori di aver capito che non lo avrebbero votato perché erano stati costretti a credere che il Corano proibisce loro di votare per un cristiano.
Gli islamici lo accusarono di aver denigrato la parola di Dio. Accesero inoltre una rabbia settaria diffondendo un video manomesso del discorso e lanciarono proteste per spingere le autorità ad arrestarlo. Alla fine Ahok fu accusato di Blasfemia. Da dicembe ogni settimana Ahok è apparso nel tribunale per il processo.
Nell’ultimo giorno della campagna elettorale, decine di migliaia di persone si riunivano nella più grande moschea di Giacarta per ascoltare i predicatori dire che la volontà di Dio era che dovevano votare per uno dei due candidati musulmani. La forza trainante dietro alle manifestazioni era Rizieq Shihab, il duro capo del FPI, fronte dei militanti musulmani. Al di fuori della moschea un manifesto gigante appeso sulla grande via diceva “Arrestate Ahok il Blasfemo”. Folle posavano vicino ai manifesti che recitavano che era un peccato per un musulmano votare un Kafir, un infedele. Sulle bancarelle erano in vendita gingilli dove si proclamava Shihab come il capo supremo, imam besar, di tutti i musulmani indonesiani.
Ma quest’ultima protesta era di molto inferiore alle grandi di dicembre che attirarono almeno 500 mila persone. La cosa potrebbe indicare che il sostegno agli agitatori islamici e a Shhab stia scemando anche per uno scandalo sessuale a suo carico. Eppure i prossimi due mesi si pensa saranno più cattivi ora che lo scontro è tra un cristiano ed un musulmano.
Sembra che gli oppositori di Ahok abbiano concluso che il percorso sicuro verso la vittoria è di cocoolare i settari. Sia Baswedan che Yudhoyoino avevano partecipato alle preghiere con Shihab al più grande raduno, anche se i gruppi musulmani moderati avevano invitato i propri membri a starne fuori. Baswedan che una volta onorava il modello di tolleranza ha anche fatto un discorso presso il quartier generale del FPI a gennaio insieme a Shihab che per due volte era stato condannato per discorsi violenti ed era stato attaccato da i politici nazionali.
Anche se Ahok dovesse vincere ad Aprile, il tribunale potrebbero condannarlo. La Blasfemia si porta una sentenza di carcere a cinque anni, e quasi tutti quelli accusati sono stati condannati, a causa del fatto che i giudici non vogliono essere pressati dagli islamisti nel caso dovessero prosciogliere gli accusati. In teoria Ahok potrebbe fungere da governatore mentre conduce i lunghi appelli alla sentenza. In pratica si troverebbe sotto forti pressioni per dimettersi.
Sebbene sia incoraggiante il continuato seppur minore entusiasmo per Ahok, l’elezione ha spinto i gruppi islamici di nicchia al centro della politica. Sarà questo probabilmente un tratto delle prossime elezioni presidenziali del 2019. Ahok è un alleato fedele di Jokowi ed è sostenuto dallo stesso partito. Baswedan da parte sua è sostenuto da Prawobo Subianto, ex generale che fu sconfitto al fil di lana da Jokowi. Prawobo è un nazionalista vecchio stile, non un islamico, ma ha mobilitato in parte il voto musulmano alleandosi con un partito religioso popolare tra gli elettori poveri. L’attuale configurazione di forze dice che i temi dell’Islam potrebbero giovcare un ruolo importante nella politica indonesiana negli anni a venire.