La promozione, o almeno, la tolleranza per i diritti della comunità LGBT in Thailandia ha un grande impatto sul progresso democratico. La tolleranza, se non l’abbraccio completo di differenti identità di genere, può accrescere la tolleranza politica se non l’accettazione di differenti punti di vista ed ideologie.
C’è un parallelo tra i due e, nonostante l’essere sotto un governo militare da due anni e mezzo, la Thailandia può ancora fare dei progressi nelle due aree. Ci sono delle ragioni per l’ottimismo.
A fine anno passato si è avuta la nomina di Vitit Muntarbhorn come primo esperto in assoluto di orientamento sessuale ed identità di genere ed è stata una buona notizia.
Diplomatici di alto profilo, come il nuovo ambasciatore britannico in Thaiandia Brian Davidson e di suo marito americano Scott Chang, che ho incontrato entrambi, hanno intrapreso un’offensiva accattivante della comunità LGBT sin da quando sono arrivati nell’ultima parte dell’anno. Molti media thailandesi lo hanno intervistato sulla questione, normalizzando ulteriormente l’accettazione se non la tolleranza.
Gli esponenti più in vista della comunità LGBT sono ora presenze comuni ai ricevimenti diplomatici occidentali a Bangkok, ed alcuni media cartacei riservano molto spazio alla questione. Alla fine di questo anno, Bangkok ospiterà una Marcia dell’Orgoglio LGBT. Tutto questo, benché ci sia al comando una giunta militare repressiva, è una ragione per essere fiduciosi.
Ad essere giusti, quando incontrai Vitit ad un ricevimento diplomatico, il professore mi disse che non c’era qualcosa di scritto da parte del governo militare thai ad invitarlo a fare qualcosa di sua competenza. Si badi, gli esperti dell’ONU, anche quelli a Bangkok come Vitit, non possono interferire sulle questioni locali se non invitati dal governo che li ospita. Una legge di matrimonio di persone dello stesso sesso è stata messa da parte nel frattempo e può essere ripresa solo dopo che la giunta sarà andata via.
Tutto questo non vuol dire che non possiamo fare nulla per migliorare i diritti della comunità LGBT e quindi la cultura democratica.
Al cuore c’è lo scontro per chiudere gli spazi ai discorsi di odio anti LGBT e renderli culturalmente e politicamente inaccettabili.
Entrambi gli schieramenti della divisione politica, magliette rosse e magliette gialle, hanno una bella dose di elementi antigay e anti LGBT. Mi si ricorda il gruppo delle magliette rosse Rak Chiang Mai 51 che nei loro giorni migliori senza alcuna vergogna soppressero il tentativo di organizzare nel 2009 una Parata dell’Orgoglio LGBT. Un cosa vergognosa ed omofobica.
In un articolo del febbraio di quell’anno, citai un capo del gruppo Petchawat Wattanapongsiri che affermava di parlare per conto dei residenti di Chiang Mai:
“La gente di Chiang Mai non lo può accettare e fermerà la parata con tutti i mezzi, persino con la violenza”.
Questo rivela come persino un gruppo che afferma di essere per la democrazia possa essere intollerante della diversità. Se non si accettano o non si tollerano le differenti identità sessuali e di genere, è difficile immaginare questa gente vedere accettare la diversità politica.
Su un altro fronte, chi mi segue su Twitter sa che negli anni sono stato spesso accusato di essere gay e che mi sono state lanciate contro frasi omofobe da parte di figuri che odiano la mia posizione politica contro la legge di lesa maestà e la giunta militare.
“Un omosessuale come te deve avere problemi mentali. Oppure devi odiare seriamente ed avere paura dei militari (simbolo di mascolinità)” tuittò un sostenitore ultramonarchico della giunta in risposta ai miei messaggi di una settimana precedente in cui dicevo che non avrei comprato fiori per i veterani di guerra finché la giunta non se ne fosse andata.
Per questa gente essere gay significa essere anormale, un abominio. Questa stessa gente crede che essere contro la legge di lesa maestà, o essere critici della monarchia e dei militari, sia anormale, sbagliato e spregevole. Nella loro logica, i thai bravi e moralmente solidi devono essere eterosessuali, devono riverire la monarchia e sostenere “la buona gente” della giunta. Il discostarsi comporta il marchio inevitabile del deviante.
Vitit o meno, Giunta o meno, la Thailandia nonostante la sua reputazione di paese relativamente aperto agli LGBT, deve ancora fare molta strada per lottare per la genuina accettazione di chi ha identità divergenti, che siano di genere, sessuali o politiche.
I figuri di internet continuano a prendermi in giro accusandomi di essere gay. Per me va bene, non c’è nulla di errato nell’essere gay.
Dico che non è affare loro. Non mi si costringerà a rispondere se sono gay o meno, perché chiunque ha il diritto ad essere e pensare differentemente, che sia di sesso o di politica.
Pravit Rojanaphruk, Khaosodenglish.com