“Importante avvocato musulmano scomparso. Si crede rapito per essersi opposto alla legge marziale” era un titolo del BangkoPost di 13 anni fa.
Il 12 marzo del 2004 Somchai Neelapaijit fu visto per l’ultima volta a Ramkhamhaeng. Vari testimoni videro 4 persone tirarlo fuori dalla sua macchina. Nessuno lo vide mai più. Domani è il tredicesimo anniversario della scomparsa di Somchai. Non è un ossimoro l’anniversario di qualcosa di invisibile per qualcuno che non era lì?
Oppure forse esiste. Ricordare qualcuno è farlo esistere. Dimenticarlo è condannarlo al cestino della memoria, all’oblio collettivo.
Tutti gli anni, familiari ed amici organizzano un evento per ricordare Somchai. Oggi si ritrovano presso Pridi Banomyong Institute a Thong Lor per “Somchai dove? Dov’è Somchai?” che non vuole solo rendergli onore al ricordo, ma anche riflettere come lavora la giustizia, o come non lavora, nei casi di violazioni di diritti umani e di scomparse forzate. Questo evento prevede l’annuncio del Premio Somchai Neelapaijit per i difensori dei diritti umani.
Somchai era un avvocato da trent’anni e, quando scomparve, rappresentava cinque musulmani sospettati di aver fatto parte dell’incursione nel campo militare a Narathiwat del gennaio 2004, fatto che divenne la scintilla dell’interminabile insorgenza nel Profondo meridione thailandese. Fu anche uno degli esponenti che chiesero in modo forte la fine della legge marziale nel lontano meridione che è tuttora in vigore.
“PM difende la gestione del caso Somchai. Non ha dimenticato ma la giustizia richiede tempo” era il titolo del marzo 2005 del BangkokPost. Il PM era Thaksin Shinawatra.
Tempo? L’ex PM ne ne deve sapere molto del tempo, perché il suo esilio che doveva durare un fine settimana è diventato lungo una vita. Ma almeno Thaksin esiste come uomo e come fantasma, laddove Somchai soffrì di un destino di gran lunga peggiore: non è neanche un’ombra.
“Non ha dimenticato” disse allora l’ex PM. E’ un’ironia che gran parte della gente non abbia mai dimenticato Thaksin, mentre il ricordo di Somchai e delle altre vittime delle scomparse forzate lentamente scivola via. Questa settimana, il baccano è se l’exPM sarà costretto a pagare le tasse per aver venduto le sue azioni, mentre il caso di Somchai Neelapaijit è diventato un po’ come il conflitto palestinese: stanco, remoto, evanescente irrilevante.
“Somchai è morto, dice Thaksin. Cita prove del DSI” si legge sul giornale del 2006.
Quell’anno la corte penale condannò il maggiore di polizia Ngern Thongsuk a tre anni di carcere per le sue connessioni con la scomparsa. Altri quattro sospettati, poliziotti accusati di furto e uso illegale della forza, furono assolti.
Quel bagliore di speranza, e di giustizia, sarebbe stato poi spento. In uno sviluppo strano il maggiore Ngern scomparve e la famiglia testimoniò che era morto in una frana. Poi la corte lo dichiarò persona scomparsa.
La giustizia richiede tempo. Come anche l’ingiustizia, tempo che è di solito più doloroso e implacabile. Ci si chiede semplicemente se l’uomo fu ritenuto morto, come disse Thaksin, allora chi lo aveva ucciso?
Era ridicolo che l’avvocato fosse proprio scomparso senza neanche uno sbuffo di fumo, ma ora che assomigliava ad un omicidio, lo sforzo di prendere i colpevoli divenne prima futile, riluttante e alla fine è stato terminato. E questo è il caso di una persona importante che, in modo imperdonabile, si intreccia con le questioni più vaste dei diritti umani, con la violenza del profondo meridione e la cultura dell’impunità, per cui questo paese è noto.
Se questo caso è stato infognato allora quali sono le speranze per i casi minori di militanti fatti scomparire?
“Angkhana attende ancora giustizia. Il caso dell’avvocato scomparso ancora nell’aria dopo dieci anni” si legge nei titoli del 2014.
“La notizia diceva che “dopo dieci anni e sei primi ministri, la moglie dell’avvocato scomparso attende ancora le scuse dai rappresentanti dello stato … e che si facciano progressi nell’accusa di chi era coinvolto nel caso”.
“La Corte ha assolto i poliziotti del caso Somchai” si legge nel dicembre 2015, il titolo che assomiglia al colpo finale per il caso più controverso di persona scomparsa nella moderna storia thai.
La Corte Suprema permise ai cinque sospettati di andarsene liberi, quattro in realtà poiché uno “morì” sepolto da una frana.
Ma no, non è la fine. Non possiamo permettere che sia così. Finché si onora la memoria di Somchai e del suo lavoro, e finché la storia non lo consegna nel buco nero che minaccia di risucchiare la Thailandia in un’epica amnesia, l’avvocato sarà qui. Non in carne ed ossa ma come una forza.
E’ il solo modo in cui celebriamo i diritti umani.
Kong Rithdee , Bangkok Post.