Quasi ai bordi della frontiera della provincia di Battabang, lungo una strada sconnessa di polvere bruciata dal sole, vicino alle pareti della sua capanna Prum Ly attende la morte. Nel cocente sole del pomeriggio, si agitano nella polvere i suoi polli affamati spennati da qualche malattia.
Nel dicembre del 2014, si cominciò a sapere che 292 persone nel villaggio di Roka erano stati inconsapevolmente infettati dal virus HIV da Yem Chrin, un medico impostore che curava tante famiglie nella zona.
Oggi con l’aiuto del ministero della sanità e di Global Fund per la lotta all’AIDS, Tubercolosi e Malaria, le persone infette restano bloccate in un limbo di medicazioni mensili, legati al loro centro sanitario con un regime molto accorto di farmaci antiretrovirali che li lascia inquieti, madidi di sudore e malati.
Per Prum Ly, il trattamento inflessibile si è dimostrato essere troppo. “Ho preso la medicina solo due volte, sono svenuta” dice con una giacca grigia informe sulle spalle sporgenti. “Era troppo. Non ce la facevo più.”
Ly è una dei pochi abitanti infetti del villaggio cambogiano per cui gli effetti collaterali degli antiretrovirali sono diventati insopportabili. Incapace di poter badare a sé dipende del tutto dal sostegno economico del figlio più grande. Il marito, un soldato, morì 20 anni fa.
La prima volta che la zia di Soum Saren si sottopose al trattamento dei farmaci, era troppo forte la nausea da ricoverarla all’ospedale di Battabang, dove rimase per una decina di giorni. Non riuscendo a sopportare il dolore sul suo corpo anziano, la zia di Saran ha dichiarato chiaramente di rifiutare tutti i trattamenti nonostante le supliche della famiglia.
Saren fissa la terra rossa con occhi sofferenti. Dall’altra parte della strada distrutta, si attesta il centro medico di Roka a ricordare le sofferenza della zia. “Ho provato a convincerla a prenderli ma ha detto che alla fine morirà, con o senza le medicine” dice con una voce che non si alza mai oltre il bisbiglio.
Roeun Man, un infermiere preparata al trattamento del HIV, venne al centro di salute di Roka circa sei mesi dopo lo scoppio del caso. “Gli effetti collaterali più comuni sono febbre, diarrea, coliche, mal di testa e, secondo quello che mi hanno detto, qualcuno ha vissuto una sensazione di bruciori a tutta la pelle”.
Delle centinaia di persone infettate dalla negligenza di Chrin, 22 sono già morti. L’uomo sconta una sentenza di 25 anni dopo che si scoprì che aveva riusato le siringhe contaminate quando era chiamato presso le famiglie. L’ultima vittima del medico, un medico anziano di una pagoda del posto, è morto di tubercolosi all’inizio di febbraio.
Vinto dagli scoppi di nausea per il suo regime di farmaci, Mom Heng non aveva presp le sue medicine da Aprile.
Il direttore di Buddismo per lo Sviluppo, Heng Monychenda, la cui organizzazione dà sostegno psicologico a chi è stato infettato dal virus a Roka e nell’area di Battabang, ha detto che la morte dell’abate è stata una perdita devastante per la comunità.
“Era una persona forte” dice Monychenda. “Quando ebbe l’HIV provò a prendere le medicine, ma poi non ce l’ha fatta più. Ogni volta che la prendeva cominciava a vomitare, non riusciva a mangiare.”
Man dice che non si sono verificati nuovi casi di infezione dallo scoppio iniziale, ma ha avvisato che le persone che rifiutano il trattamento medico pongono potenzialmente a rischio anche i villaggi vicini.
“Rischiano di infettare i bambini i gli altri membri della famiglia, ma c’è solo una piccola probabilità che accada. Ma se si tagliano da qualche parte, specialmente quando il virus li ha indeboliti molto all’ultimo stadio, allora la possibilità di infezioni è più alta”.
Persino per chi è scampato all’infezione, Roka resta un luogo di povertà e stagnazione. Sim Pov, capo della comune dal 2012, dice che Roka è menomata dalla disoccupazione e dalle misere condizioni sanitarie.
“Prima ricevevamo fondi da varie fonti, dal governo, dai ministri, ONG e Buddismo per lo sviluppo.” dice “Ma quest’anno riceviamo di meno”.
Benché Pov sottolinei la sua gratitudine per il sostegno già ricevuto dal governo, dice che ci sono poche opportunità nella comunità per guadagnarsi da vivere per sé e le famiglie:
“All’inizio a dicembre 2014 e 2015, c’erano tante fonti, persino dalle chiese cristiane. Ma ora anche se abbiamo fatto altre richieste al governo non abbiamo poi molto”.
Ibon Villelabeitia, specialista della comunicazione presso Global Fund ha detto che il finanziamento ridotto per la Cambogia era dovuto al fatto che il governo cambogiano aveva un ruolo finanziario più attivo nella campagna contro l’HIV, sebbene la sua organizzazione avrebbe continuato a dare sostegno finanziario fino al 2019. Aggiunge che la Cambogia ha tagliato del 60% la prevalenza del HIV tra gli adulti nei dieci anni scorsi, con quasi quattro su cinque adulti in bisogno di ricevere trattamenti.
“Il governo cambogiano ha costantemente aumentato la sua spesa annuale dal suo bilancio nazionale per l’HIV compreso la crescente contribuzione verso il procurarsi della terapia e di altri costi del programma” scrive in una mail. “Con l’approvazione da parte di Global Fund per l’HIV di 41.5 milioni di dollari nei prossimi tre anni, oltre alle risorse cambogiani per l’HIV, il governo cambogiano potrà continuare a sostenere e trattare quelli colpiti dal HIV durante questo periodo”.
Ma Monychenda dice che non ci sono molte prove di un piano di lungo termine per sollevare Roka dal suo stato di povertà. Ancora più problematico è il sostegno che diminuisce da quelle organizzazioni che accorsero a Roka nei primi giorni della crisi.
“Assolutamente c’è sempre meno finanziamento” dice guardandosi le mani e sorridendo amaramente. “All’inizio Roka divenne il sinonimo di maledizione, villaggio cambogiano maledetto. Forse lo è ancora persino ora”
Paul Millar, SEA-Globe