Fanno presto le organizzazioni governative e civili a condannare i militanti separatisti per gli errori tragici e le vittime collaterali dell’insorgenza nel meridione thailandese, come l’uccisione di una famiglia a Naratjiwat, ma c’è molto di più di quello che appare.
L’uccisione di una famiglia di quattro buddisti thai, tra i quali un ragazzino di otto anni, mentre andavano a scuola lungo una strada secondaria nel distretto di Rueso a Narathiwat, all’inizio del mese, ha generato una condanna generale.
La polizia ha raccolto tantissimi bossoli di mitragliette e fucili, oltre ad una bomba a mano, sulla scena dell’attacco dove un pickup con le vittime ha sbandato ed è finito tra gli alberi.
La polizia non esclude una questione di vendette personali come motivo dell’attacco. Ma se si considera la dinamica tutto punta al BRN, il movimento separatista che controlla l’insorgenza del meridione thailandese.
Diversamente dagli altri gruppi di ribellione nel mondo, il BRN non ha un’ala politica identificabile o un portavoce che confermi o neghi le accuse. Ma il loro rifiuto di apparire è dovuto per gran parte al fatto che il governo thai non li vuole incontrare in modo franco e su basi uguali.
Sono scarse le informazioni sull’identità e modo di pensare del comando del BRN ma i militanti di base dicono che, come politica, non ci si aspetta che i combattenti attacchino civili innocenti.
Gli errori tragici comunque si fanno e sono talvolta inevitabili le “ vittime collaterali ”.
Si fanno sforzi sia per le forze di sicurezza che per i separatisti di rispettare le regole di ingaggio della Convenzione di Ginevra. Ma all’occorrenza i combattenti di entrambi gli schieramenti decidono da soli cosa costituisca un obiettivo legittimo, come pure come portare avanti le operazioni.
Come ogni movimento separatista, il BRN identifica gli “obiettivi legittimi” che includono informatori che svelano informazioni sulle tattiche alle forze d sicurezza. I presunti collaboratori si pensa ricevano un avviso prima che i militanti prendano il sopravvento.
In modo simile, i membri delle squadre della morte del governo o ufficiali impazziti prendono di mira residenti che sospettano di essere vicini ai separatisti. Ufficialmente il governo nn ha una politica su tali “omicidi mirati”.
Per le forze dello stato e i loro sostenitori militanti, un religioso come il compianto Abdulateh Todir del villaggio Patae di Yala fu considerato facile selvaggina a causa della sua presunta vicinanza alla cellula locale militante. Fu abbattuto nel novembre 2012 in un distretto di Yala. Ma gli insorgenti non pensarono che fosse un obiettivo giusto e risposero con una serie di bombe e imboscate nelle successive sei settimane.
Prendere di mira deliberatamente civili innocenti, come un gruppo di abitanti in un caffè affollato, d’altro canto, è considerato parte di queste ostilità per vendette tra separatisti e forze di sicurezza.
Un esempio di alto profilo di civili presi di mira deliberatamente è quello degli omicidi del febbraio 2014, con la morte di tre ragazzini malay di età tra i 3 ed i 9 anni, nel distretto di Bacho a Narathiwat ad opera di due rangers.
Questi, alla conferenza stampa che annunciava la loro cattura, insistettero nel dire di aver agito da soli e non per ordine dei superiori. Si disse che la loro resa fosse parte di un accordo concessione del governo perché i separatisti cessassero gli omicidi di vendetta che incluse l’omicidio di tre donne buddiste, uccise da vicino e poi bruciate. Ma quando i due sospettati giunsero in tribunale, ritirarono la confessione e furono rilasciati sulla base dell’insufficienza di prove.
Agli inizi di questa insorgenza iniziata nel 2004, erano attaccati gli obiettivi facili come scuole pubbliche, monaci e insegnanti, sebbene non molto spesso. Furono anche uccisi tanti residenti del posto che erano considerati troppo vicini all’insorgenza, tra i quali capi comunità musulmani e insegnanti religiosi islamici.
Mentre era troppo evidente che i ragazzini a Bacho erano stati presi di mira deliberatamente, non si può dire lo stesso della famiglia a Rueso due settimane fa. L’incidente ha attizzato tutte le condanne e la critica dalle organizzazioni ufficiali thai e dei diritti umani. Sfortunatamente c’è una mancanza di prospettiva in queste condanne.
Nonostante la lunga storia di conflitti di vendetta tra insorgenza e forze dello stato, le regole non ufficiali di ingaggio esistono. Non è un accordo scritto, ma c’è una comprensione comunque tra le due parti che ci sono linee rosse da non superare. Il mancato rispetto di questa regola non scritta è un invito ad una vendetta sanguinosa e talvolta insormontabili.
Nel frattempo la gente del posto sottolinea che l’Islam permette di prendere le armi contro i governanti ingiusti ma vieta ai militanti di profanare i corpi dei soldati morti.
I capi religiosi locali dicono che tali atti non sono in linea con i principi islamici, e l’insorgenza ha risposto ponendo fine alla pratica di profanazione dei soldati del governo.
Un altro esempio di come i militanti abbiano seguito le richieste dei capi religiosi di maggiore “civiltà” nel conflitto è quello degli attacchi incendiari contro le scuole pubbliche che diffondono l’identità e la narrazione costruita dallo stato thai.
Nel 2007 furono incendiate 164 scuole nel profondo meridione, numero che divenne 14 l’anno seguente dopo le critiche dei cittadini e dei religiosi. Il governo thai immediatamente si prese il merito di ciò per le misure di sicurezza adottate, ignorando di proposito la prospettiva più vasta.
Nel frattempo il governo rigetta l’accusa di aver accettato l’uso delle squadre della morte, benché i residenti dicono che è difficile pensarla diversamente, dal momento che hanno testimoniato di uomini armati mascherati, scesi da un pickup, che sparano con le mitragliatrici contro gli avventori musulmani di un caffè affollato.
Oltre 6800 persone, in gran parte musulmani malay, sono morti nella violenza legata all’insorgenza nelle province musulmane del meridione thailandese dal 2004.
Per il pubblico consumo, le autorità Thailandesi accusano praticamente i separatisti di ogni incidente violento, senza però riuscire ad influenzare la narrativa che guida gli insorti e legittima la lotta armata agli occhi di molti cittadini.
E più le autorità si sforzano di annullare la linea che differenzia il danno collaterale dall’omicidio intenzionale, più si allarga la sfiducia tra le autorità e la popolazione malay musulmana.
Fonti separatiste dicono che dà molto fastidio che le organizzazioni della società civile e capi della comunità accettano con facilità la linea del governo prima di guardare ai fatti.
Un militante del BRN sottolinea che l’insorgenza ha fatto errori ma gli errori sono differenti dall’intenzione. Il BRN dice che l’argomento delle vittime collaterali sono parte di un dibattito interno da molto tempo. Troppo spesso però i militanti sul campo sentono che non possono ritirarsi per paura di vendetta o di caccia sfrenata.
Un’altra misura di protezione è il fatto che chi deve colpire e sparare non deve provenire dalla cellula locale dei militanti per ridurre al minimo la possibilità di un riconoscimento. Con questo tipo di vincoli è inevitabile che accadano gli errori tragici, dicono i militanti del BRN.
Don Pathan, (www.pataniforum.com) Nationmultimedia.com