Intoccabile erede della Red Bull in Thailandia
Tra le tante incertezze che si agitano sulla Thailandia mentre attraversa incerta una transizione politica delicata, di una cosa la gente può essere certa questa settimana.
Che Vorayuth Yoovidhaya, il nipote del miliardario che inventò la Red Bull sarebbe ancora una volta mancato di apparire in tribunale per rispondere alle accuse rivoltegli per la morte di un poliziotto.
Il 3 settembre del 2012 l’ufficiale di polizia fu colpito mentre era in moto da una Ferrari guidata proprio da Vorayuth.
I tentativi farseschi delle autorità thai di portare Vorayuth davanti al tribunale sono citati come il simbolo dell’intoccabilità dei super ricchi thailandesi.
Quello che accadde quel 3 settembre è ragionevolmente chiaro.
Il sergente di polizia Wichian Klanprasert guidava la sua moto lungo la Sukhumvit quando fu colpito da una Ferrari grigia che trascinò il suo corpo per un centinaio di metri prima di scomparire.
La polizia seguì la traccia di fluidi dei freni fino a giungere ad una casa di lusso ad un chilometro di distanza di proprietà di una delle famiglie più ricche del paese.
La malridotta Ferrari era lì ma la polizia all’inizio fu convinta a trattenere un autista della famiglia come sospettato principale.
Quando poi scoprirono che alla guida dell’auto vi era Vorayuth, scoprirono che aveva molto alcol in corpo che lui giustificò come aver bevuto a casa dopo l’incidente.
Dalle analisi dei video delle telecamere e da altri dati, la polizia sostenne che l’auto andava ad oltre 170 chilometri orari dove la velocità massima era 80, cosa negata dalla difesa.
Alla polizia ci vollero sei mesi per preparare le accuse di velocità eccessiva, guida spericolata e di mancato soccorso. Nel 2013 Vorayuth non sé apparso per ben sette volte in tribunale, protetto da tutti gli avvocati che giustificavano l’assenza con scuse varie.
Il nonno di Vorayuth, Chaleo Yoovidhya, a metà degli anni 80 costruì la sua fortuna quando insieme ad un dirigente di mercato austriaco trasformò la sua bibita energizzante conosciuta come Kratindaeng, Red Bull, in un successo di vendite globali. Si crede che il valore del patrimonio di famiglia valga oltre 20 miliardi di dollari….
Ma la famiglia non ha mai accettato di essere al centro delle attenzioni. Prima della sua morte nel marzo 2012 Chaleo Yoovidahya non ha mai rilasciato un’intervista. Dopo l’incidente il nipote Vorayuth è scomparso dalla vista.
Dai post sui media sociali suoi e dei suoi amici ricchi dicono che è rimasto molto in Thailandia, oltre ad aver viaggiato per le competizioni dei motori o per vari resorts.
Dopo l’incidente il capo della polizia di Bangkok Kamronwit Thoopkrajang promise che il colpevole della morte del sergente di polizia sarebbe andato sotto processo, o lui si sarebbe dimesso.
Nell’aprile 2013 l’avvocatura di stato promise di accusare Vorayuth per ritrattare dopo che gli avvocati della difesa contestarono l’accusa di guida pericolosa.
Nel settembre 2013 fu ordinato l’arresto di Vorayuth ma non successe proprio niente. Poi dopo il crescente turbinio politico in Thailandia il caso sembrò essere stato dimenticato.
L’interesse popolare si ravvivò solo dopo un altro incidente orribile che coinvolse un altro giovane ricco che con la sua macchina di lusso andò ad urtare ad alta velocità contro un altro veicolo, uccidendo due studenti.
La gente cominciò a domandarsi cosa fosse successo all’erede della Red Bull. Il governo militare che aveva promesso di affrontare gli abusi del precedente governo si sentì costretto ad agire. O forse in modo più accurato si dovrebbe dire ad essere visto di fare qualcosa.
A marzo del 2017 l’avvocatura di stato ha promesso di lanciare di nuovo le accuse contro Vorayuth. Per tutto lo scorso anno gli avvocati di Vorayuth riuscirono a posporre le tante richieste affinché Vorayuth si presentasse ad ascoltare le accuse ed affermarono che il loro cliente aveva denunciato al parlamento, quello nominato dai generali, l’accusa di essere stato trattato in modo ingiusto.
Molti avvocati non credono sia giustificato l’uso di questo strumento per ritardare la procedura penale contro Vorayuth, ma è questo che però succede.
Oggi la polizia insiste nel dire che non può far nulla. Quando gli si chiede perché non abbiano eseguito il mandato di arresto di un anno e mezzo prima, la polizia risponde che è tutto nelle mani dell’avvocatura di stato. Questa a sua volta dice che Vorayuth non può essere accusato se non si presenta in tribunale.
E l’ultima richiesta di presentarsi all’ufficio del procuratore per ascoltare le accuse? I suoi avvocati hanno detto che Vorayuth è in viaggio di affari in Gran Bretagna, e l’avvocatura ha ancora una volta spostato l’audizione.
La famiglia del poliziotto non si è espressa sul caso. Come accade spesso in questi casi la famiglia di Vorayuth ha dato loro una bella somma di denaro, centomila dollari, e loro hanno promesso di non spingere con le accuse.
E l’interesse pubblico, probabilmente svanirà, mentre la gente conclude ancora una volta che i ricchi dimostrano sempre di essere al di là della legge, in un paese pieno di corruzione e di abuso di potere.
Un avvocato che aveva precedentemente seguito questo caso, ha detto di non aver mai visto un altro caso di evasione della giustizia come questo qui. Fosse stato qualcun altro, senza una famiglia potente alle spalle, sarebbe stato di certo arrestato la prima volta in cui non si fosse presentato. L’accusa più grave contro Vorayuth, di guida pericolosa che causa la morte, scade nel 2027.
Pochissimi scommettono sulle sanzioni legali su di lui, o qualche significativa restrizione sul suo stile di vita prima che il termine legale lo liberi di ogni ripercussione degli eventi di quattro anni fa.
Jonathan Head, BBC
Il Boss della famiglia della Red Bull cammina a grandi passi sulla piramide dell’ingiustizia
Il boss se la svigna. Il boss è il boss. Il boss pranza in Francia e scia in Giappone. Il boss comanda la strada e calpesta la legge. Nella piramide del privilegio il boss sta alla cima. Nella catena alimentare dell’ingiustizia, il boss ci ricorda ancora e sempre chi è il boss.
Come un toro che carica un matador inconsapevole, l’erede della Red Bull Vorayuth “Boss” Yoovidhya investì il poliziotto di Thong Lor Wichian Klanprasert con la sua Ferrari nera la mattina del 3 settembre del 2012. Cinque anni dopo ancora si rifiuta di incontrare l’accusa. Cinque anni dopo il Boss è ancora troppo occupato.
I suoi brillanti avvocati chiaramente fanno qualche gioco di prestigio per ritardare l’incontro, e quello che più ci fa male, a noi persone che in qualunque momento potremmo essere calpestati dai ricchi ragazzi di Bangkok, che l’accusa sembra indifferente su tutta la faccenda.
Giovedì l’avvocatura generale insistendo di essere in guardia, hanno rimandato la convocazione del Boss per la sesta volta dal 27 aprile. Vorayuth che ora ha 32 anni afferma di essere occupato nel regno Unito. Non dubitiamo neanche per un istante di come possa essere occupato, dopo che le agenzie hanno mostrato il suo girovagare per l’alto mondo, pranzando, bevendo, per piscine, divertendosi e godendosi ogni attimo della vita passata nell’ovatta del titolo.
L’intera saga del Boss ha fatto infuriare parecchio. Il caso non sembra complicato. C’erano testimoni e tante prove. La vittima un poliziotto. E’ troppo ovvio il tentativo di far ristagnare il caso. Quello che fa infuriare ancora di più, comunque, è quando pensiamo a chi è stato gettato in prigione in circostanze molto meno chiare e di come la legge sia attenta e veloce in questi casi.
I casi che coinvolgono persone bloccate negli strati più bassi della catena alimentare della giustizia: l’insegnante arrestato per aver investito un uomo sebbene si era capito che lei non era alla guida; l’addetto alle pulizie accusato erroneamente di furto e che ha trovato i reali colpevoli in prigione (i colpevoli scrissero una lettera al tribunale in solidarietà per l’addetto alle pulizie; la vecchia coppia condannata perché andavano a funghi in un parco nazionale. La lista è lunga.
Ed ovviamente Jatupat Pai Dao Din è rimasto in carcere per tre mesi per aver condiviso un articolo online. La corte gli ha ripetutamente negato la cauzione con la stessa frequenza con cui il Boss della Red Bull ha spostato il proprio incontro con la legge. Pai finì in carcere settimane dopo “il crimine”. Boss è ancora libero dopo cinque anni.
Ditemi: qual è il caso che coinvolge un morto?
Se un alieno venisse a Bangkok ditegli che il concetto di giustizia umana è volubile. Per qualcuno è un’iniezione letale alla testa. Per altri il suo arrivo può essere ritardato fin all’eternità, o finché non scadano i termini di prescrizione. Per Boss ha ancora dieci anni prima che l’accusa di guida pericolosa che causa la morte non scada. Per qualcuno che ha denaro e ville con piscina, non sembra lontano.
Ma almeno dovremmo imparare qualcosa. Nel 2014 il gruppo legale di Boss inviò una lettera all’accusa chiedendo di intervistare più testimoni. I legali fecero una petizione al comitato per la giustizia dell’Assemblea Legislativa Nazionale per cercare giustizia nel caso del loro caso. Lo scorso dicembre la prestigiosa NLA nominata dai golpisti informarono l’accusa della richiesta di giustizia di Vorayuth. Non sono chiare le conseguenze di quella informativa di un corpo le cui funzioni sono meramente di consigliere.
Ancora, significa che chiunque possa spostare le convocazioni facendo una petizione al parlamento con la speranza che il parlamento “informi” l’accusa?
Questo è un caso di incidente con omissione di soccorso con un morto, e se qualcosa così se la svigna così facilmente con l’assemblea, conosciuta per il suo senso di giustizia, con gli stipendi lauti e la frequenza impeccabile, allora chi è accusato di reati meno severi, che non conducono alla morte di nessuno, dovrebbe guardarlo come un precedente.
Se non c’è alcun precedente. C’è solo il Boss.
Sostenere il governo della legge è ciò che il governo ci promette, specialmente questo governo che vanta sempre superiorità morale.
Quello che succede però è evidente: la chiara ingiustizia nell’applicazione della legge, la relazione tra la ricchezza e la dispensa della giustizia, e i tentacoli dell’influenza che l’elite agita. Il ricco, colui che ha connessioni forti, la classe politica, i militari al di sopra dei cittadini ordinari che pagano le tasse e attendono di morire sul marciapiede soli e doloranti.
Così il Boss se la svigna. Chiunque altro vive delle briciole di giustizia che arriva sempre troppo tardi, quando arriva.
Kong Rithdee, Bangkokpost