Vajiralongkorn, che è salito al trono solo il dicembre scorso, forse prova a strappare qualche poter dalla giunta che, nel maggio 2014, estromise un governo democraticamente eletto. E questa promulga ha iniziato un periodo temporale per le prossime tanto attese elezioni, stimate approssimativamente per la fine del 2018.
Eppure nulla fa presagire che ci sia necessariamente qualche buona speranza per la democrazia.
La costituzione sembra essere stata disegnata per assicurare il controllo resti nelle mani dei militari, anche nel caso che si tengano delle elezioni. Tra le altre cose, permette al senato, essenzialmente nominato dalla giunta, di selezionare il primo ministro con il sostegno di un quarto dei membri eletti nella camera bassa.
Non ci si deve meravigliare che il governo militare sia parso irritato e sconvolto quando, agli inizi di gennaio, Re Maha Vajiralongkorn, ad un mese dalla salita al trono, chiese che fosse modificata la bozza costituzionale. La giunta immediatamente annunciò che il Re avrebbe toccato solo alcuni punti. “Non coinvolge affatto i diritti delle persone e le libertà” disse Prayuth, provando chiaramente a non dare importanza. “Si tratta dell’autorità di sua maestà”.
Ed è così, solo che con le modifiche in questione, il maggior potere della monarchia significherà meno potere ai miliari
Un cambiamento permette al re di nominare al suo posto un reggente, anche quando lui viaggia fuori della Thailandia. Questo priva il Consiglio della Corona, gruppo di sostegno che si sa sostiene la giunta, della sua tradizionale autorità ad agire al posto del re in tali occasioni.
Un altro cambiamento verte su chi ha l’autorità di risolvere una crisi costituzionale non affrontata chiaramente dalla costituzione. Secondo la bozza dei militari, dovevano essere i capi dei tre rami del potere, convocati dalla corte costituzionale. Ora il re sarà l’arbitro finale in una crisi, come era il caso, almeno in pratica, sotto le costituzioni del 1997 e del 2007.
Questi cambiamenti, e forse ancor di più per il fatto di essere stati richiesti, rappresentano una perdita di potere per Prayuth e i suoi sostenitori. Sono anche uno scostamento dalla continua cooperazione tra i militari e la monarchia.
Per decenni, continue generazioni di generali thai hanno deposto governi eletti, riscritto costituzioni e approvato leggi antidemocratiche, e tutto era poi legittimato da un colpo di penna reale.
Ma il governo di Prayuth non poteva davvero rifiutare le richieste del re. La costituzione non sarebbe stata attiva se non fosse stata firmata dal re, ed il documento, che era stato approvato da un referendum popolare, quantunque orchestrato, forse sembrava l’unica affermazione di qualcosa che somigliasse vagamente ad un mandato popolare.
Il fatto che Re Maha Vajiralongkorn abbia chiesto delle modifiche alla costituzione, è molto sorprendente, perché da principe ereditario era conosciuto per il suo stile di vita generoso, poco incline ed inadatto ad essere il re attivo che era suo padre Bhumibol, e quindi molto meno provocatorio per la giunta.
Il governo militare si è speso molto per vincere il favore di Vajiralongkorn. Nel 2014, si diceva che mentre il re aveva una tresca, il governo creò le basi per il suo divorzio dalla terza moglie facendo arrestare la famiglia estesa della principessa che fu poi mandata in esilio interno. Quando si parlò di permettere ad una principessa di succedere a Re Bhumibol, i generali apparvero in pubblico con il principe, sostegno tacito che gli aprì la strada al trono. Il governo Prayuth ha fatto uso liberale della legge draconiana della lesa maestà contro i critici della monarchia, e dei militari, mandando in carcere con sentenze epocali una lunga lista di cittadini ordinari.
Quindi Re Maha Vajiralongkorn sta provando, in modo inaspettato, a ridefinire la relazione della monarchia con i militari, o solo a raffermare semplicemente qualche prerogativa reale per poter continuare a vivere come gli aggrada?
Quali sono poi le implicazioni per le prospettive democratiche in Thailandia?
Per decenni il palazzo è sempre stato allineato con i militari, generalmente contro politici e democrazia. I militari decidevano ed il palazzo firmava. Il generale Prayuth ha aperto la strada al trono a Vajiralongkorn, e si attendeva che gli controfirmasse la loro costituzione. Ma lui nonlo ha fatto. Ha chiesto di cambiarla, e in modo apparentemente innocuo, che forse è stato ancora più scostante per i generali.
Dopo aver acconsentito ai cambiamenti, lui ha scelto di approvare la bozza riveduta, molto prima della data limite, nel giorno della dinastia Chakri che commemora l’instaurarsi della attuale dinastia 235 anni fa.
Non è stata una coincidenza, ma un messaggio. Questo re sarà un attore, si dice. L’incertezza è la regola della politica thailandese, ma è stata tipicamente la conseguenza dei generali e delle loro armi. Ora l’incertezza è vista dai generali e proviene dal loro alleato. Per chi detiene un potere arbitrario non c’è nulla di più allarmante di sapere che qualche altro, con persino minore potere arbitrario, li osserva dalle spalle.
Ma c’è di più. Legare la promulga della costituzione alla Giorno della dinastia Chakri è significativo anche per un’altra ragione. Sembra segnalare alla gente che le costituzioni sono un dono alla gente da parte della monarchia, il che pone la grande domanda su ciò che il re potrebbe fare per la democrazia.
Avendo passato lo scorso decennio all’estero, Vairalongkorn, che ora ha 64 anni, è rimasto lontano dalla ragnatela politica thailandese. Non comanda lo stesso rispetto di Bhumibol ma il suo relativamente nuovo inizio è una cosa nuova: gli dà credibilità, forse meno forza, rispetto a chi difende la democrazia, compreso i sostenitori dell’ex premier Thaksin Shinawatra, le magliette rosse.
Re Maha Vajiralongkorn non sembra condividere lo stesso sentimento isterico contro Thaksin che pervade la giunta e le classi urbane privilegiate che si giovano del governo autoritario. Questo lo potrebbe favorire nel giocare il ruolo di mediatore tra tantissimi attori tra i quali alcuni a cui la giunta ha impedito di intraprendere ogni attività politica.
Il governo militare spesso dice di ricercare la “riconciliazione” ma poi spesso scivola nell’incolpare le persone di aspirazioni democratiche dell’instabilità politica del paese. Si dice che Prayuth abbia detto qualche mese fa: “Se si fanno prender da pensieri sui diritti, libertà e democrazia in ogni questione, porterà all’anarchia”.
Se volesse incoraggiare un’atmosfera politica più aperta, Re Maha Vajiralongkorn potrebbe usare i suoi poteri costituzionali mai contrastati di perdonare o di ridurre le sentenze per i prigionieri politici o per chi è stato arrestato per lesa maestà. Dopo tutto l’applicazione estesa di questa legge rischia di minare il prestigio della famiglia reale. Vajiralongkorn potrebbe esprimersi contro, come fece una volta suo padre, o chiederne una revisione, come per esempio che nessun procedimento possa andare avanti senza il beneplacito del palazzo.
Re Maha Vajiralongkorn non possiede quella statura che suo padre, il Re dello Sviluppo, si è costruito in tanti anni di regno. Poi forse non potrebbe averne bisogno. Potrebbe servire il paese in modo buono raffermando le sue prerogative reali contro lo strapotere dei generali. Perché quello che sembra essere un bene per la monarchia thailandese oggi, come la clemenza e maggiore tolleranza perso chi difende la democrazia, sarebbe anche bene per i thailandesi.
DAVID STRECKFUSS, NYT