Il canone legale della morte
di Khairulanwar Zaini
I processi per droga di rado attirano la nostra simpatia a testimoniare l’efficacia dell’indottrinamento di stato che noi, nella nostra ossessione per l’ordine e la disciplina, troviamo assoluto appellarsi alla logica della deterrenza. Abbiamo una totale fiducia che le nostre dure leggi sulla droga rendano le strade sicure. Potranno anche sembrare rigide, ma pensiamo che quella è una dura giustizia per voi. Ma senza badare alle statistiche che ci dicono quanto siamo affascinati dall’avere un basso indice di criminalità o da una bassa presenza di droga, rimane da vedere se la giustizia sia stata, per forze di cose, affermata.
Ci possono essere divergenze tra legge e giustizia, e questo si evince chiaramente nel caso della Legge sull’abuso delle droghe: per essere all’altezza del proprio nome, ironicamente, la legge è stata male applicata con la sua angusta definizione e interpretazione da gettare via, insensibilmente, sia la giustizia che vite umane.
Rendendo obbligatoria la pena di morte per traffico di droga di 15 grammi di morfina (o eroina), o di 500 grammi di cannabis, o di 30 grammi di cocaina o 250 grammi di metanfetamina, la legge si fonda sull’assunzione che queste quantità suggeriscano un consumo ben oltre l’uso personale. Comunque, la legge non richiede neanche un atto fisico reale di scambio per finire sulla forca. Un emendamento del 1993 stabilì infatti che la sola intenzione di trafficare è equivalente al traffico stesso.
Lo studioso di legge di Singapore Michael Hor ha individuato lo spaccio in Singapore per significare vendere, dare, trasportare, spedire, consegnare o distribuire droga, e la sua portata “vasta a perdifiato” permette che un’accusa di spaccio possa essere inflitta persino attraverso il più innocuo dei comportamenti, come dare la droga all’amico per consumarla o passarla ad un amico per nasconderla. Questo nega l’intenzione iniziale della legge di distinguere tra “commercianti di droga e sfortunati tossicodipendenti che sono le vittime”.
Mentre il sistema giudiziario si dibatte con casi che stanno a metà strada tra il possesso (con condanne relativamente leggere) e lo spaccio, è inquietante capire che delle mere ambiguità semantiche hanno fatto salire in modo poco affidabile le possibilità che “tossici sfortunati” abbiano a patire la certezza della morte.
La pena capitale obbligatoria
La caratteristica più importante della legge è la sentenza di morte obbligatoria una volta fissata la condanna, privando l’accusato della dovuta considerazione dei fattori attenuanti a suo favore. L’esclusione delle circostanze attenuanti dal processo è una negazione violenta della giustizia e dell’umanità: nel nostro tentativo di salvare la società dalla devastazione della droga, i nostri processi per droga hanno assunto un’efficienza clinica disumanizzante che riduce perciò la sacralità della vita.
La pena capitale obbligatoria è stata più volte indagata dal punto di vista costituzionale. I legali del giovane australiano Van Guyen avevano senza successo messo in discussione il fatto che la norma violi la condizione costituzionale di “eguale protezione ad una sentenza giudiziaria”. Si attende inoltre un’altra impugnazione costituzionale contro la pena di morte obbligatoria, derivata dai recenti sviluppi della legge internazionale, nel processo di Vui Kong.
Thio Li Ann aveva scritto di una recente decisione del Consiglio della Corona che considerava l’esclusione delle circostanze attenuanti come
“un minacciare l’accusato in un modo in cui nessun essere umano mai dovrebbe essere, in quanto nega il suo stesso essere uomo”.
Il Consiglio trovò che violava la Costituzione del Belize in cui si dichiara che
“Nessuna persona dovrà essere sottoposta a tortura o a pene o trattamenti inumani o degradanti”
Mentre Singapore non ha una clausola equivalente, una condizione simile è nell’interno della Dichiarazione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, che Singapore ha sottoscritto e a cui si ispira nel diritto consuetudinario. Comunque, la Corte di Singapore ha di gran lunga insistito che le leggi del posto prevalgono, mentre la legge consuetudinaria è vincolante fintantoché non si accordi con le regole messe in vigore dagli statuti.”
Innocenza Perduta
Con l’articolo 18.2 della legge che presume il possesso mentre si ha conoscenza della natura della droga, spetta all’accusato la responsabilità di confutare l’accusa di traffico di droga. Questo cozza contro la tradizione legale che garantisce all’accusato la presunzione di innocenza finché non venga condannato. Questo capovolgimento della presunzione ha provocato il rimprovero dell’Inviato Speciale dell’ONU nel 1996 che deplorava lo spostamento della responsabilità della prova sull’accusato.
Abrogando la presunzione di innocenza, il compito dell’accusa è più leggero: non ha bisogno di provare la colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio. Invece, l’accusato deve cercare di dimostrare la sua innocenza provando la sua ignoranza. La presunzione di colpevolezza pesa enormemente sull’accusato, mentre la Corte di Appello dichiara che l’ignoranza costituisce
” una difesa solo dove non c’è nessuna ragione per il sospetto e nessun diritto e opportunità di osservazione”.
La corte di appello ha indicato che, anche se un accusato sia davvero inconsapevole di stare trasportando droga, ciò non é sufficiente ad esonerarlo mentre “l’accusato dovrebbe aver sospettato che il contenuto potesse essere illecito .
“.e dovrebbe aver dovuto ispezionare … aveva una ragione per sospettare … e aveva l’opportunità per ispezionare.”
Questo fu dolorosamente dimostrato nel caso del nigeriano Amara Tochi. Benché
“non ci fosse nessuna prova diretta che sapesse che le capsule contenessero morfina ..o che gli fosse stato detto che contenessero morfina, o che lo avesse scoperto lui stesso”,
Tochi fu ritenuto colpevole dal momento che
“la sua ignoranza non lo discolpava poiché si sa bene che l’ignoranza è una difesa solo quando non c’è ragione per il sospetto e nessun diritto e opportunità di ispezione”.
Nel caso di Tochi, egli avrebbe potuto pensare che stesse facendo un piacere ad un amico, ma la sua mancanza di sospetto, nel momento in cui l’amico gli offriva una ricompensa di 2000 dollari, fu un fatto sufficiente incriminante da risultargli fatale.
La pena capitale obbligatoria ruota attorno, in modo cruciale, a quello che costituisce “una ragione di sospetto”, che secondo Alex Au sarà un momento di contesa forte nel momento in cui bisogna prendere in considerazione “una diversa cultura con differenti scale di valori”. Alex Au ha brillantemente dimostrato la profonda differenza che sorge dall’inversione della prova. Perché se la legge operasse secondo il principio convenzionale di considerare l’accusato innocente fino alla sua provata colpevolezza
“Spetta all’accusa provare che Tochi sapesse di stare a trafficare delle droghe, e provarlo oltre ogni ragionevole dubbio”.
Comunque al momento
“l’accusa non deve provare che Tochi avesse intenzione di trafficare, neanche provare che sapesse che fosse droga. Spetta a Tochi darci la soddisfazione che può confutare quella presunzione … deve persuadere la corte sul bilancio di probabilità che non sapesse di stare trasportando droga o che ciò che stava trasportando fosse droga.”
L’accusa ovviamente ha vita facile. Questo è quello che il nostro mantra di “strade sicure e libere dalla droga”: una noncurante mancanza di considerazione della giustizia. Nella logica inflessibile della “sicurezza, interesse e garanzia pubblica” importa poco che stiamo mandando a morte giovani anche di diciannove anni. Questa è l’imbarazzante vittoria della legge: una crociata indiscriminata che mina la nostra umanità sotto la pretesa di proteggerla. La nostra posizione verso le droghe dovrebbe spingerci verso la simpatia, almeno per noi stessi.
Nella ricerca della sicurezza, i nostri cuori sono diventati sordi, dimentichi della propria umanità.
Sospendiamo tutte le esecuzioni