Ma tra le esplosioni e il fuoco delle armi della rivolta separatista Malay Musulmana vi è un paradosso. L’ultimissima violenza segna un passo importante sulla via della pace.
Resta lontanissima, sotto qualunque prospettiva, una sistemazione della questione. Alimentata dalla rabbia locale per gli sforzi decennali di Bangkok di assimilare il sultanato musulmano un tempo indipendente nella narrazione nazionale, la campagna ultima e più virulenta di resistenza al governo centrale è costata 7000 vite dal suo inizio nel 2004.
In retrospettiva aprile 2017 potrebbe essere visto come uno spartiacque fondamentale.
Mentre i militari sono concentrati sulla stabilità politica a Bangkok in una corsa potenzialmente volatile verso le elezioni promesse il prossimo anno, la pressione per un cambiamento nel meridione è stato portato avanti dai ribelli. Dopo 13 anni di violenza ininterrotta, la fazione ribelle dominante della regione, il BRN, sembra finalmente stia imparando quello che per gran parte di movimenti rivoluzionari è la strategia 101: come usare le capacità militari in modo da propagandare e promuovere i propri obiettivi politici.
In questo caso l’obiettivo politico sono i colloqui con lo stato thai, e sin da fine marzo la mostra di capacità militari nelle province martoriate è stata inusualmente mirata.
Dopo una sosta lunga imposta dalle piogge torrenziali e gli allagamenti, è scoppiata di nuovo la violenza a fine marzo per salire a metà aprile. Nessuna tattica era nuova, ma diceva molto la rapida combinazione di fuoco dei differenti metodi per rendere ingovernabile la regione.
Il 30 marzo i ribelli lanciavano un forte assalto mobile ad una stazione di polizia a Narathiwat che fece un morto e cinque feriti. Fu seguito il 3 aprile da un assalto vasto su un posto della sicurezza a Yala. Fece 12 feriti nella polizia usando almeno 50 insorgenti. La notte tra il 6 e 7 aprile giunse l’incursione in 19 distretti nelle quattro province dell’insorgenza che non fece feriti ma prese di mira la rete elettrica con mezzi esplosivi improvvisati per abbattere 50 pali elettrici ad alto voltaggio.
Improvviso Silenzio
Tra 8 e 17 aprile, prima del periodo di festa e durante il capodanno thailandese, quando di solito gli attacchi solitamente crescevano, è disceso un improvviso silenzio sulle province di frontiera.
Ma il 10 aprile, in una capitale europea, rappresentati del dipartimento di informazione del BRN, guidati dal portavoce Abdulkarim Khalid, emanavano una rara dichiarazione sostenuta da un’altra rara intervista con la BBC.
Nella sua prima dichiarazione dell’ottobre del 2015, il BRN dava i termini propri per un colloquio di pace, compreso il bisogno di un mediatore imparziale e gli osservatori internazionali.
In modo prevedibile se si considera l’insistenza di Bangkok a considerare il conflitto meridionale come una questione nazionale, queste condizioni furono subito negate dall’irascibile premier generale Prayuth, il quale aggiungeva che la Thailandia intendeva andare avanti i colloqui con un ombrello di organizzazioni di varie fazioni separatiste, MARA Patani. Messi insieme dal facilitatore malese, MARA Patani vuole parlare e promuovere la creazione di zone di sicurezza libere dalla violenza, ma si sa che non controlla forze nel meridione thailandese.
Il 19 aprile l’ala militare ritornò in campo con un’altra operazione regionale coordinata che coinvolge attacchi con granate ai posti di sicurezza nelle tre province. Operazioni coordinate in molti distretti e province sono state cose regolari per la rete militare del BRN sin dal 2005, quando l’insorgenza crebbe fortemente.
Poiché richiedono una pianificazione lunga e la mobilitazione simultanea di numerosi gruppi di attacco e di personale di sostegno, tali ondate sono separate normalmente nel tempo di vari mesi. Questa volta si è avuta per la prima volta in tredici anni che la distanza di tempo è stata di solo due settimane tra operazioni in larga scala tra quella del 7 e quella del 19.
In tanti hanno dato varie spiegazioni pubbliche per questo rigurgito forte di violenze, più o meno credibili e stupide. Da una parte il ministro della difesa Prawit suggeriva che i recente cambio di comando all’interno del segreto BRN aveva portato una nuova persona che voleva stabilire le sue credenziali di uomo duro.
Un’altra posizione è quella del comandante Piyawat Narkwanit, il quale diceva che i ribelli erano stati colpiti da vari militanti che si erano arresi, cosa curata personalmente da lui stesso. Perciò ora avevano bisogno di mostrare la forza per impedire la dissoluzione dei ranghi dell’insorgenza. Questa spiegazione si metteva in contrasto con le ripetute affermazioni ufficiali secondo cui gli attacchi erano condotti da nuove reclute più giovani, provenienti da un reclutamento quindi che va molto bene.
Più stravaganti erano i commenti del capo della delegazione thai ai colloqui con MARA Patani, generale Aksara Kerdphol. Il generale di recente metteva in guardia conto la conclusione che gli attacchi implicassero davvero l’insorgenza, mentre la regione era dedita a lotte politiche intestine. E’ una razionalizzazione ottimista di eventi un tempo popolari nei circoli ufficiali ma ormai priva di senso.
Fattori chiave dietro gli attacchi.
Mettendo da parte ogni rabbia ufficiale, non si possono tralasciare due fattori in una analisi spassionata dei recenti eventi. La prima, gli attacchi erano ben pianificati e coordinati e strettamente inquadrati in quella che per il BRN era un’importante iniziativa politica.
La seconda cosa, hanno sottolineato, senza mezzi termini, la risposta alla domanda che si discute da quando il conflitto scoppiò nel 2004.
C’è qualcuno che esercita un controllo sui gruppi insorgenti nei 37 distretti nelle quattro province? Se esiste, chi è?
Girando più volte l’interruttore militare nel giro di due settimane, persino mentre emanava la richiesta di negoziati, il BRN sembrava dare una dimostrazione precisa e convincente di chi comanda e controlla le forze dell’insorgenza disperse su un’area molto vasta. Il piccolo messaggio stampato era che MARA Patani, che non è stata nemmeno menzionata nel messaggio, non esercita tale controllo e certamente non parla per il BRN.
Nulla di tutto ciò sarà stata una sorpresa per le alte gerarchie dei militari thai o per le agenzie di intelligence. Per Bangkok riuscire ad entrare nei lavori interni del comando molto segreto del BRN è stato sempre un gioco frustrante. Ma gran parte degli esperti della sicurezza che lavorano sul meridione thailandese sono sempre stati consci, da anni, che l’insorgenza è pianificata e condotta da uomini del consiglio esecutivo del BRN, Dewan Pimpinan Parti. Allo stesso tempo sono stati abbastanza contenti di sfruttare l’ambiguità che la propria fissa del BRN con la segretezza e l’anonimato ha creato e cosi evitare il bisogno di colloqui sostanziali.
L’emergere graduale del BRN dall’ovatta della clandestinità ed un palpabile spostamento verso l’esplorazione di opzioni politiche cambiano comunque in modo fondamentale il vecchio calcolo. L’emettere un comunicato in Europa insieme ad uno sfoggio simultaneo di comando e controllo in Thailandia dice che il conflitto forse entra in un terreno più limpido segnato da due caratteristiche salienti ma spaventose.
Prima, se non il governo thai intende far andare il conflitto all’infinito, prima o poi deve riconoscere il bisogno di parlare con il BRN, quasi certamente con stranieri nella stanza. Avrà bisogno di assicurare il BRN che il processo sia sulla base di “un’agenda nazionale” e non sia ostaggio delle amministrazioni cangianti a Bangkok, civili o militari. Da parte sua, il BRN avrà bisogno di riconoscere che il grido di guerra di Patani Libera deve significare una libertà che rispetti la sovranità thailandese e le voci degli altri interessi nella regione. Più immediatamente, un movimento insorgente senza volto che si vanta di un culto della segretezza avrà bisogno di confrontarsi con richieste molto differenti di un processo di negoziato.
Su questo sfondo, il processo di pace attuale a cui Bangkok ha appena riaffermato il proprio impegno può giocare un ruolo importante anche se non ricercato.
Ad un livello il percorso lento da era glaciale del processo dà il tempo necessario per le parti di aggiustarsi alle nuove realtà difficili.
Ad un altro livello il processo di MARA fornisce uno schermo che salvi la faccia, dietro cui i due grandi belligeranti potrebbero aprire un percorso separato di colloqui segreti, mediati da terze parti internazionali di cui entrambe le parti si fidino e totalmente isolati dalla pressione della pubblicità dei media.
Questi incontri non segnerebbero la fine del conflitto. Ma nel dare l’opportunità al governo e BRN affinché stabiliscano un minimo di fiducia ed esplorino la volontà reciproca ad un compromesso, potrebbero segnare l’inizio della fine.
Anthony Davis, esperto della sicurezza, AsiaNikkei