La Thailandia, che tecnicamente è una monarchia costituzionale, segnerà il 22 maggio il suo terzo anno di governo militare. Anche prima ha passato un altro record: oltre 100 persone sono state arrestate per aver insultato o diffamato la monarchia nel periodo del governo militare. Almeno 64 persone sono in carcere, sia dopo la sentenza o in attesa di processo, dice La Federazione Internazionale per i diritti umani.
Uno degli arrestati è l’avvocato Prawet Prapanukul, arrestato dalla polizia ed i soldati la mattina presto e poi accusato dieci volte di lesa maestà per i suoi articoli su Facebook.
Il paese che è la seconda economia della regione dopo l’Indonesia, vive una grande transizione. Prova a far crescere le proprie industrie hitech per allontanare la competizione dai centri manifatturieri emergenti. Pone gli ultimi tocchi ad un quadro legale disegnato per mantenere i prossimi governi in linea, prima delle elezioni attese il prossimo anno. E milioni di Thai daranno il definitivo addio al riverito Re Bhumibol con una cerimonia di cremazione elaborata il 26 ottobre, ad un anno dalla morte.
Ma il governo militare uscito dal golpe ha anche eretto nuove difese sui media sociali per allontanare la critica della monarchia. Alla fine del mese si applicheranno degli emendamenti alla legge del crimine informatico che richiedono ai media sociali e ai fornitori di accesso, su richiesta del governo, di cancellare o bloccare contenuti che hanno distorto dati o, tra le tante cose definite in modo generico, causato panico nella gente.
Le autorità thailandesi, mentre non possono rimuovere direttamente contenuti da Facebook, mettono sotto processo chi ha condiviso contenuto offensivi. Lo scorso mese, decise che contattare o seguire qualcuno su Facebook potrebbe essere un crimine. La minaccia si applica in modo specifico a chi segue tre esiliati politici critici della giunta e della monarchia. Sono il politologo Pavin Chachavalpongpun, lo storico Somsak Jeamteerasaku e il giornalista Andrew MacGregor Marshall.
I giornalisti che operano nel regno devono sempre controllarsi per evitare di finire sotto processo per lesa maestà che comporta una pena di 15 anni per singola accusa di lesa maestà. Ed il loro spazio di manovra si va restringendo.
Una discussione su un fregio storico mancante ospitata dal FCCThai è stata chiusa dal governo perché è “minaccia alla sicurezza nazionale”.
Il caso di per sé è un mistero che coinvolge una placca di ottone dimenticata in una parte storica di Bangkok. Posta nell’asfalto della piazza vicino al Palazzo del Trono e al Parlamento, segnava il punto dove il capo del gruppo che lanciò la rivoluzione del 1932 dichiarò la fine della monarchia assoluta.
Ad aprile scorso la placca è sparita ed è stata sostituita da un’altra che celebra la monarchia. Sotto la pressione dell’opinione pubblica, le agenzie dello stato negarono di essere i proprietari di quella placca antica. La polizia disse che le indagini erano possibili solo il proprietario faceva una denuncia. Accusarono persino un politico di infrangere la legge per i suoi commenti su Facebook.
La controversia ha acceso un dibattito non voluto sulla rivoluzione del 1932 che diede un forte sollievo al nuovo regno di Re Vajiralongkorn. Il monarca di 64 anni, dopo tutto, aveva domandato una revisione della ventesima costituzione che fu emendata il mese scorso. Varie personalità del palazzo sono state rimosse.
Ed in una nuova legge approvata di recente dal parlamento a porte chiuse, cinque agenzie che amministrano il palazzo e la sua sicurezza sono state messe sotto il diretto controllo del re.
Le agenzie saranno ancora finanziate dallo stato ma le eventuali entrate che generano non andranno al tesoro.
A paragone, il potere dell’allora re siamese fu così eroso immediatamente dopo la rivoluzione del 1932 che, per superare il veto del Re ad una legge, era necessaria una maggioranza assoluta in parlamento. Il re allora fu ridotta ad una figura di rappresentanza contro la nuova elite di potere.
Ora il pendolo oscilla dall’altro lato aiutato dai generali sempre più preparati a controllare i critici della monarchia.
Tan Hui Yee , The Straits Times