Appesantire un esercito, l’AFP, già stressato, di responsabilità di amministrare e governare una popolazione civile di 22 milioni di persone farà distrarre l’attenzione dei militari l’azione antiterroristica. Piuttosto che dare ai militari la mano libera contro terroristi locali in proprio la legge marziale metterà di nuovo i militari contro i civili.
AFP come organizzazione, attaccata dalle minacce armate interne ed esterne, come anche dalla demoralizzazione per la capitolazione del suo Comandante in Capo verso la Cina e il romanticismo nei confronti della guerriglia comunista, è completamente impreparata ad assumere le funzioni di un governo civile a Mindanao, molto meno in tutto l’arcipelago. Non è stato mai addestrato a ciò. Aggiungerci il governo di una società civile servirà solo ad incrinare le sue già estese risorse. Risulterà solo nel desiderio di semplificare la propria amministrazione sui civili con il taglio delle libertà civili, mentre gestirà le amministrazioni locali di Mindanao allo stesso modo dei campi militari.
Questa è una sfumatura tra il potere costituzionale del presidente come legislazione di principio e il suo effetto pratico ma indesiderato sulla supremazia civile. Più spesso, come provato dalla storica esperienza nostra, la legge marziale non sconfigge mai la sovversioni, insurrezioni o terrorismo. Solo perché è prevista dalla Costituzione non vuol dire che la legge marziale sia un’opzione desiderabile, particolarmente quando è usata da un presidente con tendenze autoritarie e dittatoriali, che è antidemocratico e odia profondamente il dissenso, e che ha mostrato la propria capacità di applicare una politica di pulizia sociale sia come sindaco che come presidente con il conseguent omicidio extragiudiziale di 9000 esseri umani.
La legge marziale prevista nella costituzione come misura straordinaria ha previsto il suo uso da un presidente autoritario come Duterte. Quindi la Costituzione ha posto in modo simile in essere misure di controllo di intervento ed approvazione del congresso oltre alla revisione da parte della Corte Suprema. Ma stiamo già vivendo come possano essere aggirate queste misure con un merito espediente del congresso, o dei due capi del Congresso, che rifiutano di riunirsi per una delibera legislativa sulla correttezza della dichiarazione di legge marziale e la sua copertura territoriale.
La Costituzione potrebbe esserci, ma è anche reale il desiderio del suo esecutore principale di sostituirla, anche quando la mina continuamente con azioni autoritarie. Non siamo rassicurati che questo regime rispetterà le clausole costituzionali sulle misure di controllo sulla legge marziale, perché ha ora mostrato la sua capacità di abusare questo potere presidenziale, quando Duterte lo ha invocato oltre quanto necessario, persino quando le forze armate hanno riassicurato ripetutamente la gente che è in controllo e capace di imporre la legge e l’ordine persino senza la legge.
L’Ironia
Ironicamente l’affermazione più libertaria e rassicurante contro una legge marziale oppressiva ci venga dal Comando Di Mindanao Occidentale del Generale Carlito Galvez, il quale garantisce, immediatamente dopo la dichiarazione di Duterte, di continuare l’operatività dei meccanismi di pace col MILF e MNLF, come pure della legge Umanitaria Internazionale e dei diritti umani.
Abbiamo già visto tutto. E’ giunto il giorno quando i nostri uomini in uniforme, i nostri soldati che ci assicurano dell’importanza della legge umanitaria e dei diritti umani, anche mentre il comando civile nella persona di Duterte può solo garantire che questa legge marziale sarà dura come lo fu quella di Marcos. Si sono voltati i tavoli. Sono le forze armate ad esser ancora interessate nella democrazia, mentre il suo comandante in capo e il suo partito politico non riescono ad attendere ad imporre la democrazia.
Quello che la legge marziale fa è di tagliare le libertà civili e, nel processo, rompe la partnership tra la società civile i militari nell’obiettivo comune di preservare pace, ordine e stabilità. Più importante, non aiuta il fatto che il modello di presidente nella sua imposizione è l’esempio del dittatore Marcos, della legge marziale dura, e dove lo sarà non gliene importa di quanti saranno uccisi. Secondo Duterte: “Che così sia” sul numero di morti. La legge marziale di Duterte non sarà dura per i terroristi ma per i civili. E’ l’opzione errata di controllo sociale, quando quello di cui si ha immediato bisogno è dell’efficienza militare nelle operazioni di precisione chirurgica contro i terroristi, come quello che ora fanno i militari a Marawi, mentre preservano democrazia e supremazia civile.
Ci deve essere senza dubbio un’azione decisa contro il terrorismo a Marawi e nel resto del paese. E’ quello che i militari hanno fatto persino senza applicazione di legge marziale sul terreno, dove si è ripreso dallo shock iniziale dell’occupazione del centro città dei terroristi.
E’ questo che AFP mostrò durante il lungo mese dell’Assedio di Zamboanga nel 2013, dove AFP si attenne ad operazioni militari chirurgiche e strategie di contenimento senza toccare il governo civile e le libertà nel mezzo di una grossa guerriglia urbana in uno dei centri più popolosi di Mindanao. Questo fu il momento migliore del AFP come protettore del popolo. Ed ora abbiamo la legge marziale a Mindanao, con la promessa di Duterte che sarà dura, che mostrerà solo il peggio del AFP come oppressore dei civili. Questa è la leogica del governo militare e le conseguenze del dare potere assoluto ai militari contro i civili e i loro capi eletti.
Non ci sarà più una partnership tra la gente i suoi soldati, ma solo tensione ed inimicizia mentre i protettori evolveranno in odiati oppressori.
L’Azione decisa contro risposta preferita
La dichiarazione della legge marziale di Duterte non è un’azione decisa. E’ la risposta preferita ai problemi sociali di un capo autoritario, come mostrato dal fatto che persino senza il gruppo Maute ad occupare Marawi, Duterte da sempre ha espresso il desiderio di dichiarare la legge marziale, con o senza basi costituzionali per la sua imposizione. E’ la sua politica per il controllo sociale senza consenso ed il percorso dichiarato del PDP Laban verso la pace e lo sviluppo. Non c’è neanche più la pretesa nella dichiarazione di Duterte e del PDP Laban sulla loro preferenza della legge marziale come strategia per il dominio politico e il controllo sociale. Questo è un autoritarismo strisciante, sposato dal partito politico più grande del paese, mentre i suoi capi pensano di imporlo al resto del paese indipendentemente dalle basi costituzionali dell’esistenza della ribellione, ben al di là di quello che AFP ha fatto ogni giorno per gli ultimi 30 anni.
Siamo giunti a questo. Il partito di Ninoy Aquino e Nene Pimentel, che lanciarono la prima opposizione parlamentare legale contro la legge marziale di Marcos ed del suo partito, assume il mantello del KBL come veicolo del desideroso dittatore nel spingere verso la legge marziale, come questo meccanismo politico e sociale di questo regime. Ninoy Aquino si deve stare a rivoltare davvero nella tomba.
Questo ci porta alla vera motivazione dietro la preferenza di Duterte e del suo partito per la legge marziale. La legge marziale è ora la strategia del partito al potere per il dominio politico e per l’opportunità attesa da sempre del suo presidente per l’assolutismo e il governo dell’uomo solo. Se Marcos usò il comunismo come scusa, Duterte usa ora il terrorismo e naturalmente le droghe, perfino spingendosi a creare un legame tra i due senza null’altro che il suo solito lampo per monologhi strazianti della droga, per costringere con la paura la gente ad accettare la limitazione delle loro libertà civili e sottomettersi alla dottrina della legge marziale del controllo sociale imposto con la canna del fucile.
Si usa ora una minaccia terroristica, che si può trattare bene con una forza armate filippina efficiente e motivata, per mettere i militari contro i civili, permettendo loro di assumere funzioni civili di governo e perpetuando così una forma mentale autoritaria che serve solo ai disegni autoritari di Duterte.
Questo spiega quindi perché Duterte usi un martello per fare un lavoro che si fa bene con strumenti di precisione. E’ un’arma pratica ma indiscriminata di un capo autoritario. Per quale altra ragione dichiarare la legge marziale sull’intera isola di Mindanao, quando il disturbo è limitato a pochi ettari di un’isola da un centinaio di migliaia di chilometri quadrati?
Perché un capo che odia la democrazia, il dissenso e la partecipazione popolare al governo sceglierà sempre il controllo e il dominio piuttosto che preservare le libertà e la democrazia, di frone alla scusa che i fatti di Marawi gli hano dato. Più che una risposta dettata dal panico, la legge marziale di Mindanao, che minaccia anche Visayas e Luzon, è sempre stata il suo disegno per il controllo sociale e il dominio politico sulla via verso la dittatura assoluta.
Quello che è nuovo in questa giuntura della nostra storia non è il terrorismo a Marawi o l’insurrezione di Maute. Nel passato si sono affrontati simili incidenti, spesso con successo data la motivazione e il sostegno alle nostre forze armate.
Quello che sono cose nuove sono l’intenzione costante e senza scuse del presidente e la politica di usare la legge marziale per perpetuare un governo autoritario, indipendentemente dall’urgenza reale di introdurre l’opzione straordinaria e polarizzante di chiedere ai militari di governare la nostra vita di ogni giorno, come fu durante il regime di Marcos.
Se non si vuole vivere, ancora una volta, in una società gestita come un campo militare, dobbiamo resistere ed opporci al desiderio di Duterte di cooptare le forze armate in un altro progetto autoritario. Ad i nostri amici e colleghi nelle forze armate: i vostri partner nella pace e democrazia sono il popolo a cui avete giurato di proteggere, non un altro desideroso dittatore.
Leila De Lima, The Rappler