L’assalto sfrontato, che ha costretto 200 mila persone a scappare dalle case ha reclamato la vita di 400 persone, segna il primo tentativo da parte di un affiliato all’ISIS di controllare un vasto territorio urbano. Il fine ultimo è la creazione di una Provincia del califfato Islamico d’Oriente, Daulah Islamiya Wilayatul Mashriq
La grandezza della crisi ha spinto Filippine, Malesia e Indonesia ad accrescere la condivisione di informazioni e antiterrorismo cibernetico e a condurre pattugliamenti congiunti lungo le loro frontiere marittime porose. La cosa più fondamentale, l’Amministrazione Duterte, che si è sempre espressa per una politica estera indipendente lontana dagli alleati tradizionali, fu costretta a cercare l’assistenza americana a Marawi e nelle aree colpite.
Nonostante i suoi sforzi migliori, il presidente filippino ha ritrovato ancora il paese ad affidarsi notevolmente alla forza americana per contrastare le sfide di sicurezza nazionali.
Inevitabilmente questo porrà dei limiti ai suoi tentativi di costruire un legame strategico di lungo corso con la Cina la quale si oppone alla presenza militare americana nel sudestasiatico.
Per negare agli estremisti ogni singolo centimetro di territorio, i militari filippini hanno dovuto far ricorso a incursioni aeree di vasta scala con conseguenti incidenti di fuoco amico e con maggiori rischi di morti civili, ed hanno causato distruzioni enormi nelle infrastrutture della città. Col passare dei giorni, Marawi comincia a rassomigliare alle liberate Aleppo siriana e Mosul irachena, città distrutte dagli scontri tra forze di sicurezza ed elementi estremisti.
Il gruppo Maute, nelle cui fila c’erano militanti stranieri provenienti anche dal Caucaso Russo e dal mondo arabo, ha usato una combinazione letale di oggetti esplodenti improvvisati, cecchini ed una rete estesa di tunnel sotterranei per infliggere pesanti perdite sulle truppe del governo.
Mentre lottavano nel mezzo di una guerriglia urbana completa, i militari filippini hanno cercato aiuto agli USA che hanno immediatamente impiegato un contingente di forze speciali per dare addestramento ed assistenza tecnica per l operazioni antiterrorismo in ambienti urbani complessi. Gli USA hanno anche inviato droni per raccogliere informazioni in tempo reale e nuove armi cime mitragliatrici e lanciagranate.
Nonostante la vittoria imminente a Marawi, c’è una crescente preoccupazione sul contagio terroristico in Mindanao. L’assedio lungo ha esposto la vulnerabilità dell’apparato di sicurezza filippino ed ha creato una nuova attrazione per i gruppi del jiahad internazionale.
Più di recente, fino a 300 membri del BIFF, un altro affiliato regionale dell’ISIS, ha lanciato un assalto a North Cotabato dove hanno preso varie famiglie in ostaggio ed attaccato una scuola.
Oltre al Gruppo Maute e al BIFF, altri tre gruppi hanno promesso fedeltà all’ISIS ( Abu Sayyaf, Khilafa Islamiyah Mindanao e Ansar Khalifa Philippines). Duterte ha messo in guardia rispetto alla possibilità di una guerra civile totale.
“A Mindanao ci sono più cristiani ed hanno armi migliori. Le comprano. I ricchi accumulano armi.” ha detto Duterte in un discorso molto carico in cui ha invocato una ripresa dei negoziati con i gruppi islamici moderati. “Non possiamo permettere l’accumulo di armi perché se i civili si armano sarà una guerra civile”.
Riallineamenti e Shock
Ironicamente la crescente dipendenza dall’assistenza di sicurezza USA segue le visite di alto profilo a Pechino e Mosca. Lo scorso anno, Duterte ha minacciato di espellere i soldati americani a Mindanao per perseguire una politica estera più allineata con la Cina e la Russia.
Non era tutta smanceria. In cambio di relazioni diplomatiche ed economiche migliori con Pechino, Duterte ha cancellato due gruppi di esercitazioni militari con gli USA nel Mare Cinese Meridionale.
Ha declassato e ricollocato lontano dal Mare Cinese Meridionale un’esercitazione annuale Balikatan con gli USA, mentre ha bloccato le richieste di un’espansione militare della base Bautista a Palawan che si trova vicino alla catena delle isole Spratly.
Tutte queste concessioni volevano allentare le preoccupazioni cinesi sull’espansione militare americana nelle Filippine e vicino al Mare Cinese Meridionale. Comunque le Filippine hanno iniziato a raddoppiare la sua cooperazione militare congiunta con gli USA con attenzione particolare alla minaccia del califfato islamico.
Mentre si approfondisce la crisi a Mindanao, gli USA forse cercheranno più basi militari e libertà operativa sul suolo filippino in cambio di intelligenze avanzata, equipaggiamento e addestramento. Questo limiterà la capacità di Duterte a migliorare le relazioni strategiche con Pechino che chiaramente vuole tirar fuori le Filippine dall’orbita strategica americana. Per allontanare le critiche di un suo chiaro voltafaccia, Duterete ha ammesso che sono i militari filippini ad aver cercato l’assistenza USA a Marawi.
Duterte si è spinto fino a lamentarsi in modo caustico: “Questo è il loro modo di essere; i nostri soldati sono davvero pro-America, cosa che non posso negare”. Sebbene questo possa sottolineare un elemento di tensioni tra civili e militari nell’amministrazione, suggerisce anche che lo smodato presidente ha dovuto accettare con riluttanza il valore della presenza americana nelle Filippine.
Diversamente da Pechino e Mosca, Washington gode di accesso esteso alle basi filippine ed una lunga storia di fruttuosa interoperabilità con i militari filippini. Il Pentagono può vantare una forte esperienza di antiterrorismo e controinsorgenza grazie a decenni di operazioni nel Medio Oriente E sudestasiatico. Dal 2002 un contingente di forze speciali americane ha aiutato i ilitari filippini contro i gruppi locali jihadisti.
La cooperazione militare intima di lungo tempo tra i militari USA e filippini è governata da vari accordi di sicurezza come il trattato di mutua difesa, un accordo di forze in visita ed un accordo di cooperazione di difesa avanzata, che furono ratificati dal senato filippino e largamente sostenuti dalla popolazione.
Ci sono pochi segnali che le Filippine firmeranno accordi di sicurezza paragonabili con Cina e Russia, di cui non si fidano profondamente il potere della difesa e la popolazione. Duterte quindi non può aspettarsi assistenza significativa dalle due potenze orientali con cui nello scorso anno h flirtato sul piano strategico.
Settimane prima dell’assedio di Marawi, Duterte riconobbe l’interdipendenza profonda tra i poteri militari filippino ed USA. In un discorso che commemorava l’alleanza con gli USA nella II guerra mondiale, sottolineò il loro interesse comune nella cooperazione continuata contro “il rischio del terrorismo, l’estremismo violento e i crimini transnazionali” per difendere il bene comune.
La crisi a Mindanao non solo forma l’agenda politica nazionale di Duterte ma avrà un profondo impatto sulla sua politica estera e di difesa.
Richard Heydarian, AsiaNikkei