Il 30 luglio del 2012, la madre della prigioniera politica vietnamita Ta Phong Tan si diede fuoco in un palazzo governativo, disperata per la detenzione della figlia. Quest’anno è il quinto anniversario.
La vita dei prigionieri politici vietnamiti: isolamento. Sono trattenute le lettere e i giornali che giungono dalla famiglia, sono negate le scorte di tamponi per le mestruazioni, negate le visite degli avvocati, trattamenti medici e persino la luce.
Amnesty International l’ha definita “Una prigione nella prigione”.
E’ brutale prima dell’arresto, la violenza, l’intimidazione. Gentaglia vestita di nero che circola nel vicinato, che ti ruba le macchine fotografiche, che ti picchia e picchia anche i tuoi amici.
E’ brutale durante i processi. La frustrazione di un processo farsa di un giorno. La mancanza di indagini giornalistiche, le sentenze oltraggiose.
E’ forse la cosa più brutale durante i tre o dieci o sedici anni di carcere, sotto condizioni dure, con un raro contatto con la famiglia e nessun contatto con gli amici.
Ed è persino brutale dopo il rilascio. C’è un esilio forzato, separazione dalla famiglia e restrizioni di movimento, quasi costante sorveglianza.
Qualunque aspetto della vita dei dissidenti politici vietnamiti è disegnato per minimizzare il contatto con il mondo esterno. Il regime comunista vuole che siano dimenticati. Vuole che prendano posto altri malcontenti.
La stampa internazionale si è accesa quando le autorità cinesi rilasciarono il premio nobel della pace Liu Xiaobo alcuni giorni prima della morte per cancro. Condannarono opportunamente le tattiche che Pechino ha usato contro Liu e la moglie Liu Xia che è ancora agli arresti domiciliari. Liu era famoso ma non unico. In Cina e Vietnam ci sono tantissimi Liu.
Il 30 luglio del 2012 Dang Thi Kim Lieng si immolò in un palazzo del governo vietnamita in una protesta dura e disperata mentre la figlia attendeva il processo. Lieng non vedeva la figlia Ta Phong Tan, blogger politica, dal settembre prima.
“La detenzione e le accuse contro mia sorella la colpirono particolarmente” ha detto la sorella Ta Mihn Tu a radio Free Asia nel 2012. “Le autorità ci seguivano sempre. Ogni volta che andavo ad Ho Chi Minh qualcuno immediatamente cominciava a starmi ai calcagni”.
Molti credono che le accuse contro Tan insieme alla continua sorveglianza e alle minacce contro la famiglia, portarono Lieng al suicidio. Tan fu condannata a dieci anni di prigione secondo l’articolo 88 del codice penale vietnamita per le sue attività di blogger.
Quando sono arrestati dei prigionieri politici vietnamiti, sono le famiglie che devono viaggiare per centinaia di chilometri per portare loro notizie e provviste. Sono spesso le famiglie che lanciano campagne internazionali per la liberazione dei loro cari come nel caso di Tran Huynh Duy Thuc.
Thuc che parlava di economia e questioni sociali fu condannato nel 2010 insieme ad altri per avere legami col partito clandestino che Hanoi dfinisce partito terrorista. Thuc si rifiutò di ammettere la colpa ed è ora incarcerato con una sentenza di 16 anni. Sebbene di salute instabile, il padre di Thuc continua a fare campagna senza sosta per il rilascio di Thuc.
Le famiglie dei prigionieri politici vietnamiti devono prendersi cura dei figli e dei parenti anziani lasciati orfani dalle sentenze. La giovane madre Nguyen Ngoc Nhu Quynh, il cui nome da blogger era Madre dei funghi, fu condannata a dieci anni di carcere il 29 giugno perché Hanoi la ritenne diffondere la propaganda contro lo stato secondo l’articolo 88 del codice penale, per aver trattato nel suo blog argomenti come il disastro ambientale di Formosa e la brutalità della polizia. Altri nove anni di prigione li prese una madre di due bambini, Tran Thi Nga, il 25 luglio per il suo impegno per gli immigrati e le vittime di accaparramento di suoli.
I figli forse saranno già adulti quando rivedranno le loro madri. Mentre il tempo passa in carcere, i prigionieri di coscienza non vedono i grandi passaggi della vita. I genitori muoiono e i figli crescono mentre loro sono ospiti dello stato. L’avvocato Nguyen Van Dai fu arrestato a dicembre 2015. Quando suo padre stava per morire a giugno, a Dai fu vietato di vedere suo padre.
Can Thi Theu è una militante dei diritti dei suoli. Fu arrestata a settembre 2016 e condannata a 20 anni di carcere. In una lettera fatta uscire dal carcere, Theu spiega le pressioni a cui famiglie e carcerati sono sottoposti:
“Alle 9 di mattina del 11 dicembre 2016, fui scortata dalla polizia dal centro di detenzione 1 della prigione di Hoa Lo di Hanoi all’aeroporto internazionale di Noi Bai. Alle 11,30 l’aereo decollò. Guardando fuori dal finestrino vidi la mia città ed il mio villaggio che scomparivano nella distanza. Sapevo che era la vile vendetta del regime comunista contro di me. Mi hanno esliato in un posto che è lontanissimo dalla mia città per traumatizzarmi e rendere difficile e costosa la visita della mia famiglia”.
Le autorità mirano a limitare l’interazione con la famiglia. Spesso non rendono noto alle famiglie i vari trasferimenti da una prigione all’altra. Talvolta li trasferiscono in regioni remote difficili d raggiungere. Se alla fine riescono le famiglie a raggiungere il loro caro rischiano di vedersi negata la visita. E’ anche richiesto loro di parlare attraverso un microfono controllato.
Persino dopo il rilascio dalla prigione la vita potrebbe non ritornare mai alla normalità. Le Quoc Quan passò 30 mesi per accuse fabbricate di evasione fiscale. Rilasciato nel 2015 Quan fu minacciato da gentaglia a casa sua lo scorso mese. Il messaggio era amaro: “Devi badare alla tua famiglia e proteggere le figlie che crescono, o faremo loro del male”.
Un professore di matematica e blogger occasionale Pham Minh Hoang non fu accusato ed incarcerato. Gli fu tolta la cittadinanza ed esiliato in Francia. La sua famiglia è divisa: lui in Francia con la figlia e la moglie col cognato disabile in Vitnam.
L’esilio è una tattica quasi nuova impiegata dalle autorità. L’attivista cattolico Dang Xuan Dieu è stato esiliato in Francia e il noto blogger Nguyen Van Hai (Dieu Cay) negli USA nel 2014. La figlia di Lieng fu rilasciata dal carcere a settembre 2015 a condizione che lasciasse il Vietnam per gli USA.
Di contro innumerevoli militanti vietnamiti ed ex prigionieri politici non possono viaggiare al costo delle loro vite professionali e della famiglia. A gennaio all’ex prigioniero politico Pham Than Nghien fu vietato di andare in Cambogia dove il padre era in cura. A giugno fu vietato a Do Ngoc Xuan Tram di lasciare il Vietnam per presunte preoccupazioni della sicurezza nazionale. E’ la sorella del sindacalista ed ex prigioniero politico Do Thi Minh Hanh.
Tutta questa separazione, l’umiliazione e il dolore riporta ad un post di un blog, a dei video brevi, ad un’organizzazione sociale, ad una protesta per la terra, ad una dimostrazione religiosa. Tutto riporta alla gente che vuole parlare, che vuole esercitare i propri diritti umani. Ma nonostante le sofferenze che la repressione del dissenso in Vietnam e altrove conferisce, molti militanti continuano a lottare per le cause che li appassionano. Ed anche le loro famiglie continuano a lottare.
Nella sua lettera della fine 2016 Can Thi Theu continua a dire:
“Ma la vendetta è fallita completamente. Solo tre giorni dopo che arrivai nella prigione di Gia Trung la mia famiglia e contadini senza terra di Duong Noi volarono da Hanoi per vedermi. Tan, l’ex moglie di Dieu Cay, arrivò da Saigon per vedermi. La mia famiglia e Chi Tan mi portarono le lettere da padre Pham Trung Thanh, dai senza terra di Duong Noi e molti messaggi di amore dagli amici vicini e lontani, dal Vietnam e dall’estero. Sono profondamente toccata e mi sento così forte in questa area remota di montagna. Sebbene sia in prigione, non sono sola perché lì fuori ci sono migliaia e milioni di cuori che hanno compassione per le vittime della confisca delle terre come me.
“So che tutti voi, Padri, contadini e comunità, in Vietnam come all’estero, mi avete dato la fiducia e la determinazione di fare un altro passo nel percorso che scelsi. Siamo determinati a lottare insieme per reclamare la terra, il diritto a vivere ed i diritti umani che il regime comunista ha tolto alla mia famiglia e a chi è nella stessa situazione.”
Per i prigionieri politici vietnamiti e le loro famiglie, la vita è incredibilmente difficile ma resta la speranza. Il 30 luglio è il quinto anniversario dell’immolazione di Dang Thi Kim Kim Lieng. In questo giorno ricordiamo ed onoriamo il suo fiero sacrificio e continuare a lavorare per liberare i prigionieri di coscienza e a migliorare la vita dei militanti dovunque.