I militanti Rohingya musulmani che lo scorso ottobre lanciarono attacchi di sorpresa contro posti di frontiera uccidendo nove poliziotti hanno accelerato i preparativi per una nuova insorgenza Rohingya in Birmania nella stagione delle piogge dell’area che spingerà a grandi manovre militari.
Un capo villaggio attaccato da uomini armati di machete in un negozio di tè, sei abitanti uccisi a coltellate nei loro campi, uno scoppio di una bomba artigianale mentre la preparavano in una casa.
Questo mese si è assistito ad un aumento deciso della violenza nello stato birmano Rakhine e il disordine manda alle forze di sicurezza un messaggio chiaro: nonostante la ferocia della repressione militare dello scorso anno, che ha ucciso decine di Rohingya e mandato 70 mila rifugiati in Bangladesh, sta montando un conflitto rinnovato e quasi certamente più vasto.
I militanti Rohingya musulmani, che lo scorso ottobre lanciarono attacchi di sorpresa contro posti di frontiera uccidendo nove poliziotti, hanno accelerato i preparativi per una nuova insorgenza Rohingya in Birmania nella stagione delle piogge dell’area che spingerà a grandi manovre militari.
Si tratta di affermare il controllo sulle comunità locali, di accelerare il reclutamento ed espandere le attività di addestramento militare in tutte e tre le cittadine a maggioranza Rohingya di Maungdaw, Buthidaung e Rathedaung, che furono lo scorso anno l’epicentro degli attacchi dell’insorgenza Rohingya e della repressione militare.
Allo stesso tempo, fonti di intelligence della regione fanno notare che i militanti hanno avuto l’appoggio esterno in armi e finanziamenti da parte di comunità Rohingya via Malesia, Thailandia e Bangladesh.
La prova di preparativi di una rivolta maggiore che si denuncia nei media dello stato birmano è vista in una crescita di omicidi specifici in gran parte di cittadini musulmani visti chiaramente come collaboratori dei servizi di sicurezza, quali gli interpreti o membri dell’amministrazione locale.
Per eliminare le presunte pedine dell’intelligence del governo ed instillare un’atmosfera di paura e incertezza, gli omicidi sono stati condotti mediante il rapimento dalle case dopo il tramonto e le pugnalate mortali da parte di gruppi di uomini vestiti di nero con il volto mascherato. A volte i corpi dei cittadini rapiti sono stati ritrovati decollati.
Sia la vastità che il momento della campagna omicida, iniziata lo scorso anno, sono cresciuti negli ultimi mesi. Gli incidenti scoppiati a Maungdaw, dove si concentrò la gran parte della violenza nel 2016, si sono diffusi a Buthingdaw e Rathedaung secondo i media locali, e sembrano coinvolgere sempre più attacchi alla luce del giorno.
Allo stesso tempo il tasso degli attacchi, che all’inizio dell’anno accadevano una volta la settimana se non meno, sono ora cresciuti notevolmente di numero. Secondo le cifre ufficiali dell’ufficio di Aung San Suu Kyi, oltre 50 persone sono state uccise o rapite tra ottobre e la fine di luglio.
Mentre originariamente si trattava di attacchi in maggioranza contro musulmani, ora cresce il numero in modo sinistro degli attacchi contro buddisti.
Il caso indubbiamente più brutto è accaduto il 3 agosto con l’omicidio di sei contadini buddisti e il rapimento di altri due a Maungdaw. In alcuni casi l’omicidio di buddisti ha acceso la lotta di tantissimi civili buddisti nei centri cittadini dove è assicurata la presenza delle forze dello stato.
Il quadro delle attività dell’insorgenza Rohingya in Birmania suggerisce l’esistenza di un comando largamente centralizzato e una struttura di controllo sulla parte del gruppo che fu inizialmente identificato come HaY, ribattezzatosi come Arakan Rohingya Salvation Army, ARSA.
Molti analisti della sicurezza ritengono che il cambio di nome era forse dovuto al desiderio del gruppo di prendere le distanze da ogni associazione con il radicalismo jihadista, mentre si sa che l’ARSA sia emersa dalla grande diaspora in Arabia Saudita, il Golfo e la città di Karachi.
Nelle limitate interazioni con i media internazionali, il gruppo militante ha faticato a mostrarsi come un gruppo moderato che si propone di assicurare i diritti legittimi ad una comunità etnica di oltre un milione di persone, a cui è negata la cittadinanza ed i diritti fondamentali da tanti governi birmani.
Ci sono anche sforzi che attraggono meno attenzione degli omicidi mirati ma che sono più significativi per l’espansione dell’insorgenza per ravvivare il reclutamento e le attività di addestramento dei giovani.
Si sono perciò avuti dei campi temporanei in aree remote dove si dà l’istruzione fondamentale nel campo della guerriglia, usando all’inizio fucili di legno.
Secondo fonti ufficiali, i giovani che appartengono ai moduli di addestramento di una o due settimane dell’ARSA giurano segretezza sul Corano e in alcuni casi sono pagati.
Gran parte delle attività si sono incentrate sulla catena del Mayu, costituita di colline coperte di giungla che va da nord a sud tra le piane coltivate di Maungdaw ad est e quelle di Buthingdaw ad ovest, ed è quindi accessibile da entrambe le cittadine.
Il 20 giugno la polizia ha ricevuto un avviso su attività di addestramento in un campo sulle colline a tre ore di cammino dal villaggio più vicino di Maugdaw. Il luogo che è uno di vari identificati include un tunnel largo alto poco più di un metro, largo un metro e mezzo e lungo 20 metri. Nell’operazione sono stati uccisi tre militanti nel tunnel o vicino al tunnel, mentre la polizia sequestrava una ventina di armi di legno, due armi da fuoco artigianali e rifornimenti alimentari.
L’addestramento sembra essersi accentrato sulla produzioni di IED, mezzi esplosivi improvvisati. Per ragioni logistiche e dato il numero piccolo di persone coinvolte, questi corsi sono avvenuti in case sicure nei villaggi piuttosto che in campi remoti nella giungla. Nelle ultime settimane ci sono stati vari casi in cui le forze di sicurezza hanno interrotto fasi di addestramento e hanno acceso scontri con esplosioni chiaramente accidentali.
Varie sfaccettature dell’attività dell’insorgenza, quali la campagna sistematica di omicidi mirati di collaboratori e civili buddisti, la creazione di campi temporanei per corsi fondamentali di addestramento e il rituale del giuramento per le nuove reclute, rispecchiano le tattiche ed i metodi dell’insorgenza malay musulmana nella Thailandia meridionale sia nella fase preparatoria che dopo.
Non è chiaro fino a che punto siano in contatto i militanti dell’ARSA e l’insorgenza del BRN thailandese. Quello che è certo comunque è che entrambi i gruppi hanno una significativa presenza organizzativa in Malesia e condividono largamente gli obiettivi etnico nazionalisti all’interno di stati a predominanza buddista.
La situazione sempre peggiore della sicurezza ha causato un vasto allarme sia nello stato Rakhine che in tutto il paese.
In seguito agli appelli diretti dei politici del Partito Nazionale dell’ARAKAN al comandante delle forze armate Min Aung Hlaing, sono stati spostati il 10 agosto i rinforzi di 400 militari della XXXIII fanteria leggera nella capitale Sittwe, spostati poi a nord a Muangdaw.
Considerato il piccolo numero dei rinforzi, le piogge in corso e l’assenza di ogni ovvio obiettivo miliare, col trasporto aereo delle truppe si intendeva più rassicurare la comunità buddista impaurita e rafforzare la polizia paramilitare del posto che un preludio ad offensive immediate di vasta scala.
Con l’instaurarsi della stagione secca alla fine dell’anno, il periodo tradizionale delle offensive militari in Birmania, sono da attendersi una risposta più forte della sicurezza alla minaccia che cresce ed una reazione militare meglio organizzata e più letale.
Anthony Davis, Asiatimes.com