L’altro giorno sarebbe dovuto essere il giorno del giudizio per Yingluck Shinawatra ex premier thailandese
Nei mesi passati la temperatura politica della Thailandia è salita proprio in seguito all’infuocato caso giudiziario di Yingluck, accusata di avere mal gestito il programma di sostegno al prezzo del riso. La corte Suprema, il 25 agosto scorso, avrebbe dovuto emettere il verdetto finale nel caso penale contro l’ex premier Yingluck che, però, non presentendosi in tribunale per un improvviso malessere, ha lasciato tutti di sorpresa.
La corte ha immediatamente emesso un mandato di arresto nel timore della possibilità che lei potesse fuggire via. Infatti c’erano state dicerie sul fatto che era giù riuscita a scappare dalla Thailandia, forse a Dubai per essere col fratello, il premier in esilio Thaksin Shinawatra.
Nel giorni precedenti al cosiddetto giorno del giudizio, tutte le parti politiche hanno usato varie tattiche in quello che è visto come avvelenato atto finale apolitico in questo momento critico della transizione reale. La ragione per non essersi presentata in tribunale potrebbe essere che forse aveva già saputo il suo destino, l’essere colpevole di negligenza nel suo ruolo nel progetto con l’arresto conseguente fino a dieci anni di carcere.
Nel periodo precedente alla sentenza il ministero della giustizia aveva già sequestrato e confiscato delle sue proprietà a garanzia del pagamento di una multa di un miliardo di dollari imposta dal governo militare per quello che fu il programma di governo di Yingluck.
Nelle elezioni del 2011 Yingluck vinse alla grande con una piattaforma politica populista del suo partito, ereditata dalle politiche di Thaksin che avevano dato forza alle popolazioni delle province del nord e nordest che diventarono così le basi di potere elettorale anche di Yingluck. Yingluck diede inizio al suo progetto di sostegno del riso che comportò il comprare riso dai coltivatori di riso ad un prezzo superiore al prezzo di mercato, distorcendo i prezzi globali. Questo si dimostrò molto popolare tra i suoi sostenitori nelle province rurali.
Perché, in questo momento storico, doveva essere eliminata dalla vita politica thailandese?
Le elite politiche sono sempre più preoccupate della loro posizione di potere ora che Re Bhumibol, scomparso lo scorso ottobre, non è più sulla scena politica. Sotto il regno di Bhumibol i loro interessi politici erano fortemente al sicuro attraverso la rete della monarchia che aveva dominato la vita politica per decenni. Senza Re Bhumibol la Thailandia si muove in una fase di incertezza col regno del nuovo controverso re Vajiralongkorn. Esse temono che gli Shinawatra possano sfruttare le incertezze politiche per riprendere il potere.
Forse si è guardato a Yingluck come ad un pupazzo di Thaksin, ma lei si è guadagnata qualche credito politico durante il suo premierato ed è diventata persino più popolare dopo essere stata abbattuta con il golpe del 2014. L’essere stata la prima premier donna ha aiutato ad accrescere il suo status politico. E’ stata percepita come un genuino politico, composta e capace di compromessi, qualità che la allontanano dal fratello più deciso.
Sin dal golpe, Yingluck è stata attaccata dai suoi nemici in vari casi penali. L’hanno accusata di corruzione nel progetto del riso. Ora indagano su possibili illegalità nel suo fondo governativo di 60 milioni di dollari a favore delle Magliette Rosse, connesse storicamente a Thaksin, fondo legato alla repressione brutale nel 2010. Una serie fitta di persecuzioni contro Yingluck era chiaramente designata per concludere una volta per tutte la sua carriera politica.
In precedenza Yingluck non ha dato segni di cedimento viaggiando continuamente all’interno del paese per incontrare i suoi sostenitori. In ogni sua visita l’hanno salutata folle entusiaste. Questo legame politico tra Yingluck ed i suoi sostenitori sarebbe potuto diventare qualcosa di importante se Yinluck fosse stata imprigionata. I suoi fan accaniti erano disposti a violare gli ordini della giunta manifestando per le strade il loro sostegno per lei.
Yingluck stessa, lo scorso mese, riconobbe di avere bisogno del sostegno popolare quando scrisse sulla sua pagina Facebook: “Vorrei trasformare il vostro sostegno morale in un potere che mi rafforzi e mi faccia più tollerante.”
Sapevano poco che avrebbe poi scelto di scappare dalla “legge” thailandese.
Nessuno sa cosa succederà. Yingluck potrebbe finire come Thaksin che non può tornare a casa in un futuro vicino. Ma non significa però che la sua carriera politica sia terminata.
I suoi sostenitori la paragonano già ad Aung San Suu Kyi che ha vissuto per 14 anni agli arresti domiciliari ed la cui detenzione le valse il titolo di icona democratica diventando il simbolo della lotta contro il potere militare birmano.
Ma paragonare Yingluk a Aung San Suu Kyi è problematico. Yingluck è stata criticata per aver comprato durante il suo governo la fedeltà dei suoi sostenitori con il populismo senza affrontare seriamente gli scogli critici nel processo di democratizzazione.
Yingluck per esempio preferì non affrontare il problema cocente dei casi di lesa maestà che hanno perpetuato un impatto fortemente negativo sui diritti umani e il dibattito politico. Il suo governo propose anche una controversa amnistia totale che accese mesi di dimostrazioni contro di lei che alla fine portarono al golpe.
Quella amnistia completa avrebbe liberato il fratello Thaksin, insieme ad altri della vita politica, da tutti i carichi pendenti. Il disegno fece infuriare anche alcune parti delle magliette rosse che sentivano che la morte dei loro compagni sarebbe stata sacrificata per la libertà di Thaksin.
Se Yingluck è davvero scappata dalla Thailandia, i militari forse hanno vinto questa partita. Senza dover condannare Yingluck in tribunale, i militari hanno solo evitato di far arrabbiare le magliette rosse. Questo fa piacere anche ai nemici degli Shinawatra nelle classi medie ed alte che vedono nei Shinawatra la loro minaccia principale al loro benessere politico. Ora che lei non c’è più possono reclamare il loro potere politico.
Il caso di Yingluck non è solo un processo contro uno dei premier più popolari del paese, ma sottolinea anche la politicizzazione del sistema giudiziario. La via della Thailandia verso la pace e la riconciliazione sarà probabilmente altrettanto dura persino oggi che Yingluck non è più sulla scena.
Pavin Chachavalpongpun, Frontera.net