Nelle ultime vicende birmane in molti hanno dato un gran peso al ruolo di Aung San Suu Kyi, capo di stato di fatto della democrazia ibrida birmana, tralasciando la particolarità di questa ibridazione: i ministeri chiave della difesa, degli interni e della frontiera sono saldamente in mano ai militari, comandati ora dal generale Min Aung Hlaing. Ai militari spetta per regola costituzionale il 25% dei seggi in parlamento.
Di fatto controllano il processo di pace con le varie etnie birmane e di fatto creano tutti i tipi di ostacoli per il governo di Aung San Suu Kyi che si è vista sobbarcare, non a torto, tutta la rabbia internazionale per l’esodo di profughi Rohingya più repentino: oltre 600 mila persone sono fuggite dal Rakhine birmano per sfuggire alle pulizie etniche, come lo stesso ONU ha definito le operazioni militari birmane di risposta agli attacchi militanti ARSA. E a migliaia continuano a scappare, a morire nella fuga, a veder le propri case distrutte.
In questo articolo del Time.com, a cura di Laignee Barron, si discute del ruolo del generale Min Aung Hlaing che continua imperterrito a fare quello che hanno fatto da decenni i suoi predecessori.
Vi presento Min Aung Hlaing, capo dei famosi militari birmani
“Come capo di fatto della democrazia ibrida birmana, Aung San Suu Kyi forse condivide il potere con i militari, ma il Premio Nobel si è sobbarcata da sola in gran parte l’ira internazionale per la sola crisi Rohingya. Con le reazioni negative sulle spalle di Aung San Suu Kyi, i militari birmani hanno continuato a liberare la loro ferocia e la loro incontrollata campagna popolare in Birmania. In soli due mesi i militari hanno generato la peggiore e più veloce crisi di rifugiati al mondo.
Ma mentre cresce ogni giorno il numero dei rifugiati affamati, traumatizzati e defraudati che scappano in Bangladesh superando il numero di 605mila dal 25 agosto, l’attenzione del mondo comincia a spostarsi verso il reale architetto delle atrocità.
Il generale Min Aung Hlaing occupa la posizione più alta dei militari birmani, la Tatmadaw- Il generale forse non è conosciuto come lo è Aung San Suu Kyi, ma il mondo comincia a capire chi architetta quando si parla della repressione sui Rohingya.
Il 26 ottobre il segretario di stato Rex Tillerson parlò con Min Aung Hlaing invitandolo a fermare la violenza e permettere il ritorno dei Rohingya. L’ONU dice che l’esodo dei Rohingya è una pulizia etnica. Ma Min Aung Hlaing dice che il mondo ha giudicato male la sua soluzione al “problema finale” della Birmania.
Bisogna ricordare quattro cose dell’uomo forte birmano.
Generale poco considerato
L’impegno pubblico esteso di Min Aung Hlaing è testimoniato da 1,3 milioni di persone che lo segue su Facebook, ma la sua biografia è molto striminzita.
Fu nominato comandante in capo il 30 marzo 2011 nel mezzo del passaggio ad un governo quasi civile dopo 50 anni di governo militare diretto. Gli esperti del Tatmadaw dicono che la transizione democratica fu sin dall’inizio calata dall’alto per dare qualcosa in pasto ai manifestanti che lottavano per la democrazia, senza lasciare andare la presa sul potere.
Secondo un compagno di classe citato dalla Reuters, Min Aung Hlaing fu un cadetto modello, ammesso alla Accademica dei Servizi di Difesa dell’elite al suo terzo tentativo
Eppure fu regolarmente promosso. Min Aung Hlaing ha passato la maggior parte della sua carriera militare combattendo i ribelli sulla frontiera orientale birmana in conflitti noti per gli abusi contro le minoranze etniche. Nel 2009 Min Aung Hlaing presiedette le operazioni militari lungo il confine con la Cina per combattere l’uomo forte Peng Jiasheng. L’incidente del Kokang durò solo una settimana, ma fu efficiente e breve: violò un cessate il fuoco di venti anni, cacciò 30 mila rifugiati in Cina e, in modo critico, cacciò un gruppo armato etnico dal territorio di frontiera posizionato perfettamente per diventare una fondamentale rotta commerciale.
I governi occidentali all’inizio furono contenti del nuovo comandante in capo paragonandolo ad un uomo di stato, grazie al suo carisma e alla chiara articolazione della sua visione politica.
Ma scomparvero velocemente le speranze che Min Aung Hlaing avrebbe riportato i militari nelle baracche quando il generale espresse il bisogno di un coinvolgimento militare nella politica birmana. Nel 2015 qualche mese prima che le elezioni nazionali lanciassero Aung San Suu Kyi verso qualche somiglianza di potere, egli disse alla BBC che non aveva un programma temporale di ritorno al pieno governo civile: “Ci potrebbero volere 5 o anche dieci anni. Non saprei dire”.
L’estensione del suo potere
Nel 2008, una nuova costituzione consacrò l’influenza e l’autonomia della Tatmadaw, mentre contemplava un governo civile e figure di opposizione come Aung San Suu Kyi. Nonostante la vestizione democratica, la nuova costituzione cementava il potere del “Comandante Supremo di tutte le forze armate” permettendogli di fissare il proprio programma, nominare la sua gente ed agire come arbitro finale degli affari militari. In altre parole non ha responsabilità verso nessuno.
Sebbene il comandante in capo tenga le chiavi di tre soli ministeri, difesa, interni e la frontiera, il suo potere è pervasivo. Mentre l’amministrazione può emanare leggi, il comandante in capo ha la completa autorità sulla loro applicazione, dalla polizia alle guardie di frontiera, al ministero dell’amministrazione generale. Il capo dei militari nomina anche un quarto dei seggi parlamentari, garantendo un veto sui cambiamenti della costituzione che richiedono il 75% dei voti. E se l’esperimento democratico andasse per fatti suoi, il comandante in capo può riportare tutto indietro con una clausola di golpe vagamente formulata: un interruttore di morte della democrazia che garantisce ai militari il “diritto di subentrare ed esercitare il potere sovrano dello stato”.
Lo stile di governo ibrido si abbina ad un’economia ibrida. I militari gestiscono due grandi compagnie: Union of Myanmar Economic Holdings Ltd. e Myanmar Economic Corporation.
Chiaramente questi conglomerati finanziano il sistema pensionistico dei militari, ma i loro conti non sono visibili e gli operatori mantengono dei monopoli funzionali su vari settori chiave come la birra e il tabacco. Secondo varie ONG questi conglomerati sono cresciuti attraverso il saccheggio delle risorse naturali delle gemme, dei combustibili fossili e del legname.
Il generale e La Signora
Suu Kyi, che ha lottato per molto tempo contro i generali da capo del principale partito di opposizione, poté ritornare alla vita pubblica nel 2010 dopo 15 anni di arresti domiciliari. Il suo coinvolgimento nelle elezioni suppletive del 2012 aiutarono a legittimare la transizione guidata dal Tatmadaw.
Impossibilitata a cambiare la costituzione senza l’approvazione dei militari, Suu Kyi si accordò per governare insieme con i suoi ex aguzzini.
Nel 2016 Min Aung Hlaing divenne il primo capo della Tatmadaw a presiedere alla giornata dei martiri insieme alla Suu Kyi e al governo civile. Dopo la cerimonia che commemora gli eroi dell’indipendenza tra i quali il padre della Suu Kyi, Min Aung Hlaing si mise i suoi abiti civili e prese parte alla donazione buddista nella casa di Suu Kyi.
Alcuni osservatori birmani dicono che la crisi dei Rohingya ha danneggiato la relazione tra Suu Kyi e Min Aung Hlaing. Ma il premio Nobel insiste che lei ed il suo governo “sono rimasti solidali” con i militari ed il suo capo. Suu Kyi cerca di mantenere “un equilibrio fondamentale” nell’attuale ordine politico” dice Renaud Egreteau. Questo significa, dice Egreteau, che Suu Kyi evita qualunque cosa che potrebbe infrangere lo status quo, come potrebbe essere “rompere il largamente condiviso consenso sulla questione Rohingya”.
Crimine senza pena
Nonostante il brutale trattamento dei Rohingya per tanti anni, Min Aung Hlaing non è affatto isolato nel mondo. I suoi viaggi all’estero cominciarono con un pellegrinaggio a Pechino appena dopo essere succeduto a Than Shwe, capo supremo della giunta. Da allora è stato in compagnia di ambasciatori e rappresentanti USA, europei e della Nuova Zelanda. I capi indiani e giapponesi hanno pranzato e bevuto con il comandante ed il suo seguito, mentre gli ufficiali della difesa austriaca davano la guardia di onore ad aprile al capo dei militari, secondo il Diplomat.
L’ultimo esodo Rohingya ottenuto parole forti dalla comunità internazionali.
“Il mondo non può starsene senza far niente e testimoniare le atrocità” h detto Tillerson il 26 ottobre. Ma il risultato finora è appena che qualche governo ha fermato gli scambi tra militari e ritirato gli inviti all’estero dei capi militari. I senatori USA, guidati da John McCain e Ben Cardin, hanno proposto di ridurre gli impegni con i militari e riprendere qualche sanzione che fu lasciata cadere lo scorso anno, come il divieto di importazione della giada e ai rubini.
Oltre queste sanzioni si è fatto pochissimo verso la responsabilità. I gruppi dei diritti hanno chiesto al Consiglio di Sicurezza dell’ONU una risoluzione con cui si portano davanti alla corte Penale Internazionale le recenti accuse.
Mark Farmaner, osservatore storico della Birmania di Burma Campaign UK, dice che la mancanza di azione a livello internazionale per questa crisi ha dato essenzialmente a Min Aung Hlaing il via libera all’omicidio.
“Dovete attribuirlo a Min Aung Hlaing. E’ una persona svelta che ha calcolato tutto correttamente di poter fare pulizia etnica e farla franca” ha detto Mark Farmaner a Time.
Laignee Barron, Time.com