Non esiste al momento prova che l’ISIS abbia fatto passi avanti nelle province del meridione Thai, interessate dal 2004 da un’insorgenza nazionalistica musulmana che chiede la separazione dalla Thailandia.
Lo scrive International Crisis Group da a Bruxelles in un suo rapporto a diradare alcuni dubbi che si sono manifestati sui media.
“I rapporti dei media e di alcuni osservatori parlano di un potenziale crescente in favore delle attività dell’ISIS nelle province più meridionali della Thailandia.
Crisis Group sostiene che al momento non ci sono prove dell’entrata dello jihadismo in parte perché l’insorgenza è di tipo nazionalista che mira a creare uno stato indipendente.”
ICG sostiene che, sebbene non siano irrazionali le paure di attività jihadiste, esse sono per il momento mal poste. Ma se il conflitto dovesse continuare senza fine e dovesse espandersi esso potrebbe creare delle opportunità che il jihadismo transnazionale potrebbe provare a sfruttare.
“Cosa si dovrebbe fare” si chiede ICG nella sua introduzione. “C’è il bisogno di una risoluzione negoziata tra il governo thailandese ed il movimento separatista. Un sistema politico decentralizzato potrebbe aiutare ad affrontare le lamentele principali del meridione e allo stesso tempo preservare lo stato thailandese unitario”.
Con il declino dello stato islamico, scrive ICG, e l’entrata in campo con l’ISIS nella regione, vedasi Marawi, è chiara la possibilità che il Jihadismo internazionale possa usare la regione come una nuova zona.
“Ricorrenti rapporti, sebbene mai provati, di attività dell’ISIS in Thailandia hanno spinto a domandarsi sulla vulnerabilità delle province a maggioranza musulmana del paese e soprattutto la duratura insorgenza.
Non ci sono prove di una presenza jihadista tra i separatisti che lottano per quello che considerano la liberazione della loro patria, Patani. Ma il conflitto ed una seri di paure del ISIS in Thailandia accendono paure di una nuova minaccia terroristica.
Esse non sono irrazionali ma per lo più mal poste e non dovrebbero oscurare il guaio dell’insorgenza ed il bisogno di porre fine ad essa. Colloqui diretti tra i capi dell’insorgenza ed il governo sono una priorità; un sistema a politico decentralizzato potrebbe aiutare ad affrontare le lamentele principali nel meridione mentre si mantiene lo stato unitario thai.”
ICG ricorda come sia AL Qaeda che ISIS abbiano sfruttato a propri fini i conflitti nel mondo musulmano in cui il controllo dello stato è debole.
“Nell’era dell’ISIS il jihadismo transnazionale nel sudestasiatico è stato per lo più dal basso verso l’alto con gruppi militanti già esistenti, militanti e gruppi non affiliati che hanno proclamato fedeltà al ISIS, come in Indonesia e Filippine e che hanno agito in suo nome.
Tuttavia tali percorsi di coinvolgimento con l’ISIS non si sono manifestati nel meridione Thai.
Una ragione è che la società musulmana malay della Thailandia non ha simpatie per il jihadismo transnazionale; i capi religiosi della zona, tradizionalisti e riformisti, rigettano l’ideologia salafita del ISIS e di Al Qaeda jihadista. Questo però non elimina il pericolo che alcuni possano diventare jihadisti….
Comunque quei malay musulmani motivati dal desiderio di identità o devozione ad una causa, per non parlare delle lamentele contro lo stato thai, sembrano più probabilmente presi dal movimento di liberazione di Patani, date le sue radici sociali piuttosto che dal Jihadismo internazionale.”
ICG sostiene che l’insorgenza Malay Musulmana si distingue per il suo localismo, il suo radicamento nel territorio e nelle problematiche locali, nell’autodeterminazione, nel desiderio di unirsi piuttosto che distruggere il sistema internazionale.
“I capi militanti Malay di Patani sono antagonisti al ISIS gruppi simili e vedono la propria lotta come un fronte contro l’influenza jihadista. Dicono che alleandosi con ISIS o Al Qaeda, o emulandone le tattiche come l’uccisione indiscriminata di persone o gli attentati suicidi, costerebbe loro la legittimazione internazionale, eroderebbe il sostegno locale e inviterebbe l’influenza estera ostile. La Malesia che deve vedersela con una minaccia locale ispirata al ISIS non tollererebbe una tale associazione nella guida politica militante di Patani che vive in esilio in Malesia.
Infatti l’insorgenza malay musulmana si distingue per il suo localismo”
Ovviamente non c’è neanche da stare allegri ed essere compiacenti. Un protratto blocco, l’impazienza e/o l’opposizione per dei dialoghi di pace che vanno a rilento, persino la frustrazione contro la strategia prevalente potrebbe incoraggiare un gruppo scissionista ad impiegare la violenza estrema per fare leva. Il Jihadismo potrebbe affascinare con chi non è contento della propria guida politica.
“Ma è una ragione per mettere in dubbio le voci più allarmistiche. Il movimento di liberazione di Patani ha una storia di divisioni, ed il fronte principale Il BRN è altamente segreto, sebbene non ci sono indicazioni chiare di divisioni forti ideologiche o generazionali. Le paure dell’influenza jihadista sulla tesi “le cose cambiano” devono essere soppesate contro la prova che non esiste voglia tra la dirigenza di affiliarsi all’ISIS o gruppi simili.
La priorità del governo Thailandese e dei militanti malay musulmani deve essere di porre fine al conflitto, che è costato quasi 7000 vite umane dal 2004, non per agire in base alla speculazione riguardo alla presenza futura del Jihadismo.
Più a lungo continua il conflitto, maggiore il rischio di una maggiore polarizzazione, di un’insorgenza intensificata che potrebbe diffondersi al di fuori del Profondo Meridione Thai come pure al possibile sfruttamento dello Jihadismo internazionale degli errori.
L’esodo dei militanti ISIS dal Medio Oriente, la vittoria della propaganda del ISIS a Marawi nelle Filippine, gli inviti del ISIS e di Al Qaeda a vendicare i Rohingya costretti a scappare dalla Birmania rappresentano una convergenza potenzialmente volatile per la regione.
Per affrontare questi rischi vari, Bangkok e il BRN Malay di Patani devono comunicare in modo chiaro ai cittadini nel profondo meridione che hanno in seria considerazione sia le più vaste aspirazione sociali e le preoccupazioni e lamentele dei vari fronti insorgenti.
Per fare così, Bangkok deve rienergizzare il processo del dialogo di pace ed il BRN deve entrarci con l’obiettivo di trovare una soluzione politiche basata sulla decentralizzazione. Più in generale il governo deve riportare i diritti alla libertà di espressione e al diritto di associazione in modo che la popolazione possa articolare preferenze locali e creare il cambiamento in modo pacifico.